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Il naturalismo barocco di Diego Velàzquez

Diego Velázquez fu uno degli pittori più rappresentativi dell'epoca barocca, rinomato soprattutto per le sue capacità di ritrattista

MILANO – Il 6 giugno 1599 nasceva il pittore spagnolo Diego Velázquez. Artista più importante della corte di Re Filippo IV di Spagna, fu uno degli pittori più rappresentativi dell’epoca barocca, rinomato soprattutto per le sue capacità di ritrattista. In tutte le sue opere dominano la prospettiva aerea, l’atmosfera, la luce, il giusto valore di tutti i toni, e per mezzo del colore riesce a fissare i termini e le distanze con la stessa precisione con cui potrebbero farlo le inflessibili regole della prospettiva.

GLI INIZI

Nato a Siviglia, in Andalusia, qualche giorno prima del 5 giugno 1599 (il 6 giugno è il giorno in cui fu battezzato), Velázquez unisce a una formazione letteraria e culturale l’interesse per il naturalismo e il tenebrismo, conseguendo con straordinaria maestria il dominio della rappresentazione del reale e la resa dei volumi tramite la luce.

PITTORE DI CORTE

Nel 1623 gli viene commissionato un ritratto del re Filippo IV di Spagna: il dipinto viene realizzato in un giorno solo, e convince il Duca Conte de Olivares, ministro del re, a indurlo a trasferirsi a Madrid, nominandolo pittore di corte. Da quel momento Velàzques rimase al servizio della corte, raggiungendo una posizione di grande prestigio. Il soggiorno madrileno ebbe un importante ruolo nell’evoluzione stilistica del pittore, che studiò assiduamente le collezioni reali di pittura, ricche in particolare di dipinti veneziani. V. si dedicò soprattutto ai ritratti dei reali e di personaggi della corte (numerosi quelli di Filippo IV e del conte duca di Olivares conservati al Prado) e a dipinti di soggetto storico-celebrativo, opere nelle quali si riscontra il passaggio verso le luminose trasparenze e i colori argentei degli anni maturi.

VIAGGI IN ITALIA

Nel 1629, il pittore andaluso si sposta in Italia: si tratta di un momento fondamentale nell’evoluzione del suo stile di pittura (oltre che del mecenatismo della monarchia spagnola, visto che il viaggio viene finanziato da Filippo IV). Il primo viaggio in Italia, secondo la categorizzazione degli storici d’arte, dà il la al secondo periodo di Velazquez, mentre il secondo viaggio (1649) viene fatto corrispondere all’inizio del terzo.

RITORNO IN SPAGNA

Re Filippo desiderava che Velázquez tornasse in Spagna, di conseguenza, dopo una visita a Napoli, dove incontrò il suo vecchio amico José Ribera, nel 1651 rientrò sbarcando a Barcellona e portando con sé molti dipinti e 300 statue che furono sistemate e catalogate per il re. Le statue che rappresentavano dei nudi erano però disprezzate dalla Chiesa spagnola e, dopo la morte di Filippo IV, queste opere a poco a poco finirono per scomparire.

GLI ULTIMI ANNI

Negli ultimi anni la produzione di Velàzquez fu piuttosto limitata, pur segnando un ulteriore rinnovamento dei temi e dello stile; è quanto dimostrano dipinti come ‘La Venere allo specchio’ (Londra, National Gallery), nella quale la decisiva lezione di Tiziano e l’apporto della pittura fiamminga e rubensiana si collegano a una vitalità e a una vibrazione della materia pittorica assolutamente nuove, o ‘La filanda’ o ‘Favola di Aracne’ (Prado). L’attività di V. culminò nel capolavoro del 1656,’Las meninas'(Prado), complessa composizione ambientata nella penombra dorata di un salone del palazzo, dove l’infanta Margherita è circondata da servitrici, nani e buffoni, le immagini dei sovrani compaiono riflesse in uno specchio nello sfondo e lo stesso pittore si ritrae al cavalletto, rivolto verso lo spettatore. Nel 1660, in vista delle nozze tra l’infanta Maria Teresa e Luigi XIV, V. si recò alla frontiera francese, per allestire gli alloggi e gli apparati per l’incontro tra i due sovrani; morì al ritorno dalla sua ultima impresa ufficiale.

L’UNICA ISPIRATRICE, LA NATURA

Naturalista per eccellenza, dipinge ciò che vede e sa quel che dipinge e come deve dipingerlo. Ne l’antichità classica, ne il Rinascimento condizionano le sue opere; per lui non esistono altri libri, ne altri modelli, ne altri studi che il vero; non conosce altra erudizione, altra storia, altri orizzonti oltre a quelli percepibili con l’occhio. Le sue grandi opere non debbono nulla a nessuno, per quanto egli abbia tributato non poca ammirazione ai pittori veneziani; sono figlie della sua originalità, della sua spontaneità, del suo senso artistico.

STILE

Lo studio costante del vero gli diede il dominio del disegno, così come lo sguardo finissimo gli aveva dato la capacità d’apprezzare il colore. L’elegante, equilibrato e solido cromatismo, l’intensità misurata ed eloquente della pennellata, lo caratterizzano come un maestro al di fuori dei gusti correnti, straordinariamente morigerato pittore del grande teatro barocco. Le sue opere rimangono come monumenti, con i quali si stanno ancor oggi misurando gli artisti Il buon gusto e l’eleganza nel presentare atteggiamenti, espressioni e gruppi con snellezza e grazia, dominano in tutte le sue tele. Non è artista di grandi e complesse concezioni, né di ricerche erudite, né di spirito ardito.

 

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