Chi entra alla Collezione Peggy Guggenheim, a Venezia, non mette semplicemente piede in un museo: entra nella casa di una donna visionaria, in un salotto affacciato sul Canal Grande che ha cambiato la storia dell’arte del Novecento.
Ogni stanza è una dichiarazione d’amore all’avanguardia, al rischio, all’irregolarità. E ogni opera racconta non solo un capitolo artistico, ma anche un frammento della vita scandalosa e appassionata della mecenate americana che decise di vivere tra le calli veneziane con un Basquiat nell’ingresso e un Calder in giardino.
Oggi, il Guggenheim veneziano è uno dei musei più visitati d’Italia. In questo articolo vi proponiamo le opere imperdibili da vedere assolutamente se si entra (o si ritorna) nella casa-museo di Peggy Guggenheim.
Le opere più belle da vedere al Guggenheim di Venezia: un viaggio nell’arte del Novecento
Visitare il Guggenheim di Venezia è come attraversare la mente e il cuore di Peggy Guggenheim. Non si esce solo con immagini in testa, ma con domande, ispirazioni, voglia di cambiare sguardo.
Il museo non è statico: è una casa viva, affacciata su un canaletto, dove l’arte continua a pulsare. Ogni stanza è una confessione estetica. Ogni opera, un’amante che Peggy ha voluto trattenere. E Venezia, con il suo mistero liquido, non poteva che essere la cornice perfetta.
L’impero della luce – René Magritte
Nella stanza che accoglie L’impero della luce si entra in un mondo sospeso. Magritte gioca con la percezione: una casa immersa nella notte sotto un cielo azzurro e solare. La contraddizione visiva è totale e disturbante, eppure affascina irresistibilmente. È uno dei capolavori del surrealismo, e ci ricorda che la realtà può essere inganno, sogno, enigma.
Perché è imperdibile: perché in un solo sguardo si condensano mistero, ambiguità e poesia. Come se il tempo si fosse spaccato.
La nascita del liquido desiderio – Salvador Dalí
Un dipinto iconico, ricco di simbologie sessuali, di metamorfosi e citazioni classiche. Dalí dipinge desideri che colano, si sciolgono, si fondono. Il titolo stesso è un atto di seduzione. Peggy lo acquistò con entusiasmo, riconoscendo nell’artista catalano uno dei più potenti interpreti dell’inconscio.
Perché è imperdibile: è un’opera totale, che unisce erotismo, psicanalisi, pittura e mitologia. Perfettamente daliniana.
Albero solitario e casa – Giorgio de Chirico
Giorgio de Chirico è presente con uno dei suoi paesaggi metafisici più affascinanti. C’è l’enigma del tempo sospeso, la malinconia dell’architettura, la solitudine. Questo dipinto anticipa tutta l’atmosfera straniante che influenzerà i surrealisti, e che Peggy amava profondamente.
Perché è imperdibile: è una porta aperta su un’altra dimensione. Un’opera che sembra sussurrare domande senza risposta.
Donna luna – Leonora Carrington
Un’opera potente di una delle protagoniste dell’avanguardia femminile del Novecento. Carrington porta nella collezione il suo immaginario esoterico e favolistico: figure femminili alchemiche, visioni da sogno, metamorfosi tra umano e animale. Una delle perle meno note ma più evocative del museo.
Perché è imperdibile: perché è un inno alla potenza creativa femminile, alla magia e alla rivolta immaginativa.
Concetto spaziale – Lucio Fontana
Un taglio netto nella tela, una ferita, un’apertura verso l’infinito. Fontana non dipinge, incide lo spazio, lo attraversa. Il suo gesto è radicale, eppure raffinato, come un haiku visivo. Peggy lo comprese ben prima del grande mercato.
Perché è imperdibile: è un’opera che cambia il concetto stesso di pittura. Una linea che spezza la storia dell’arte.
Il poeta – Pablo Picasso
Nella collezione non poteva mancare Picasso, e Il poeta è una delle sue opere più intense. Un volto scomposto, pensoso, malinconico. Realizzato nel 1911, è un esempio perfetto del cubismo analitico, in cui il tempo, lo spazio e la figura si sfaldano in mille frammenti da ricomporre con lo sguardo.
Perché è imperdibile: perché mostra il momento esatto in cui la pittura smette di rassicurare e inizia a interrogare.
Arc of Petals – Alexander Calder
Una delle sculture mobili più poetiche del Novecento. Calder crea danza e armonia nello spazio: i suoi “mobiles” sono sculture che si muovono con l’aria, cambiano costantemente, non si fissano mai. Arc of Petals fluttua nel giardino del museo, come un pensiero in equilibrio.
Perché è imperdibile: è arte che respira. Uno spettacolo silenzioso che cambia con la luce e il vento.
Senza titolo – Jackson Pollock
Peggy fu una delle prime a scoprire Pollock e a credere nel suo talento. Espone i suoi lavori prima ancora che diventi “Jack the Dripper”, e sostiene economicamente la sua arte. Nella collezione ci sono alcune delle sue prime opere astratte, piene di energia, gesti, esplosioni materiche.
Perché è imperdibile: è lo spirito dell’Action Painting allo stato nascente. La gestualità diventa forma.
Donna seduta II – Alberto Giacometti
Le sculture filiformi di Giacometti sembrano fantasmi in bronzo. Questa Donna seduta è una figura inquieta, quasi disgregata. Ma da quella fragilità emerge un’intensità vertiginosa. Un corpo senza peso, eppure pieno di presenza.
Perché è imperdibile: perché è una lezione di scultura e di umanità. Ogni piega è un pensiero.
Il palazzo non finito – Max Ernst Ernst, artista e compagno di Peggy, è uno dei grandi nomi del surrealismo europeo.
Il palazzo non finito è una visione architettonica impossibile, una città mentale tra sogno, geometria e desiderio. È anche una metafora della collezione stessa: mai conclusa, sempre in costruzione.
Perché è imperdibile: è un autoritratto onirico di Peggy e della sua idea d’arte: libera, enigmatica, visionaria.