Quello che Ahmet Öğüt ci restituisce con “Neither artificial nor intelligent” è un gesto radicale: riportare il volto alla sua opacità, alla sua resistenza. In un mondo dominato dalla trasparenza forzata, dove ogni immagine è schedata, duplicata, venduta e profilata, il volto torna a essere mistero. Torna a essere carne e pennello, luce e assenza, presenza e silenzio. Questo gesto è ancora più potente perché coinvolge uno dei generi più antichi della storia dell’arte: il ritratto.
Una pittura che trascende l’arte stessa sfidando la concezione stessa di arte contemporanea. La mostra è esposta nella galleria A plus di Venezia. Protagonisti della mostra sono 10 ritratti che mettono in luce il problema dei baias cognitivi portando a galla i pregiudizi visivi. Un’esperienza pittorica, politica e umana, contro la logica algoritmica dell’archiviazione.
Ma non si tratta di una rievocazione nostalgica. Al contrario, Öğüt prende il ritratto, tradizionalmente associato al potere, alla celebrazione, all’identità, e lo svuota dalle sue certezze: non sappiamo chi sono i soggetti, non sappiamo se esistono davvero, non possiamo cercarli online, non possiamo archiviarli.
E così, quello che resta è l’incontro , senza sovrastrutture. È uno sguardo che interpella, che mette a disagio, che obbliga il visitatore a fermarsi, ad ascoltare i propri pregiudizi, a restare nel dubbio. Un dubbio salutare, che ci ricorda quanto sia facile ridurre l’altro a un’etichetta, e quanto sia difficile, ma urgente, imparare a disimparare.
Ahmet Öğüt: Una sfida per il mondo dell’arte contemporanea
Neither artificial nor intelligent ci ricorda che vedere davvero è un atto lento, profondo, etico. La mostra di Ahmet Öğüt ci restituisce il volto umano nella sua complessità, fuori dal mercato della visibilità, fuori dal dominio delle macchine. Non ci sono risposte facili in queste dieci tele.
C’è solo lo spazio per il dubbio, per la riflessione, per la meraviglia. Ed è proprio questo che rende neither artificial nor intelligent una delle mostre più importanti dell’autunno-inverno 2025: non perché “parla di IA”, ma perché ci obbliga a rivedere noi stessi nel modo in cui guardiamo, giudichiamo, interpretiamo. È una mostra da attraversare in silenzio, con occhi nuovi. E da cui uscire, forse, un po’ meno certi, ma molto più umani.
Una mostra da vedere, non da scrollare
In tempi di iperconnessione visiva, di mostrare tutto, fotografare tutto, condividere tutto, Öğüt compie un atto quasi rivoluzionario: ci priva delle immagini. O meglio, ce le offre solo se accettiamo di fare un gesto concreto: entrare in una galleria, camminare tra le tele, dedicare tempo, concentrazione, presenza. È una sfida anche per il mondo dell’arte contemporanea, che da anni si interroga sul ruolo delle piattaforme digitali, dei social, della riproducibilità tecnica.
Questa mostra ribalta il paradigma: non è pensata per l’online, non è fotogenica, non è “instagrammabile”. È un’esperienza da vivere in prima persona. E questo, oggi, è raro. Forse addirittura necessario.
Kate Crawford – “Atlas of AI” (Yale University Press, 2021) Il libro che ha ispirato il titolo della mostra è un viaggio illuminante nei retroscena dell’Intelligenza Artificiale. Non un miracolo della tecnologia, ma un prodotto industriale che sfrutta risorse umane e naturali. La sezione sulla classificazione dei volti è particolarmente importante per capire la critica portata avanti da Öğüt.
La tradizione dei ritratti immaginari: Nel Rinascimento era consueto dipingere “ritratti ideali” di poeti o filosofi mai visti, come Omero o Saffo. Anche Öğüt gioca con questa ambiguità tra vero e fittizio, riportando la pittura a un terreno simbolico, dove il volto non è solo identità, ma campo aperto di significati.
Intelligenza Artificiale e bias: Numerosi studi (tra cui quelli del MIT Media Lab) hanno dimostrato come i sistemi di riconoscimento facciale siano molto meno accurati sui volti non caucasici, femminili o appartenenti a minoranze. Gli algoritmi, lungi dall’essere neutrali, riflettono i pregiudizi di chi li programma. La mostra ci invita a tenerne conto.