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Michelangelo Pistoletto, “Con il Coronavirus ho sperimentato il vuoto”

Ottantasette anni da compiere a giugno, Michelangelo Pistoletto ha sottolineato la fortuna che ha avuto nell'incontrare operatori sanitari che lo hanno curato in tempo

Michelangelo Pistoletto è guarito dal Coronavirus. “Un’esperienza che non avevo mai pensato di poter provare. Se ne vieni fuori, come fortunatamente è capitato a me, devi pensare che sia stata utile”. Ottantasette anni da compiere a giugno, Michelangelo Pistoletto è tra gli esponenti più importanti del movimento artistico dell’ “arte povera”. L’artista è appena tornato nella sua casa di Biella, convalescente, dopo quattro settimane passate nell’ospedale della sua città.

La malattia come esperienza creativa

Anche lui è stato colpito dal coronavirus come Celant, che purtroppo non ce l’ha fatta. “Sono felice di essere vivo, ma infelice della morte di Germano”, confida in una intervista all’ANSA. L’artista ha voluto sottolineare la fortuna che ha avuto nell’incontrare operatori sanitari che lo hanno curato in tempo. “I medici sono stati davvero straordinari”. 

Pistoletto racconta l’eccezionalità dell’esperienza vissuta. “Nel letto di ospedale, senza la possibilità di essere assistito da mia moglie, da un parente, ho sperimentato il vuoto”, racconta. Un vuoto però, ragiona Pistoletto, “che esiste ed è fondamentale per creare, ma che noi, nella vita convulsa dei nostri tempi, cerchiamo sempre di coprire”. Per lui, invece, proprio quel vuoto è stato un elemento fondamentale nella ricerca creativa degli ultimi decenni, del celebre simbolo del Terzo Paradiso.

Il vuoto e il Terzo Paradiso

“Penso al mio simbolo trinamico”, dice citando il logo del Terzo Paradiso, “i due cerchi interni che si incontrano con il cerchio interno, che è vuoto, e con questo incontro creano qualcosa. Ecco: proprio quel cerchio centrale indica la presenza di un vuoto necessario per creare e per comunicare”.

Il “Terzo Paradiso” a Sarajevo per lanciare un messaggio di pace attraverso la cultura

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La performace è stata curata da Manuela Gandini, una delle ambasciatrici del Terzo Paradiso, un’opera concettuale scelta per lanciare un messaggio di pace e fratellanza

La malattia come esperienza creativa, dunque, per l’artista e non solo per lui: “Credo che dopo questa pandemia, tutti dovremo fare i conti con quello che è stato e quello che sarà, con la condizione umana. Il messaggio che con la città dell’arte abbiamo voluto mandare al mondo, oggi, alla luce di quello che stiamo vivendo, appare ancora più attuale”.

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