Dal 11 ottobre 2025 al 12 aprile 2026, Villa Manin a Passariano (Codroipo, UD) ospita una mostra ambiziosa e unica, pensata per essere un evento di punta nell’ambito della Capitale Europea della Cultura GO! 2025 Nova Gorica – Gorizia : “CONFINI. Da Turner a Monet a Hopper. Canto con variazioni” , curata da Marco Goldin.
È la prima volta che, in Italia, si organizza un’esposizione così ampia e articolata incentrata sul concetto di confine, inteso in senso plastico, emotivo, geografico e simbolico. La sede scelta è l’ Esedra di Levante di Villa Manin, uno spazio rinnovato proprio per accogliere eventi di respiro internazionale.
Goldin, grazie al sostegno politico e logistico della Regione Friuli Venezia Giulia, in particolare del governatore Massimiliano Fedriga, ha potuto ottenere prestiti prestigiosi da collezioni museali internazionali e private, rendendo possibile un progetto che poche sedi italiane avrebbero potuto ospitare.
“Confini” La mostra, tutti i dettagli e opere da non perdere
Il titolo “Canto con variazioni” suggerisce già la modalità dell’esposizione: non una cronologia rigida, ma un tessuto di assonanze, variazioni, risonanze tra opere distanti per epoca, stile e cultura. I confini cui si fa riferimento non sono barriere invalicabili, bensì luoghi di incontro, scambio, metamorfosi.
Goldin sottolinea che i confini, geografici, storici, culturali, psicologici, diventano occasioni per generare contaminazioni, ibridazioni, stimoli reciproci. Camminando nelle sale, il visitatore è invitato a percepire l’arte come canto variato: da Turner a Monet, da Hopper a Monet, fino a Kiefer, Friedrich, Bacon, Van Gogh, Monet, Renoir, Gauguin e moltissimi altri, con oltre cento opere provenienti da una quarantina di musei europei e americani e collezioni private.
Mutano stili, sensibilità, modalità narrative, eppure emerge un filo comune: ogni opera è posta in relazione con le limitrofe per rivelare un senso di confine permeabile, un luogo da attraversare con sguardo attento.
Ospiti d’eccezione: Turner, Monet, Hopper e oltre
Il percorso mette sotto i riflettori figure chiave dell’arte moderna, scelte con cura per rendere palpabile la tensione tra limite e apertura: J. M. W. Turner e il suo rapporto con la luce e l’atmosfera, veri confini tra visibile e invisibile. Claude Monet, con gli studi di luce e il concetto di percezione che ridefinisce i limiti tra soggetto e paesaggio.
Edward Hopper, il pittore della solitudine urbana: con Pieno mezzogiorno (1949), ad esempio, il limite diventa solitudine spaziale e psicologica. Artisti più moderni e contemporanei come Kiefer, Bacon, Diebenkorn, Mondrian, Rothko, che lavorano sui confini cromatici e sul terreno della forma.
Un richiamo intrigante: Van Gogh, con la scelta curatoriale di esporre per la prima volta insieme i due soli ritratti che realizzò dei compagni del manicomio. Un gesto che trasforma il confine tra follia, identità e rappresentazione.
L’esperienza espositiva: soglia, atmosfera, dialogo interno Goldin, noto per il suo approccio emozionale all’arte, ha costruito un allestimento che privilegia il respiro e lo spazio: le opere non sono accatastate, ma lasciate “respirare”, con pause visive e zone neutre che permettono al visitatore di rilegare interiormente le immagini.
Il percorso non segue una cronologia rigida, bensì una sorta di mappatura sensoriale: le sale seguono un andamento che è al tempo stesso geografico (da paesaggio a ambiente urbano), psicologico (dal dentro al fuori) e simbolico (dal limite al superamento).
L’esposizione è permeata da richiami alla letteratura, alla musica e alla psicoanalisi: Goldin ha pensato che la visione non fosse solo estetica, ma che le relazioni visive potessero suggerire “assunti sommersi” che emergono via via al visitatore. Il piacere estetico diventa punto di partenza per un viaggio verso territori interiori, dove il confine è soglia tra visibile e invisibile.
Impatto territoriale e culturale
Questa mostra non è solo un evento artistico, ma un atto culturale strategico per la valorizzazione del Friuli Venezia Giulia. Goldin stesso ha espresso gratitudine verso le istituzioni regionali che hanno reso possibile l’operazione, definendola frutto della “conoscenza, dello studio e dell’emozione”.
Fedriga, da parte sua, ha evidenziato che “Confini” è un evento non replicabile altrove, che rafforza l’identità culturale regionale nel contesto europeo e internazionale. Inoltre, inserita nel programma GO! 2025, la mostra collabora con l’idea di “cultura di frontiera” che unisce Gorizia e Nova Gorica. In questo senso, il concetto di confine assume valore simbolico: non come divisione, ma come spazio condiviso di interazione e dialogo transfrontaliero.
Perché vedere “Confini” (e cosa fermarsi a contemplare)
È un’occasione rara per vedere opere prestigiose insieme, dai grandi maestri dei paesaggi all’arte contemporanea, in un allestimento che promuove relazioni significative. Il concetto curatoriale di “canto variato” obbliga lo sguardo a confrontarsi con il vicino, a percepire differenze e affinità, a cogliere l’inafferrabile.
La selezione curatoriale è raffinata e sorprendente: non solo i nomi “di richiamo”, ma dettagli che sorprendono, come i ritratti van Gogh o opere di Kiefer e Diebenkorn in dialogo con Monet e Courbet.
Il luogo stesso, Villa Manin, amplifica il senso di “contenitore e soglia culturale”: la villa storica trasformata in una porta verso visioni globali.
Edward Hopper, Pieno mezzogiorno (1949)
The Dayton Art Institute Un’opera-simbolo della mostra, in cui la luce tagliente del mezzogiorno si scontra con il silenzio dell’attesa. Una donna solitaria in pieno sole, immobile, al centro di una composizione che parla di isolamento e quieta inquietudine. Il confine è quello tra luce e ombra, tra intimità e spazio aperto, tra ciò che si vede e ciò che si intuisce. Un capolavoro di tensione psicologica sospesa.
Vincent van Gogh, Ritratti dei compagni del manicomio (in prestito eccezionale)
Per la prima volta riuniti in un’unica esposizione, i due soli ritratti che Van Gogh dedicò ai suoi compagni durante il ricovero nell’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy. Qui il confine non è solo quello tra salute e malattia, ma tra empatia e distanza, arte e sopravvivenza. Un atto di riconoscimento umano e poetico in uno dei momenti più fragili della vita dell’artista.
J.M.W. Turner, Tempesta in mare (Museo prestante da confermare)
Turner è il pittore dei confini atmosferici per eccellenza. In questa tela, la forza degli elementi si traduce in un turbinio di colore e materia. Il mare, il cielo, la luce si confondono, spingendo il confine tra forma e astrazione. È il confine tra natura e percezione, dove lo sguardo si perde nel sublime.
Claude Monet, Effetto di nebbia sul Tamigi
Uno dei quadri in cui Monet porta all’estremo il suo studio sulla luce e sull’evanescenza. La nebbia londinese diventa una membrana tra visibile e invisibile. È il confine dell’impressione, dell’istante che si dissolve, dello sguardo che deve imparare a cogliere ciò che sfugge. Poesia pura in forma pittorica.
Anselm Kiefer, La fine della narrazione
Kiefer, con la sua materia densa e simbolica, è tra gli artisti contemporanei più capaci di indagare i confini della memoria, della storia e della rovina. In questa opera, potente e lacerante, il confine è quello tra passato e presente, tra cultura e distruzione, tra pittura e scultura. Un colpo al cuore e alla mente.