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Dal Fascismo alla Liberazione, storia del patrimonio archeologico salvato durante la Resistenza

Durante il ventennio nazifascista, a Taranto, grazie all’opera di due ispettori e poi direttori di quello che diventerà il Museo archeologico nazionale MArTA, si salvava quel patrimonio archeologico che oggi costituisce un tesoro inestimabile per la nazione

Il Ministero della Cultura, in occasione del 79° anniversario della Liberazione, celebrato in tutta Italia il 25 aprile, ha previsto l’ingresso gratuito in tutti i musei e luoghi della cultura statali, compreso il Museo archeologico nazionale di Taranto.

Per l’occasione, il museo del capoluogo ionico ha previsto una serie di iniziative per raccontare la storia di un museo che, proprio durante gli anni della resistenza italiana, ha salvato il patrimonio archeologico di tutti.

Il patrimonio archeologico salvato durante la Resistenza

Mentre l’Italia attraversava il travagliato ventennio nazifascista e la tragedia della II guerra mondiale, a Taranto, grazie all’opera di due ispettori e poi direttori di quello che diventerà il Museo archeologico nazionale MArTA, si continuava in quegli anni nell’opera di Luigi Viola, archeologo e politico.

Da Quintino Quagliati a Ciro Drago, infatti, si impediva lo spoglio delle antichità, che purtroppo continuava ad alimentare un fiorente mercato nero nazionale e internazionale, e a trattenere proprio a Taranto alcune delle opere più importanti dell’attuale esposizione.

La giornata del 25 aprile è dedicata proprio al racconto di queste importanti salvazioni.

“Il Museo archeologico nazionale di Taranto è il frutto di tutto l’impegno che uomini e donne di cultura, ispettori, soprintendenti, archeologi, misero per salvare un patrimonio che è di tutti e ora costituisce un tesoro inestimabile per la nazione, per la Puglia e Taranto – afferma la direttrice del MArTA, Stella Falzone.

Poi aggiunge: – É pertanto bene ricordare che proprio grazie a loro oggi siamo in grado di ammirare ancora i preziosi ori, le ceramiche, i bronzi o i mosaici provenienti da tutta la Puglia”.

Il Museo in guerra: dal Fascismo alla Liberazione

Attraverso le sale della collezione permanente i visitatori saranno accompagnati tra i reperti legati alla direzione Quagliati, fino a quelli che caratterizzarono l’ampliamento degli spazi espositivi all’interno dell’ex Convento degli Alcantarini della direzione di Carlo Ceschi, fino ai recuperi avventurosi e rocamboleschi di alcuni monili preziosi avvenuti durante la direzione di Ciro Drago. 

Il Museo Nazionale Archeologico di Taranto

Il Museo Archeologico Nazionale di Taranto è tra i più importanti d’Italia; fu istituito nel 1887 in conseguenza dell’urbanizzazione dell’area ad est del Canale Navigabile di Taranto con la costruzione del Borgo umbertino.

Tale intervento provocò la scoperta e – purtroppo – anche la dispersione e la distruzione di molti materiali archeologici provenienti dalla città greca e romana e dalla contigua necropoli. Proprio per tutelare le antichità rinvenute, venne inviato a Taranto l’archeologo Luigi Viola che ottenne l’istituzione di un museo nell’ex convento dei Frati Alcantarini.

Costruito poco dopo la metà del XVIII secolo, l’edificio è stato ingrandito e risistemato in varie fasi, a partire dal 1903, epoca della ricostruzione delle facciate su progetto di Guglielmo Calderini, mentre l’ala settentrionale è stata progettata da Carlo Ceschi e realizzata tra il 1935 ed il 1941.

A partire dal 1998 sono iniziati i lavori di ristrutturazione che hanno portato al completamento del Museo Archeologico Nazionale di Taranto – MArTa con l’allestimento del II piano del museo (inaugurato il 29 luglio 2016).

Il percorso espositivo, che tiene conto delle caratteristiche dei materiali della raccolta museale e della possibilità di riferire ai contesti di scavo la maggior parte dei reperti, illustra la storia di Taranto e del suo territorio dalla Preistoria all’Alto Medioevo.

Il percorso si sviluppa diacronicamente dal secondo al primo piano: periodo preistorico e protostorico, periodo greco (senza tralasciare le tematiche dei rapporti dinamici con il mondo indigeno preromano), periodo romano, periodo tardoantico e altomedievale.

Il percorso inizia dal secondo piano che mostra le fasi più antiche della storia dell’insediamento in Puglia (Paleolitico e Neolitico) per giungere alla fondazione della colonia greca e alla città classica ed ellenistica.

Il Museo Archeologico Nazionale di Taranto, al piano mezzanino, possiede anche una collezione di quadri che nel 1909 confluirono nelle collezioni del Regio Museo di Taranto per disposizioni testamentarie del Monsignor Giuseppe Ricciardi, vescovo di Nardò, che volle donarli alla sua città natale.

Oltre ad una bellissima icona bizantina ed una Addolorata piangente su lastra di zinco, gli altri diciotto quadri, tutti con soggetti di ispirazione religiosa, sono dipinti ad olio su tela e si inquadrano fra XVII e XVIII secolo.

La maggior parte degli altri quadri rientra nella produzione napoletana, con attribuzioni alla scuola di Luca Giordano, Andrea Vaccaro e Francesco De Mura.

I quadri più recenti, l’Addolorata fra i Santi Nicola e Barbara e la Deposizione, sono stati riferiti invece ad un artista pugliese, Leonardo Antonio Olivieri di Martina Franca.

Il Museo Archeologico Nazionale di Taranto offre ai visitatori una programmazione culturale varia e destinata a vari target di pubblico, tra cui i visitatori con disabilità.

Una sala didattica, ubicata al piano terra del museo, ospita le attività didattiche per scuole, bambini ed adulti.

Il Museo possiede un chiostro, luogo di eventi e di attività didattiche.

La totalità dei contenuti museali e degli elementi di segnaletica è presente in doppia lingua: italiano ed inglese.

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