Sei qui: Home » Arte » Edward Hopper e la solitudine del mondo

Edward Hopper e la solitudine del mondo

Di lui è stato detto che sapeva 'dipingere il silenzio'. Ripercorriamo la carriera artistica di Edward Hopper in occasione dell'anniversario della sua scomparsa

MILANO – Di lui è stato detto che sapeva ‘dipingere il silenzio’ o che è stato il precursore della Pop Art. André Breton, nel suo esilio a New York, lo accostava a Giorgio De Chirico in un’intervista pubblicata su View nel 1941. Edward Hopper è stato un artista che non si può inscrivere in correnti artistiche, il suo stile fu personalissimo; utilizzò composizioni e tagli fotografici simili a quelli degli impressionisti che aveva visto dal vero a Parigi, ma di fatto elaborò una pittura fuori dal comune. La composizione dei quadri è talora geometrizzante, si perde in un sofisticato il gioco delle luci fredde, taglienti e volutamente ‘artificiali’. Nei suoi quadri sembra emergere una drammatica estraneità e incomunicabilità tra i soggetti. La direzione dei loro sguardi o i loro atteggiamenti spesso ‘escono dal confine del quadro’, nel senso che si rivolgono a qualcosa che lo spettatore non vede.

SCOPRI LA SHOPPER ED IL CATALOGO DEDICATO AD EDWARD HOPPER SU LIBRERIAMO STORE

I PRIMI ANNI

A 18 anni cominciò a frequentare la New York School of Art, diretta da William Merritt Chase, seguace dell’impressionismo europeo, venendo a contatto con la futura scena artistica americana dei primi anni cinquanta. Si trasferì presto a Parigi, prendendo un alloggio vicino al Louvre; qui si lasciò affascinare dalla pittura impressionista e dai poeti simbolisti prima di ritornare in patria per lavorare come illustratore pubblicitario. In realtà non smise mai di viaggiare, soprattutto in Europa, Londra, Berlino, Bruxelles e poi di nuovo Parigi, dove dipinse parecchio, sulla scia di Maestri quali Manet, Monet, Courbet, Toulouse-Lautrec e Goya. Tornato a New York, abbandonò per qualche anno la pittura per dedicarsi alla tecnica dell’incisione (puntesecche e acqueforti), grazie alle quali ottenne numerosi premi e riconoscimenti, anche dalla prestigiosa National Academy of Design. Nel 1918 fu uno dei primi membri del Whitney Studio Club, il più vitale centro per gli artisti indipendenti americani dell’epoca; proprio qui, due anni dopo, tenne la sua prima personale, dove fra gli altri lavori venne esposto Soir bleu. Il titolo del dipinto si ispira al primo verso di Sensation, poesia di Arthur Rimbaud che parla dei piaceri del vagabondaggio. Hopper mette in scena sulla terrazza di un café parigino un insieme di personaggi eterogenei: a destra una coppia di borghesi, a sinistra un protettore. Al centro, di spalle un ufficiale, di profilo un personaggio barbuto, probabilmente un artista, di fronte un pierrot e sullo sfondo una prostituta. Questo lavoro segna in qualche modo l’addio all’atmosfera felice che aveva segnato i suoi soggiorni francesi e all’Europa che lo aveva fino ad allora ispirato.

 

IL SUCCESSO

Nel 1924 alcuni suoi acquerelli furono esposti a Gloucester nella galleria di Frank Rehn, il che diedero una significativa svolta alla carriera di Hopper, che finora si era guadagnato da vivere come illustratore di riviste. In quello stesso anno Hopper sposò Josephine Verstille Nivison, l’unica modella per tutti i personaggi femminili che avrebbe dipinto da allora in poi. Il successo ottenuto con la mostra alla Rehn Gallery contribuì a fare di Hopper il caposcuola dei realisti che dipingevano la ‘scena americana’. Nel 1925 la sua tela intitolata Apartment Houses venne acquistata dalla Pennsylvania Academy: questo fu il suo primo lavoro a olio a entrare in una collezione pubblica. Nel 1930 la famosa House by the Railroad, che sarebbe servita ad Alfred Hitchcock come modello per la casa di Psyco, venne donata dal collezionista Stephen C. Clark al MoMA di New York, entrando a far parte della collezione permanente del museo. Dopo tre anni, lo stesso MoMA gli dedicò la prima retrospettiva. Il Whitney Museum of American Art gli dedicò la seconda retrospettiva nel 1950 e, nel 1956 la rivista TIME gli rese omaggio con una copertina. Hopper morì a 85 anni il 15 maggio 1967 nel suo studio nel centro di New York.

 

LO STILE

Fortemente influenzato dall’Impressionismo francese, Hopper riuscì a sviluppare un stile molto personale, ripreso nei tempi successivi da cineasti e fotografi. Di recente, il fotografo Richard Tuschman ha realizzato un progetto che si ispira proprio alle opere dell’artista, dal titolo ‘Hopper Meditations’. La pittura di Hopper predilige architetture nel paesaggio, strade di città, interni di case, di uffici, di teatri e di locali. Le immagini hanno colori brillanti ma non trasmettono vivacità, gli spazi sono reali ma in essi c’è qualcosa di metafisico alla Giorgio De Chirico che comunica allo spettatore un forte senso di inquietudine. La scena è spesso deserta, immersa nel silenzio; raramente vi è più di una figura umana, e quando ve ne è più di una, sembra emergere una drammatica estraneità e incomunicabilità tra i soggetti.

LEGGI ANCHE: Perché i dipinti di Edward Hopper ci fanno sentire meno soli

© Riproduzione Riservata