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Erminio Annunzi dell’Istituto Italiano di Fotografia, ”La fotografia in Italia ha bisogno di un manifesto condiviso”

Il fotografo e docente Erminio Annunzi ci presenta l'attività dell'Istituto e svela potenzialità e limiti della fotografia d'autore contemporanea dopo l'avvento del digitale...
Il fotografo e docente Erminio Annunzi ci presenta l’attività dell’Istituto e svela potenzialità e limiti della fotografia d’autore contemporanea dopo l’avvento del digitale

MILANO – “Manca un vero e proprio manifesto in grado di aggregare e divulgare le potenzialità espressive della creatività italiana. Manca anche una formazione a livello universitario, probabilmente per la scarsa propensione che abbiamo in Italia di vedere la fotografia come un mix tra professione, arte ed espressione intellettuale” Erminio Annunzi, fotografo e docente di tecnica e paesaggio dell’ Istituto Italiano di Fotografia di Milano, ci parla dell’attività dell’Istituto e della situazione della fotografia d’autore in Italia.

Quando e con quali finalità è nato l’Istituto?

Istituto Italiano di Fotografia è una scuola leader dal 1993 nel settore della formazione professionale in Italia. La sua missione è fornire una preparazione solida, completa e moderna della fotografia come linguaggio espressivo di stile e innovazione. Obiettivo primario è che gli studenti sviluppino la sensibilità e la visione critica indispensabili per inserirsi nel mercato della fotografia nella maniera più espressiva e dinamica possibile. Per questo la formazione in IIF si contraddistingue per la sua completezza e per l’approccio pratico e professionale che spazia tra i più importanti settori del mondo della fotografia.

Qual è la situazione della fotografia d’autore in Italia nel panorama contemporaneo?

L’attuale situazione, a mio parere, è di difficile interpretazione; se da un lato riscontriamo le difficoltà in cui si dibattono molti generi fotografici come ad esempio il fotogiornalismo che da alcuni anni ha iniziato un declino, non di genere, perché ha ancora moltissimi estimatori, ma di fruizione e di attualità; dall’altro lato notiamo che un certo e fruttifero movimento intellettuale si è venuto a formare nel segmento dell’arte fotografica contemporanea. A partire dai primi importanti segnali iniziati intorno agli anni ottanta con qualche accenno in anni antecedenti, la fotografia d’autore ha oggi acquisito uno spazio importante ed autonomo nel panorama fotografico italiano. Molto, di questo risultato, è dovuto anche alle nuove potenzialità tecnologiche digitali, che hanno permesso una maggiore concretizzazione delle idee e dei contenuti personali espressi dagli autori.

Quali sono i principali cambiamenti della fotografia d’autore dal dopoguerra ad oggi?
Nel dopoguerra, la fotografia italiana ha manifestato un’insospettabile vitalità e verve innovativa, riuscendo a proporre stile e generi che ancora oggi sono riconosciuti in tutto il mondo. La corrente del Neorealismo, ad esempio, ha prodotto grandi ed importanti lavori di analisi e di documentazione dell’Italia negli anni immediatamente successivi alla guerra. Tutto ciò è stato possibile grazie al diffondersi in ambito nazionale di gruppi di persone che condividevano la stessa passione per la fotografia; sono nati così i primi circoli fotografici – storico è quello della Gondola di Venezia.  La fotografia in Italia è quindi vissuta, in special modo, grazie all’opera dei circoli fotografici e, non esistendo una formazione scolastica superiore o universitaria, molti fotografi si sono formati proprio nell’ambito dei circoli o in “bottega” come garzoni del fotografo di paese. Tutto questo non ha impedito che in Italia si formassero autori di grande rilievo, che pur non essendo professionisti nel senso stretto del termine, hanno realizzato immagini e progetti che a tutt’oggi sono punti di riferimento della fotografia italiana. Autori come Giacomelli, Cavalli, Branzi, Migliori e molti altri (sarebbe troppo lungo citare tutti gli autori che ne avrebbero titolo, spero che mi perdoneranno), hanno permesso di portare l’esperienza, la cultura e il presente italiano del momento, al di fuori dei confini nazionali. A partire da quella esperienza, arriviamo intorno gli anni ottanta in cui si osserva il nascere di un nuovo ed importante fenomeno costituito dal manifesto proposto dal progetto di Luigi Ghirri e Mario Cresci, insieme ad altri importanti autori, che va sotto il nome di Nuovo Paesaggio Italiano. Da questa esperienza la fotografia d’autore italiana ha tratto nuova linfa vitale, proponendo al panorama fotografico una sorta di evoluzione concettuale della forma e del segno fotografico. Nel presente però, troviamo una situazione in cui, nonostante le esperienze passate, gli autori di oggi si muovono in ordine sparso e senza una base intellettuale condivisa; manca un vero e proprio manifesto in grado di aggregare e divulgare le potenzialità espressive della creatività italiana.

L’avvento del digitale ha apportato significativi cambiamenti nell’arte della fotografia, può sintetizzarci i principali?
In parte si e in parte no. Sostanzialmente credo che la fotografia stia attraversando una fase dalla duplice identità in cui, grazie anche alle nuove tecnologie fotografare, oggi molto più di ieri, non è più solo un’azione di riproduzione, ma anche di interpretazione e creazione, arrivando fino a generare nuovi confini all’espressione “artistica”. La tecnologia digitale ha indubbiamente trasformato l’azione fotografica, non tanto dal punto di vista della ripresa, oggi come nel passato si fotografa più o meno nello stesso modo, piuttosto per quanto riguarda il processo di elaborazione mentale delle immagini. Intendo dire che, grazie alle possibilità manipolative proprie del digitale, il fotografo ha un potere enorme con cui fare i conti: quello di trasformare e ricreare. Purtroppo non sempre questi conti tornano, ed è questo il rischio che le nuove tecnologie portano con loro; la relativa facilità di manipolazione, porta sovente il fotografo a concentrarsi sull’effetto piuttosto che sull’idea e quindi si assiste, parallelamente ad un incremento qualitativo e di contenuti e questi sono gli effetti “positivi”, al proliferare di immagini manieristiche e autoglorificanti per l’autore (ad esempio immagini con tecnica high dynamic range ed altro). Ma sia ben chiaro, la fotografia, intesa in senso più generico e generale, ha bisogno anche di loro.

A questo proposito, tali cambiamenti come influiscono, secondo Lei, sul valore della
fotografia quale strumento di comunicazione e documentazione?

Documentare e comunicare presuppongono una certa corrispondenza tra il fatto preso in esame e il contenuto delle immagini proposte; tuttavia, non è impossibile che un certo livello di personalità ed interpretazione possa essere presente nelle immagini, anzi, rispetto al passato, oggi al fotografo viene richiesto non semplicemente di documentare ma bensì di capire e tradurre le azioni ed i pensieri in immagini. Per il fotografo è diventato importante creare un punto di vista che non rinnega la veridicità del momento ma la colloca in un contenitore visivo in cui possa essere riconosciuta e condivisa, pur manifestando opinioni personali. Questo vale, naturalmente, nel caso di immagini per il fotogiornalismo o altri generi fotografici che presuppongono una corrispondenza tra origine e destinazione; altro discorso riguarda l’ambito creativo ed interpretativo, in cui l’autore deve sentirsi libero di trasformare e concretizzare le sue idee nel modo che ritiene più appropriato e in questo, le nuove tendenze e tecnologie digitali consentono una ampia possibilità di intervento. E’ però necessario chiarire che l’intervento “manipolativo”, brutta parola, non è solo una prerogativa della tecnologia digitale, anche la fotografia analogica ha una sua ampia componente manipolativa”, solo che risulta essere più complessa nell’utilizzo, visto che richiede sovente una manualità complicata e spesso artigianale. Per terminare, ogni possibilità di manipolazione attraverso le varie tecnologie, modifica indubbiamente l’aspetto di veridicità che un certo genere di fotografia deve possedere ma, al contempo, è necessario ricordare le parole di Feininger che diveva: “la fotografia è una forma di bugia legalizzata”.

In che senso l’istituto intende porsi come punto di riferimento per la cultura fotografica nazionale e internazionale contemporanea?
Istituto Italiano di Fotografia é aperto al mercato internazionale e allo scambio culturale fra studenti provenienti da paesi diversi. Il dipartimento dedicato a queste iniziative, “IIF in English”, offre corsi di fotografia in lingua inglese per studenti italiani e internazionali, riconoscendo l’importanza del valore e delle potenzialità del concetto di mercato “glocal”, sviluppando la filosofia, i programmi e le partnership in tal senso. Dal punto di vista artistico, Istituto Italiano di Fotografia è assiduo organizzatore di mostre fotografiche, eventi culturali, incontri, nella convinzione che i momenti di formazione non si esauriscano all’interno di un’aula, ma proseguano nella cultura delle immagini. Lo stile personale, sviluppato durante il percorso didattico, e il continuo stimolo fornito dalle varie attività, permettono la concretizzazione di progetti creativi che trovano spazio nelle numerose esposizioni off e online e in una collana editoriale. Un’esperienza che avvicina chi è interessato alla fotografia e mette a disposizione di tutti immagini di elevato valore artistico. Fra le iniziative da segnalare, ricordiamo la partecipazione al Festival “Au Gré des Arts” nel 2012, nato col sostegno della Comunità Europea con l’obiettivo di promuovere l’interscambio tra emergenti artisti europei. Istituto Italiano di Fotografia ha partecipato per l’Italia esponendo le opere di studenti diplomandi al secondo anno del corso Superiore Professionale, riscontrando un grande seguito tra i visitatori.

Secondo Lei, in Italia, ci sono abbastanza centri e scuole professionali dedicate allo
studio di quest’arte?

La situazione italiana, per quanto concerne la possibilità di formazione professionale sulla fotografia, è sostanzialmente diversa da quella estera. In Italia esistono varie scuole di fotografia come l’Istituto Italiano di Fotografia, che propongono un percorso articolato tra pratica, teoria e formazione culturale; nella realtà le scuole non sono molte, sento però il dovere di affermare che sono tutte estremamente qualificate e professionali. Per concludere il nostro discorso due ultimi pensieri. Nel panorama italiano forse manca una formazione a livello universitario, come accade in special modo nel mondo anglosassone, forse ciò è dovuto alla scarsa propensione che abbiamo in Italia di vedere la fotografia come un mix tra professione, arte ed espressione intellettuale. Un altro problema che coinvolge la formazione di qualità e di livello e che in un certo senso la penalizza, è il proliferare di corsi e workshop più o meno evoluti proposti e tenuti da professionisti o pseudo esperti che, pensando di conoscere la fotografia, si improvvisano docenti. Spesso ci si dimentica che non necessariamente conoscere qualcosa e sapere come si “fa” è automaticamente sinonimo di sapere insegnarla. Non sono in tanti a saper fare e a saper insegnare contemporaneamente.

6 febbraio 2013

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