La citazione di Hannah Arendt (14 ottobre 1906 – 4 dicembre 1975), tratta da “La vita della mente“, invita a una riflessione profonda sul significato dellโesistenza e sulla relazione tra ciรฒ che รจ e ciรฒ che appare. Attraverso una prosa densa e filosofica, Arendt suggerisce che il mondo in cui viviamo รจ strettamente legato alla percezione: ciรฒ che esiste, esiste solo perchรฉ puรฒ essere visto, udito, toccato e compreso. Esploriamo il significato di queste parole, il loro impatto filosofico e il messaggio che Arendt trasmette sul nostro rapporto con il mondo e con gli altri.
Il mondo in cui gli uomini nascono contiene molte cose, naturali e artificiali, vive e morte, caduche ed eterne, che hanno tutte in comune il fatto di apparire, e sono quindi destinate ad essere viste, udite, toccate, gustate e odorate, a essere concepite da creature senzienti munite degli appropriati organi di senso. Nulla potrebbe apparire, la parola โapparenzaโ non avrebbe alcun senso, se non esistessero esseri ricettivi. In questo mondo, in cui facciamo ingresso apparendo da nessun luogo e dal quale scompariamo verso nessun luogo, Essere e Apparire coincidono.
Il mondo di Hannah Arendt come luogo di apparenza
Hannah Arendt descrive il mondo come un insieme di cose che condividono un elemento comune: lโapparire. Che si tratti di oggetti naturali, come un albero o un fiume, o di creazioni artificiali, come una cattedrale o un dipinto, tutto ciรฒ che esiste nel mondo ha come caratteristica fondamentale il fatto di essere percepibile dai sensi.
La filosofa non si limita a una descrizione materiale, ma include anche gli esseri viventi. Ogni creatura, nel momento in cui entra nel mondo, lo fa attraverso lโapparenza: nascere significa emergere da un luogo sconosciuto (un “nessun luogo”) per diventare visibile agli altri. Analogamente, morire significa uscire dalla scena del mondo e scomparire in un altro “nessun luogo”. In questo ciclo di apparizione e scomparsa, Arendt intreccia il concetto di esistenza con quello di manifestazione: Essere e Apparire coincidono.
Arendt sottolinea che lโapparenza non avrebbe alcun significato senza esseri capaci di percepirla. La vista, lโudito, il tatto, il gusto e lโolfatto sono i mezzi attraverso cui le cose si manifestano e diventano reali per noi. In assenza di creature senzienti, il mondo sarebbe un luogo muto, privo di significato.
Questa affermazione ha profonde implicazioni filosofiche. Suggerisce che la realtร non รจ qualcosa di statico e oggettivo, ma una costruzione dinamica che dipende dal rapporto tra ciรฒ che appare e chi lo percepisce. Questo concetto risuona con la tradizione fenomenologica, in cui il mondo รจ inteso come un orizzonte di esperienze che si rivelano attraverso lโinterazione tra soggetto e oggetto.
Nella visione di Arendt, Essere e Apparire non sono due dimensioni separate, ma una realtร unica. Esistere significa necessariamente essere visibile, tangibile, percepibile. Questo pensiero sfida alcune tradizioni filosofiche che tendono a separare lโessenza di unโentitร dalla sua manifestazione. Per esempio, Platone postulava che la realtร sensibile fosse solo un riflesso imperfetto delle idee, le vere realtร eterne e immutabili. Arendt, invece, afferma che non cโรจ Essere senza Apparire: il mondo รจ intrinsecamente legato alla sua manifestazione sensoriale.
Questa prospettiva ribadisce lโimportanza del mondo concreto e delle relazioni che intrecciamo con esso. Il nostro essere al mondo non รจ un fatto isolato o astratto, ma una realtร vissuta, costruita attraverso il modo in cui vediamo e siamo visti, ascoltiamo e siamo ascoltati.
Il ruolo dellโuomo nel mondo dellโapparenza
Per Arendt, lโuomo occupa una posizione centrale in questo sistema di apparenza. Non solo percepiamo il mondo attraverso i nostri sensi, ma siamo anche parte di esso: siamo a nostra volta esseri che appaiono. La nostra presenza non รจ mai neutrale o passiva, ma contribuisce a definire il mondo stesso. Questo รจ particolarmente evidente nelle relazioni interpersonali, dove il nostro apparire agli altri determina la nostra identitร e il nostro ruolo.
Lโessere umano, quindi, non รจ solo spettatore del mondo, ma anche attore sulla scena dellโapparenza. Questo implica una responsabilitร : il modo in cui ci presentiamo agli altri e interagiamo con ciรฒ che ci circonda ha un impatto diretto sulla realtร che creiamo insieme.
Un altro tema chiave della riflessione di Arendt รจ la transitorietร dellโapparenza. Tutto ciรฒ che esiste รจ destinato a scomparire, e il mondo stesso รจ in costante mutamento. Tuttavia, questa caducitร non priva la vita di significato; al contrario, รจ proprio la consapevolezza della nostra temporaneitร che dร valore alla nostra esistenza. Apparire significa essere parte di un ciclo piรน grande, un continuo alternarsi di presenza e assenza, di visibile e invisibile.
Allo stesso tempo, lโuomo รจ spinto dal desiderio di permanenza. Questo desiderio si manifesta nella creazione di opere dโarte, di conoscenza e di relazioni durature: tentativi di lasciare una traccia che sopravviva alla nostra scomparsa.
La dicotomia tra essere ed apparire
La riflessione di Hannah Arendt sullโintreccio tra Essere ed Apparire ci invita a riconsiderare il nostro rapporto con il mondo. Viviamo in un universo che esiste nella misura in cui รจ percepito, e la nostra esistenza si intreccia con quella degli altri attraverso lโapparenza. Essere presenti, nel senso piรน pieno del termine, significa non solo vivere, ma partecipare attivamente alla costruzione di un mondo comune.
Questa visione ci richiama a una maggiore consapevolezza: di noi stessi, degli altri e di ciรฒ che ci circonda. Apparire non รจ semplicemente un fatto, ma unโopportunitร di esprimere chi siamo e di riconoscere il valore dellโesistenza condivisa.