Nei versi della poesia La mancanza di richiesta di poesia di Pier Paolo Pasolini (5 marzo 1922 – 2 novembre 1975), emerge con forza il tema dell’inutilità percepita della poesia in un mondo che sembra aver perso il desiderio di interrogarsi profondamente sulla vita. La voce poetica parla a Pasolini stesso, un poeta che ha visto gli anni della sua giovinezza e dell’impegno civile passare, lasciando un’epoca di disillusione e un senso di estraneità rispetto ai cambiamenti culturali e sociali.
«Nessuno ti richiede più poesia! »
E: «E passato il tuo tempo di poeta… »
«Gli anni cinquanta sono finiti nel mondo! »
« Tu con le Ceneri di Granisci ingiallisci, e tutto ciò che fu vita ti duole
come una ferita che si riapre e da la morte!»
Pier Paolo Pasolini e la strenua resistenza della poesia
Con l’affermazione: “Nessuno ti richiede più poesia!” Pasolini rivela un’amara constatazione sulla situazione della poesia nella società moderna. In questi versi, il poeta allude alla trasformazione culturale che ha ridotto la poesia, una volta veicolo di messaggi profondi e di riflessioni esistenziali, a un’arte ormai marginale. La poesia non è più richiesta dal mondo, o almeno questo è il sentimento che Pasolini cerca di esprimere, il che lascia trasparire la sua inquietudine e frustrazione nel vedere come l’arte della parola, da lui tanto amata e vissuta, sembri perdere significato. Pasolini non si rivolge solo alla società, ma anche a sé stesso, mettendo in discussione la sua stessa esistenza come poeta e uomo di cultura.
L’autoaccusa nella frase “È passato il tuo tempo di poeta…” esplicita il senso di esclusione che Pasolini sente rispetto alla sua epoca. Nato in un tempo in cui la poesia aveva ancora una funzione di resistenza, sia culturale che morale, Pasolini si trova ora in un mondo nuovo, in cui il ruolo del poeta e dell’intellettuale viene sminuito, quasi ignorato.
Qui emerge il dolore dell’artista che sente di non appartenere più a una società ormai disinteressata all’arte come strumento di cambiamento e di analisi. Con la poesia, Pasolini ha sempre cercato di dare voce a un popolo spesso dimenticato, ai diseredati, agli emarginati della società italiana. Tuttavia, nei versi successivi appare chiaro che i tempi in cui questo messaggio poteva risuonare forte e avere un impatto concreto stanno per lui svanendo.
Questa sensazione di spaesamento si fa più evidente con la frase “Gli anni Cinquanta sono finiti nel mondo!” In questi anni, Pasolini è stato una voce forte e presente nel panorama culturale italiano, capace di analizzare le contraddizioni della società e di schierarsi contro il conformismo. Ma ora che il tempo è passato e il contesto è mutato, Pasolini riflette sulla scomparsa di quella stagione fertile e appassionata. La sua disillusione si rivolge non solo verso la poesia, ma verso l’intera società e i suoi cambiamenti. È come se l’autore osservasse una realtà distante da quella che conosceva e per cui lottava, una realtà in cui sente di non riconoscersi più.
L’allusione a Le ceneri di Gramsci assume un significato particolarmente profondo. Quest’opera, una delle più importanti della sua produzione poetica, incarna il dialogo interiore di Pasolini tra ideologia e morale, tra la sua passione per il popolo e il suo impegno politico. In questo verso, però, Pasolini riflette amaramente sul tempo trascorso: Le ceneri di Gramsci, un’opera carica di significato politico e umano, sembra ora ingiallire, perdere rilevanza in una società che non riconosce più la validità di quel messaggio.
Pasolini esprime qui il senso di impotenza di fronte a un mondo che non ha tratto insegnamento dal passato, né dai poeti né dagli intellettuali.
Il verbo “ingiallisci” è simbolico, evocando l’immagine di un libro che, abbandonato e dimenticato, subisce l’usura del tempo. È come se Pasolini percepisse la sua stessa opera come una reliquia priva di significato per i nuovi tempi, segnata dall’indifferenza di una società che ha perso interesse per la cultura profonda e critica. Questo riflesso sul passato diventa per il poeta motivo di sofferenza, una ferita che si riapre ogni volta che vede come la sua opera e le sue idee siano relegate al passato senza essere comprese nella loro interezza.
Pasolini espone qui il dolore esistenziale che lo attanaglia nel vedere come tutto ciò per cui ha vissuto – la poesia, l’impegno, la denuncia sociale – ora sembri senza più valore. Paragonare il passato, “ciò che fu vita”, a una “ferita che si riapre” mostra la sua percezione dell’arte come di un’esperienza profondamente personale, una parte integrante della sua stessa identità. Per lui, la poesia è stata vita, esperienza, sacrificio. Ma ora quel passato è un ricordo doloroso, qualcosa che risveglia un senso di morte simbolica ogni volta che ritorna.
La metafora della ferita che si riapre è potente, poiché suggerisce la sofferenza di un uomo che non riesce a trovare pace, che sente la propria arte tradita, sminuita. In un certo senso, Pasolini sembra accettare la propria “fine” come poeta, sebbene essa gli provochi una sofferenza acuta. Il poeta è quindi rappresentato come una figura tragica, condannata a un’esistenza fatta di ricordi dolorosi, di un passato che continua a influenzare il presente, pur non avendo più alcun valore per gli altri.
La poesia come strumento per affrontare la marginalizzazione
Questi versi rappresentano una riflessione critica sulla società moderna e sull’emarginazione dell’arte e della poesia in un’epoca disincantata. Pasolini espone il tormento di un poeta che si sente inascoltato, trascurato, e il dolore di vedere la propria opera relegata al passato, ingiallita come un libro dimenticato. Tuttavia, anche se la poesia sembra aver perso valore, Pasolini continua a scrivere, a dare voce al suo dolore e alla sua nostalgia per un tempo in cui l’arte era ancora un mezzo per incidere sulla realtà.
Attraverso questa poesia, Pasolini riesce a esprimere non solo la sua crisi personale, ma anche una critica sociale verso un mondo che ha dimenticato la poesia e, con essa, il potere della parola di risvegliare coscienze e riflessioni profonde. La mancanza di richiesta di poesia diventa quindi un manifesto del suo sforzo di mantenere viva la parola poetica, come testimonianza di un tempo che forse non c’è più, ma che rimane essenziale per chi, come lui, non si arrende al silenzio dell’indifferenza.