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Milano, Il mercante di Venezia di Shakespeare al teatro Fontana

Il Mercante di Venezia shakesperiano nella versione di Filippo Renda anima le serate del teatro Fontana fino al 26 giugno 2016

MILANO – Il mercante di Venezia shakesperiano nella versione di Filippo Renda anima le serate del teatro Fontana fino al 26 giugno 2016. Un’audace versione che omaggia il Bardo inglese nel 400° anniversario della morte di William Shakespeare. Il giovane regista presenta la versione realizzata insieme alla Produzione Elsinor: Sebastiano Bottari, Mauro Lamantia, Mattia Sartoni, Beppe Salmetti, Francesca Agostini, Irene Serini, Simone Tangolo.

IL MERCANTE – Scontro etico, sociale e culturale. Conflitto fra amicizia e amore. Potere del denaro. Lealtà e giustizia. Questi i temi portanti de Il Mercante di Venezia. Ancora una volta Shakespeare riesce a scavalcare il limite temporale e a fornirci materia per riflettere su di noi e sul nostro presente. Complice la magia di Venezia, l’allestimento del Mercante shakespeariano è spesso stato lo spunto per ricreare sontuosi scenari e lussuosi allestimenti. In questa lettura, invece, Venezia è una città annodata nell’intrico delle calli, prigioniera di un’acqua stagnante che la invade e la allaga compromettendo le condizioni igieniche e la salute psichica dei protagonisti. Venezia è, in questa messinscena, l’epicentro di un terremoto morale, al cui nucleo è collocata la presunzione umana di credersi infallibili, l’inevitabile cortocircuito tra giustizia e giustizialismo, tra ordine e vendetta. Il punto di partenza è una condizione umana di stagnazione; ma il punto di arrivo è lo scontro religioso e morale. In una Venezia malata di ristagno, il celebre personaggio di Shylock è uno di quegli archetipi shakespeariani ai quali sono attribuiti in modo quasi aprioristico tratti di immoralità e colpa. Nel suo caso, anche in quanto ebreo, è malvagio e avido. Le letture tradizionali del testo assumono questo pregiudizio acriticamente, senza mai metterlo in discussione e relegando la richiesta di penale del contratto (la famosa libbra di carne) a un mero coup de théâtre, una trovata drammaturgica geniale. Eppure, il riscatto è un indizio: Shylock non chiede denaro, ma carne; non vuole ricchezza, ma vita. L’usuraio ebreo è in scena sempre vestito di nero. Ma non perché le sue vesti riflettano la sua scura condizione morale, bensì per un fatto oggettivo: è da poco rimasto vedovo. Shylock vive lo stesso drammatico impasse di Antonio. Nella città stagnante, l’ebreo è uguale agli altri.

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