La citazione di Rabindranath Tagore, tratta dal libro La vera essenza della vita, esplora il concetto di gioia come elemento cardine dell’esistenza umana e universale. Le sue parole ci conducono in un viaggio profondo e spirituale, dove la gioia non è solo un’esperienza fugace, ma una forza che unisce necessità, amore e il divino.
“La gioia è dovunque: ce n’è di superflua, non solo di necessaria, anzi molto spesso essa contraddice i più imperiosi stimoli della necessità. Esiste per dimostrare che i vincoli della legge si possono spiegare solo per mezzo dell’amore, che essi e l’amore sono come il corpo e l’anima. La gioia è la comprensione della grande verità dell’unità, cioè dell’unione della nostra anima col mondo e dell’anima del mondo col Supremo Amore.”
Rabindranath Tagore e la gioia presente nella vita di ognuno
Tagore scrive: “La gioia è dovunque: ce n’è di superflua, non solo di necessaria, anzi molto spesso essa contraddice i più imperiosi stimoli della necessità.” Con questa affermazione, egli introduce un’idea rivoluzionaria: la gioia non è semplicemente legata al soddisfacimento dei bisogni fondamentali, ma esiste in abbondanza, superando e talvolta persino contraddicendo le leggi della necessità.
Nella visione di Tagore, la gioia non è vincolata esclusivamente alla sfera materiale o alla soddisfazione dei bisogni primari. Esiste una gioia che trascende la mera necessità, una gioia superflua, libera, che si manifesta nelle piccole e grandi esperienze della vita: un tramonto, una melodia, un sorriso inaspettato. Questa gioia non è condizionata dalle circostanze esteriori, ma rappresenta una verità universale che permea ogni cosa.
La contraddizione di cui parla Tagore si rivela nel fatto che, spesso, la gioia emerge nonostante le difficoltà o addirittura in opposizione alle esigenze immediate. Pensiamo, ad esempio, all’arte: essa non è necessaria per la sopravvivenza biologica, eppure riempie la vita di significato e bellezza. La gioia, quindi, non obbedisce alle leggi della mera utilità; è una forza libera, un dono che trascende le logiche razionali.
Tagore prosegue affermando che la gioia dimostra come “i vincoli della legge si possono spiegare solo per mezzo dell’amore, che essi e l’amore sono come il corpo e l’anima.” Qui emerge la profonda spiritualità dell’autore. La legge, intesa sia come ordine naturale sia come regola sociale, trova il suo significato più alto nell’amore.
La legge senza amore è fredda e sterile, mentre l’amore dà vita e senso a ciò che è regolato. Tagore usa la metafora del corpo e dell’anima per spiegare questa relazione: il corpo (la legge) fornisce una struttura, ma è l’anima (l’amore) a infondergli vita e significato. La gioia, dunque, diventa la manifestazione concreta di questa unione tra legge e amore. È il segno tangibile di un’armonia superiore, in cui ciò che è necessario si fonde con ciò che è sublime.
La gioia come comprensione dell’unità
La parte finale della citazione racchiude la visione filosofica e spirituale di Tagore: “La gioia è la comprensione della grande verità dell’unità, cioè dell’unione della nostra anima col mondo e dell’anima del mondo col Supremo Amore.”
Per Tagore, la gioia non è solo un’esperienza individuale, ma una finestra attraverso cui possiamo percepire la connessione profonda tra noi stessi, il mondo e il divino. È una forma di consapevolezza, un’illuminazione che ci permette di vedere l’interdipendenza di tutte le cose.
L’unione con il mondo non è semplicemente un dato fisico o biologico, ma un’esperienza spirituale che si realizza attraverso l’amore. L’amore, in questa prospettiva, non è solo un sentimento, ma una forza universale che collega ogni essere all’armonia cosmica. La gioia, quindi, è il riflesso di questa connessione: è il momento in cui l’anima individuale si dissolve nell’anima del mondo, e quest’ultima si unisce al Supremo Amore.
Il messaggio di Tagore è profondamente rilevante anche nel contesto moderno. Viviamo in un’epoca in cui la ricerca della felicità è spesso legata al possesso materiale o alla soddisfazione immediata dei desideri. Tagore, invece, ci invita a riscoprire una gioia più profonda e autentica, che non dipende dalle cose esteriori, ma nasce dalla connessione con noi stessi, con gli altri e con il divino.
La sua visione ci insegna che la gioia non è qualcosa da cercare fuori di noi, ma una realtà che possiamo trovare ovunque, se solo impariamo a vedere con occhi nuovi. È un invito a vivere in armonia con il mondo e a riconoscere il valore dell’amore come forza creatrice e unificante.
In conclusione, la gioia di cui parla Tagore è molto più di un semplice stato d’animo: è un’esperienza che ci avvicina alla verità ultima dell’esistenza. È il ponte che unisce necessità e libertà, legge e amore, individuo e infinito. Una lezione che, come ogni grande insegnamento, rimane senza tempo e senza confini.