Marina Cvetaeva, una delle voci più intime e drammatiche della poesia russa del XX secolo, esplora nei suoi versi i sentimenti complessi e viscerali legati all’amore, alla separazione e all’assenza. Nei versi tratti dal libro di poesie “L’amore è arco teso”, Cvetaeva ci porta nel cuore di un’esperienza universale: l’addio a una persona amata. L’intensità delle sue parole non lascia spazio a filtri o mediazioni, ma trasporta il lettore direttamente nel vortice di emozioni che caratterizzano questi momenti di distacco.
Mentre l’amico caro attraversava
l’ultimo viale (filare di nodosi
addii) – più grandi degli sguardi
erano gli occhi.Mentre l’amico amato doppiava
l’estremo promontorio (di sospiri
della mente: torna!) – più grandi delle mani
erano i gesti.Quasi le braccia volessero lasciare
le spalle, e le labbra – indietro,
a supplicare! Lottava con la lingua
la parola, il palmo con le dita.
Un’aria di dolore universale: gli addii e la poetica di Marina Cvetaeva
Il componimento si struttura attorno a un tema ricorrente nella poetica di Cvetaeva: la lotta tra il desiderio di trattenere ciò che è caro e l’inevitabilità del distacco. L’“amico caro” e l’“amico amato” rappresentano figure di intimità profonda, simboli di un legame tanto potente quanto fragile.
L’immagine dell’amico che attraversa l’“ultimo viale” evoca un senso di irrevocabilità: il viale diventa metafora di un percorso finale, non più reversibile. La parola “addii” lo punteggia, rendendo palpabile il dolore del commiato. In questo scenario, gli occhi, “più grandi degli sguardi,” incarnano lo smarrimento e il desiderio impossibile di contenere l’istante che fugge.
La seconda strofa introduce immagini corporee ancora più dinamiche. Gli occhi già smisurati cedono il passo ai gesti, “più grandi delle mani”, che si caricano di un’energia quasi disperata. Cvetaeva descrive un movimento che sembra voler trasgredire i confini fisici: le braccia vogliono abbandonare le spalle, le labbra restare indietro a implorare.
Questa tensione tra trattenere e lasciare andare è uno degli aspetti più potenti di questi versi. L’idea di un corpo che si ribella alla propria integrità, cercando di prolungare un legame che sta per spezzarsi, trasforma il dolore in azione. In questa lotta, non solo il corpo, ma anche il linguaggio diventa insufficiente: “lottava con la lingua la parola.” La voce si spezza, le dita esitano, quasi a sottolineare che nessun gesto o parola può davvero colmare il vuoto che si apre nell’addio.
Il titolo stesso della raccolta, “L’amore è arco teso”, suggerisce un’immagine di energia contenuta, pronta a scatenarsi ma anche irrimediabilmente fragile. L’arco, simbolo della tensione emotiva e spirituale, incarna perfettamente lo stato interiore del poeta di fronte alla separazione. La corda tesa rappresenta il legame tra chi parte e chi resta: carica di forza ma destinata a spezzarsi, lasciando dietro di sé il vuoto dell’assenza.
Questo arco è, tuttavia, anche un simbolo di resilienza. Come uno strumento musicale, vibra al minimo tocco, trasformando il dolore in poesia, il momento del distacco in eternità lirica.
Il Richiamo Petrarchesco e la Tradizione del Dolore d’Amore
I versi di Cvetaeva richiamano la tradizione poetica occidentale della sofferenza d’amore, che ha in Petrarca uno dei suoi massimi rappresentanti. Come per il poeta italiano, anche nella poesia di Cvetaeva l’amore si manifesta in gesti e parole che cercano di catturare l’ineffabile.
Tuttavia, Cvetaeva introduce un elemento modernista: la frammentazione e la contraddizione delle emozioni. Invece di un amore idealizzato e perfettamente descritto, qui troviamo un amore frammentato, dilaniato dal conflitto tra la necessità di lasciare andare e il desiderio di trattenere. Questa dinamica si riflette anche nel ritmo della poesia, spezzato e cadenzato, che amplifica il senso di urgenza e perdita.
Nonostante i riferimenti specifici alla figura dell’amico, Cvetaeva parla di un’esperienza universale. Chiunque abbia affrontato un addio può riconoscersi nei suoi versi. La lotta tra desiderio e realtà, tra amore e perdita, non conosce tempo o confini culturali.
Gli occhi che si dilatano, le mani che si allungano, le labbra che restano indietro sono immagini che travalicano il contesto russo o la biografia della poetessa per abbracciare una condizione umana comune. Il lettore si sente trasportato in un territorio dove la parola non è sufficiente, ma dove l’immagine poetica riesce a colmare almeno in parte il vuoto lasciato dal distacco.
La poesia di Cvetaeva non offre soluzioni o consolazioni facili, ma celebra la bellezza intrinseca della lotta emotiva che caratterizza l’amore e il distacco. L’addio, per quanto doloroso, diventa un momento di trasformazione, un’occasione per vivere pienamente l’intensità del sentimento umano.
“L’amore è arco teso” ci ricorda che la separazione non è solo una fine, ma anche un principio: un arco teso che, nel momento stesso in cui si spezza, rilascia un’energia capace di trasformare il dolore in creazione.