I versi di Percy Bysshe Shelley sulla natura dell’amore

22 Gennaio 2025

Leggiamo questi tanto dolci quanto amari versi di Percy Bysshe Shelley che indagano sulla natura dell'amore e il suo perdurare o meno oltre la vita.

I versi di Percy Bysshe Shelley sulla natura dell'amore

Questi versi, tratti dal “Canto per Tasso” di Percy Bysshe Shelley, ci proiettano in una delle più profonde riflessioni esistenziali del poeta inglese: la relazione tra l’amore e la mortalità, e il destino di quel sentimento dopo la fine della vita fisica. Shelley, uno dei più celebri poeti romantici, noto per la sua sensibilità filosofica e la straordinaria capacità di introspezione, usa questi versi per indagare il confine tra il tangibile e l’eterno, il presente e l’infinito.

«Ho amato, ahimè, la nostra vita è amore.
Ma quando noi finiamo di respirare e muoverci
Devo congetturare che l’amore
Anche finisca.»

Amore e mortalità per Percy Bysshe Shelley

Shelley inizia con un’affermazione universale e struggente: «Ho amato, ahimè, la nostra vita è amore». In queste parole, l’amore non è solo un’esperienza, ma il cuore stesso dell’esistenza umana. Per Shelley, amare è il motore della vita, una forza che definisce e trascende le azioni quotidiane. Tuttavia, l’uso del termine “ahimè” preannuncia una nota di dolore: questa condizione tanto sublime quanto universale porta con sé una fragilità insita nella natura dell’amore, che dipende dalla vita per manifestarsi.

La seconda parte del verso introduce una domanda devastante nella sua semplicità: cosa succede all’amore quando la vita finisce? «Ma quando noi finiamo di respirare e muoverci, devo congetturare che l’amore anche finisca.» Shelley si pone in bilico tra la speranza e il dubbio: se il respiro e il movimento sono i requisiti fondamentali per vivere e amare, allora la fine della vita decreta anche la fine dell’amore?

In questo passaggio, Shelley abbraccia uno dei temi più cari al Romanticismo: il contrasto tra l’eterno e il temporale. Da un lato, la tradizione romantica celebra l’amore come una forza immortale, in grado di superare ogni barriera e sopravvivere oltre la morte. Dall’altro lato, Shelley adotta un approccio più razionale e scientifico, suggerendo che l’amore, legato alle funzioni corporee e alle emozioni umane, potrebbe cessare di esistere con la fine dell’essere vivente.

Questo dilemma riflette un profondo senso di ambivalenza. Shelley si dimostra tanto un poeta quanto un filosofo, indagando le complessità dell’amore attraverso un prisma che combina sensibilità poetica e logica speculativa. Egli non ci offre risposte definitive, ma invita il lettore a riflettere su quanto l’amore sia radicato nella condizione umana e se abbia il potere di oltrepassarla.

I versi fanno parte del “Canto per Tasso”, opera ispirata alla figura tormentata del poeta italiano Torquato Tasso. Shelley identifica nel Tasso una sorta di alter ego, riconoscendo in lui un’anima perseguitata dalla sofferenza, ma anche una voce profondamente legata all’amore, alla bellezza e alla ricerca di significati eterni. Per entrambi, l’amore rappresenta una linfa vitale ma anche una fonte di dolore, strettamente connessa al conflitto interiore tra mortalità e immortalità.

Tasso, infatti, trascorse gran parte della sua vita tra conflitti emotivi, tensioni religiose e follia, elementi che Shelley riprende per evidenziare l’intreccio inestricabile tra l’ispirazione poetica, l’amore e la sofferenza. In questo senso, la riflessione sull’amore che finisce con la vita si intreccia con la consapevolezza del destino tragico di Tasso, il cui genio letterario non poté redimere la sua fragile umanità.

Amore, anima ed eternità

Il cuore della riflessione di Shelley è l’interrogativo sull’eternità dell’amore. Mentre l’amore fisico e terreno sembra destinato a scomparire con il corpo, ciò che lega due anime può, forse, persistere oltre la morte. Questa possibilità, che Shelley non esclude ma neanche conferma del tutto, ci porta a considerare l’amore come qualcosa che trascende il corpo fisico, estendendosi verso l’immateriale e l’eterno.

Molti interpreti hanno letto in questi versi una critica implicita alla religione, che spesso promette una continuazione dell’amore in una dimensione ultraterrena. Shelley, ateo dichiarato ma profondamente spirituale, preferisce non affidarsi a dogmi, lasciando il destino dell’amore sospeso in una congettura.

I versi di Shelley, pur scritti quasi due secoli fa, risuonano ancora nel nostro presente. Oggi, in una società sempre più materialista e digitale, l’amore è spesso ridotto a gesti superficiali o a interazioni effimere. Eppure, la riflessione di Shelley ci ricorda che l’amore autentico è qualcosa che va oltre le apparenze, ma che dipende dalla profondità della connessione umana.

Nel mondo contemporaneo, le domande sollevate da Shelley acquistano ulteriore rilevanza: se l’amore è radicato nella nostra esistenza corporea, che senso ha la ricerca di una dimensione ultraterrena? Possiamo accettare l’amore come temporaneo senza per questo sminuirlo? Shelley, con i suoi versi, ci invita a non cercare risposte immediate, ma a vivere l’amore nel presente, abbracciandone la complessità e le contraddizioni.

I versi di Percy Bysshe Shelley ci immergono in un viaggio poetico ed esistenziale che esplora i limiti e le possibilità dell’amore. Attraverso il “Canto per Tasso”, egli ci mostra che l’amore è l’essenza della vita, ma anche una condizione fragile e transitoria. Che l’amore finisca con la vita o sopravviva oltre di essa rimane un mistero, ma Shelley ci insegna che, mentre viviamo, dobbiamo amare con tutto noi stessi, senza temere il confine tra il finito e l’infinito.

© Riproduzione Riservata