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Fondazione Pirelli, quando fare impresa significa allo stesso tempo fare cultura

Salvaguardare e valorizzare la conoscenza dell'immenso patrimonio culturale, storico e contemporaneo della Pirelli e promuoverne la cultura d'impresa come parte importante del patrimonio culturale del paese. Con questi obiettivi nasce nel 2009 la Fondazione Pirelli...

Antonio Calabrò, Senior Vice President Cultura di Pirelli, parla degli impegni e delle strategie della fondazione creata nel 2009

MILANO – Salvaguardare e valorizzare la conoscenza dell’immenso patrimonio culturale, storico e contemporaneo della Pirelli e promuoverne la cultura d’impresa come parte importante del patrimonio culturale del paese. Con questi obiettivi nasce nel 2009 la Fondazione Pirelli. Antonio Calabrò, Senior Vice President Cultura di Pirelli, ci guida attraverso gli impegni e le strategie della fondazione per portare avanti il concetto di “arte è cultura”.

Con quali obiettivi nasce nel 2009 la Fondazione Pirelli?
Lavorare sull’importanza storica e sul ruolo contemporaneo  della cultura d’impresa Pirelli, valorizzando innanzitutto il nostro Archivio Storico, che contiene documenti, fotografie, film e pubblicità Tv (come i famosi “Caroselli” di “Babbut, Mammut e Figliut”, un’icona popolare degli anni Sessanta), opere di grafica e design, materiali tecnici, etc. Il simbolo: il grande dipinto e il mosaico di Renato Guttuso, del 1961, dedicato alla “ricerca scientifica”. Sono tutte testimonianze di una storia d’impresa lunga quasi un secolo e mezzo, documentazione preziosa dei vari aspetti delle attività di un gruppo con forte identità italiana e respiro internazionale. Accanto alla memoria, il futuro: l’approfondimento, attraverso convegni,dibattiti, mostre, ricerche, pubblicazioni, dei valori “pirelliani” legati all’innovazione, alla ricerca, alla qualità, alle persone. 

In che modo la cultura d’impresa rappresenta una parte importante della cultura del nostro Paese?
C’è un’idea forte, che anima tutto il lavoro della Fondazione Pirelli, rappresenta il contributo che intendiamo dare al dibattito sul ruolo dell’impresa per lo sviluppo del sistema Paese e può essere riassunta in uno slogan: “impresa è cultura”. E’ un passaggio in più, rispetto al tradizionale accostamento di “impresa e cultura”. Meglio, è un cambiamento di prospettiva radicale, anche se giocato sulla leggerezza della sostituzione di una congiunzione con un verbo. Perché insistere sul fatto che fare impresa significhi, contestualmente, fare cultura, sottolinea la robusta valenza culturale, appunto, della ricerca scientifica e della tecnologia e dà al termine “innovazione” una serie di connotazioni che investono i nuovi prodotti e i nuovi sistemi di produzione, la sperimentazione dei materiali, le nuove combinazioni fisiche e chimiche, ma anche i linguaggi (dalla comunicazione al marketing), le relazioni industriali e di lavoro, le regole attraverso cui si governa un’azienda, i rapporti tra l’impresa e i territori in cui si sviluppa la sua attività economica. Cultura d’impresa, dunque, come cultura a pieno titolo. Con tutto il carico dei simboli, dei valori e delle responsabilità che questa definizione comporta. In questo senso ci piace parlare della cultura d’impresa come “cultura politecnica”: un altro slogan chiave dell’impegno Pirelli. 

Testimonianza dell’impegno di Pirelli nei confronti della cultura è l’Hangar Bicocca. Qual è la sua filosofia?
Il senso di responsabilità nell’investire in un progetto strutturato, di ampio respiro, a lungo termine, che individua proprio nell’arte contemporanea un sensibilissimo termometro dei cambiamenti, una preziosa testimonianza delle trasformazioni che investono culture, comportamenti, bisogni, linguaggi, costumi, consumi. E’ una responsabilità sia verso il pubblico allargato di fruitori, famiglie, studenti, sia verso la città e le sue istituzioni, sia verso gli addetti ai lavori che giudicano la serietà e la coerenza della proposta culturale di HangarBicocca, spazio qualiticato di Pirelli per l’arte contemporanea. L’arte contemporanea è una scelta non facile, che deve essere percepita oltre i confini della nicchia degli specialisti e si muove lungo i binari di una strategia culturale generale: il suo ambito di riflessione, che coinvolge sempre altri saperi (dall’economia alla filosofia, dalla sociologia alla letteratura, dall’ingegneria e dalla chimica dei materiali alla loro declinazione come strumenti di espressione) è il campo privilegiato per intercettare e dare spazio ai segnali deboli del cambiamento. L’arte infatti lavora sulla rappresentazione delle tendenze man mano che emergono, insiste sugli stessi terreni dei linguaggi, delle tecnologie, delle forme che anticipano il futuro di tutti. Il dialogo industria-arte contemporanea è strumento fertile di stimoli e comprensioni incrociate, in un gioco costante di sollecitazioni e rimandi. Creatività secondo sintesi particolarmente originali, innovazione spregiudicata e contagiosa verso altre rappresentazioni, altre interpretazioni, altri saperi. Uno sguardo futuribile. Uno sguardo che è contemporaneamente “qui” e “oltre”. Esemplare, in questo senso, all’HangarBicocca, è anche la sinergia che si crea, nello spazio, tra le caratteristiche strutturali di un ex luogo industriale e le installazioni artistiche, nel segno di una vera e propria “fabbrica dell’arte” in una “cattedrale laica” dei saperi creativi in mutazione e, perché no? metamorfosi. Questo progetto per noi è un investimento in ricerca, ma anche in responsabilità sociale e formazione, prima ancora che in comunicazione.  Per questo affianchiamo alle mostre un fitto programma “educational” per le famiglie, i bambini, le scuole, i giovani. Pubblichiamo periodicamente i “quaderni critici”, un format editoriale con contributi di studiosi internazionali a disposizione on line. E organizziamo incontri e convegni di approfondimento; visite guidate allo spazio, alle mostre e al quartiere. La nostra idea di istituzione culturale – molto lontana da quella asettica di “white cube” per l’esposizione dell’arte – è quella di un ecosistema aperto al territorio, un luogo di incontro di pubblici e contenuti differenti, una finestra aperta sul dibattito culturale internazionale. Ecco, dunque, in linea con questi principi, la scelta di chiamare come Art Advisor di HangarBicocca fino alla fine del 2016 Vicente Todolì, che per otto anni ha diretto la Tate Modern di Londra ed è per noi garanzia sia di livello scientifico indiscutibile sia di capacità di dialogo con un pubblico non specializzato. 

Quali sono le mostre più significative di quest’anno, tra quelle ancora in programma e quelle già realizzate?
Vicente Todolì ha scelto grandi artisti di respiro internazionale, che hanno segnato fortemente lo scenario dell’arte contemporanea, come Mike Kelley, Dieter Roth e, proprio in queste settimane, Cildo Meireles, uno dei maggiori protagonisti della cultura brasiliana. Poi, Joan Jonas. Accanto a loro, con il contributo, come cuiratiore, di Andrea Liussoni, sono stati portati all’HangarBicocca artisti più giovani, ma già con una forte e affermata personalità, come Ragnar Kjartansson, Micol Assael e, tra alcuni mesi, João Maria Gusmão e Padro Paiva e poi ancora Celine Condorelli. Grandi maestri. E nuovi testimoni della fantasia e della creatività. Un mix che funziona. Tanto da avere avuto, in Pirelli HangarBicocca, dalla primavera del 2012 a oggi, oltre 400mila visitatori.

L’attenzione degli italiani nei confronti della cultura, dell’arte e dei libri è, purtroppo, in continua picchiata. In tal senso, cosa possono fare Fondazioni come la vostra per avvicinare all’arte e alla cultura gli italiani?
L’Italia è un paese straordinariamente dotato di beni culturali, di luoghi d’eccellenza di produzione di cultura, di istituzioni e imprese culturali di grande qualità, intellettuali di spessore e rilievo sia nazionale che internazionale. E’ stata ed è semmai ancora carente una “politica per la cultura”, cioè una strategia che insista sulla manutenzione e sulla valorizzzione del patrimonio storico, sul sostegno alla ricerca e all’innovazione, sullo sviluppo dei luoghi in cui matura la formazione culturale nell’accezione più ampia del termine. Una “politica per la cultura”, aggiungerei, che sappia costruire o comunque stimolare sinergie tra pubblico e privato (e le fondazione d’impresa possono avere un ruolo fondamentale), anche con un uso intelligente e lungimirante della fiscalità. Una “politica per la cultura”, infine, di ampio respiro, che privilegi il finanziamento pubblico non di “eventi” ma di processi di lungo termine: non un’esibizione musicale, un concerto, ma un Conservatorio; non una mostra, ma una scuola che faccia capire l’arte visiva a studenti e largo pubblico, non un premio consacrato dalla Tv ma l’arricchimento delle biblioteche pubbliche come luoghi in cui si sviluppi una nuova “civiltà del libro e della lettura”. Una “politica della cultura” non subalterna all’”eventologia” effimera. Ma attenta ai processi di fondo di una cultura popolare di qualità. Strategia difficile. Ma possibile. Noi, con la Fondazione Pirelli e l’HangarBicocca, stiamo cercabdo di dare un contributo.

7 aprile 2014

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