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Henri Rousseau, il pittore naïf amante della giungla

Annoverato tra i pittori cosiddetti ''primitivi'' si dedicò alla pittura in età avanzata, riscuotendo il successo e l'apprezzamento di grandi artisti

MILANO – Il mondo dell’arte ricorda la scomparsa del celebre pittore Henri Rousseau, tra i principali artisti dell’avanguardia pittorica dei primi del Novecento. Introdotto in società da Guillaume Apollinaire, fu amico di Picasso e dei maggiori pittori di quell’epoca che videro nella sua arte la reazione all’Impressionismo da un lato e all’arte ‘colta’ dall’altro.

LA VITA – Henri Julien Félix Rousseau, detto il Doganiere nasce a Laval il 21 maggio 1844. Pittore autodidatta, deve molto della sua ispirazione ad alcune esperienze personali, tra cui la più significativa fu probabilmente la conoscenza di alcuni soldati reduci dalla campagna francese in Messico. Le descrizioni di quel paese ispirarono le sue raffigurazioni vivide e lussureggianti della giungla, diventando il suo tema prediletto. A partire dal 1886, espose le sue opere al ‘Salon des Indépendants’, conquistando l’ammirazione di contemporanei come Paul Gauguin e Georges Seurat. Dopo un primo periodo dedicato a ritratti e vedute di Parigi, negli anni Novanta passò a raffigurazioni fantastiche molto originali, caratterizzate da paesaggi tropicali con figure umane che giocano o riposano e animali immobili e vigili, come ipnotizzati da qualcosa di misterioso. Henri Rousseau morì a Parigi il 2 settembre 1910.
LO STILE – Dopo la sua morte il suo stile ‘primitivo’, caratterizzato da colori vivaci, da un disegno volutamente piatto e dai soggetti fantasiosi, furono imitati dai pittori moderni europei. Proprio perché privo di regole, essendo un autodidatta, Henri Rousseau verrà visto come un artista capace di superare con il proprio candore la tradizione, al di là delle regole accademiche, apprezzato per tale motivo da artisti del calibro di Picasso e Gauguin. La cosa curiosa è che oltretutto Rousseau si dedicò alla pittura praticamente durante gli anni della pensione, dopo aver lavorato quasi tutta la vita presso gli uffici daziari di Parigi; ecco spiegato il suo soprannome, il ‘Doganiere’ appunto. Spesso criticato per la mancanza di proporzioni e per l’incongruenza tra dettagli realistici e altri totalmente fantasiosi, col passare del tempo si assiste ad un’evoluzione del suo stile, che diventa più attento alle proporzioni, alla prospettiva e alla distribuzione della luce, meno piatta ed irregolare rispetto al passato: mentre nelle prime opere si ha una descrizione minuziosa di dati realistici, fissati sulla tela ignorando le relazioni prospettiche, nelle opere mature Rousseau realizza uno spazio bidimensionale che, insieme al colore irreale, trasforma i personaggi in miti ed emblemi, negando e superando la conoscenza razionale del tempo e dello spazio.

 

 

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