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Il Reliquiario di Montalto in mostra al Museo dell’Opificio di Firenze

Dal 23 febbraio al 4 maggio, a Firenze è esposto al Museo dell’Opificio il Reliquiario di Montalto, capolavoro dell’oreficeria gotica e rinascimentale.

Firenze ha aperto le porte le porte al Reliquiario di Montalto, in mostra presso il Museo dell’Opificio dopo l’intervento cui hanno sottoposto l’opera d’arte i professionisti dell’Opificio delle Pietre Dure.

All’interno della rassegna Caring for Art, giunta al suo quarto appuntamento, ciascun visitatore avrà l’opportunità di osservare da vicino il Reliquiario di Montalto delle Marche, apprezzare il magistero tecnico che regge anche i minimi dettagli dispiegandosi anche nelle parti apparentemente secondarie di avvicinarsi a una sensibilità religiosa che univa immagini colme di realismo e il fulgore delle gemme.

A dieci anni di distanza dal restauro eseguito nel 2013 l’opera è tornata al museo di Firenze successivamente un’accurata revisione, sia della struttura metallica che degli elementi smaltati.

Su questi ultimi, in particolare, doveva essere verificata la tenuta dei consolidamenti effettuati in quella occasione e controllata l’eventuale comparsa di altri punti di fragilità.

Era necessario inoltre ricollocare tre piccoli frammenti distaccati, tutti provenienti dal prato verde su cui poggiano le figure principali.

Questo è l’unico elemento del reliquiario che è stato smaltato su argento e non su oro ed è pertanto più soggetto a fenomeni di alterazione, specialmente laddove si siano verificate fratture o cadute dello smalto.

I tre frammenti sono stati riposizionati tramite micro-incollaggio e sono stati poi consolidati altri punti del prato che manifestavano segni di possibile distacco.

Il Reliquiario di Montalto delle Marche, passato prima per i Valois, gli Asburgo, gli Este e il tesoro pontificio infine donato alla cittadina marchigiana da Papa Sisto V, è per qualità e storia un capolavoro assoluto dell’oreficeria gotica e rinascimentale.

Considerato tra le opere di oreficeria più affascinanti di tutti i tempi.

La preziosità dei materiali del Reliquiario

Oggetto delicatissimo, dunque, il reliquiario risplende per la straordinaria raffinatezza tecnica e per la preziosità dei materiali. Realizzato in oro (fuso, smaltato en ronde-bosse , raffinata tecnica in cui lo smalto viene applicato su superfici a tutto tondo o in alto rilievo) e in argento (fuso, sbalzato, inciso, smaltato e in parte dorato ad amalgama di mercurio), circonda le scene toccanti legate alla passione di Cristo con diciannove zaffiri, venti spinelli, cinquantanove perle e un raffinato cammeo in sardonice di manifattura bizantina.

La storia del Reliquiario di Montalto

Pochi lavori di oreficeria possono vantare una storia collezionistica tanto documentata e di altissimo profilo quale la sua.

La parte più antica dell’opera, in forma di tavoletta, era appesa nella cappella del Louvre stando all’inventario del tesoro di Carlo V di Francia (1338-1380), cui va presumibilmente attribuita la commissione dei magnifici smalti a tutto tondo su oro eseguiti, presumibilmente, dall’orafo di corte Jean du Vivier.

Un angelo biondo dalle grandi ali blu e bianche regge con le mani velate, offrendolo alla contemplazione, il corpo esanime di Cristo; un oggetto di devozione commovente e lussuosissimo insieme che presto passò ad altri Illustri proprietari.

Nel 1439 risulta fra i beni dell’eredità di Federico IV d’Asburgo, dal 1411 duca d’Austria e conte del Tirolo; nel 1450 Leonello d’Este, coltissimo signore di Ferrara, lo acquista dal mercante tedesco Jachomo de Goldemont.  Nel 1457 compare nell’inventario dei beni del raffinato collezionista, il  cardinale veneziano Pietro Barbo, divenuto poi papa Paolo II con un pontificato durato dal 1464 al 1471.

Sarà proprio Papa Paolo II a trasferirlo nel tesoro pontificio e a dargli l’aspetto attuale, facendolo inserire in una struttura monumentale in argento dorato di straordinaria qualità.

Nel 1586  Sisto V Pontefice Massimo, preleva il prezioso oggetto e lo dona alla cittadina di Montalto nelle Marche, dove aveva avuto inizio la sua vita di uomo di chiesa.

Commissionò all’orefice ascolano Diomede Vanni di aggiungere la dedica:

Sixtus V Pont. Max. Monti Alto Patriae cariss. sacras Reliquias Pietatis sue monumentum D.D. Anno Pont. II. 

ovverosia Sisto V Pontefice Massimo, donò a Montalto, sua carissima patria, queste sacre reliquie, come segno del suo affetto, nel secondo anno del suo Pontificato.

Nel donarlo, Sisto V limitò la sua ostensione pubblica a sole tre volte l’anno, poi ulteriormente ristretta al solo terzo giorno precedente la Pentecoste.

Per poterlo prelevare per l’esposizione servivano quattro chiavi, affidate ad altrettanti maggiorenti della città.

L’importanza per la collettività era tale che per difenderlo dalle razzie dei soldati napoleonici, messe in atto già dal 1796, ci furono vere e proprie sommosse cittadine.

L’8 aprile 1798 si assistente a un’insurrezione popolare in cui i montaltesi circondarono la cattedrale, che al suoi interno ospitava il reliquiario, chiusero le porte della città e suonarono le campane a martello per raccogliere la popolazione a difesa.

In cambio del perdono, i cittadini si autotassarono per offrire 216 pezzi duri, equivalenti alla quantità di argento necessaria a fondere due grandi candelabri.

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