Che valore hanno le nostre azioni? Non solo quelle più eclatanti, che ci inducono a riflettere sul nostro ruolo nel mondo, ma anche le più semplici, che si perdono nel marasma o nell’abitudine del quotidiano. Con “Il corpo della mano”, il poeta cileno più amato al mondo, Pablo Neruda, riflette proprio su questo.
“Il corpo della mano” di Pablo Neruda
Una mano è un corpo,
un corpo è una mano,
cosa facciamo
con la mano del corpo
o il corpo
della mano?Raccogliamo
da terra e mare:
sappiamo
fino al fondo,
viviamo
corpo a corpo,
e mano a mano è andata la vita,
raggiungere, possedere,
toccare, intrecciare
e salutare.“El cuerpo de la mano”
Una mano es un cuerpo,
un cuerpo es una mano,
qué hacemos
con la mano del cuerpo
o el cuerpo
de la mano?Recogimos
de tierra y mar:
sabemos
hasta el fondo,
vivimos
cuerpo a cuerpo,
y mano a mano fue la vida,
alcanzar, poseer,
tocar, entrelazar
y despedir.
Il significato di questa poesia
Dove leggere “Il corpo della mano”
“Il corpo della mano”, il cui titolo originale è “El cuerpo de la mano”, è la poesia numero XXVIII di una raccolta che Pablo Neruda pubblica nel 1968. Si intitola Le mani del giorno, fa parte della produzione più matura dell’autore. La maturità e la consapevolezza si avvertono nella volontà di fare una poesia “attiva”, materica, ma anche contemplativa, in un certo senso, soprattutto nel desiderio di rileggere la memoria con gli occhi del presente.
Una poesia armonica
“La mano del corpo” è una poesia molto musicale. Lo si nota sin da una prima lettura. Il parallelismo/sineddoche fra mano e corpo dona una certa ciclicità che si rinnova, verso dopo verso, anche grazie alla dolcezza fonica del lessico scelto e alla presenza di domande retoriche.
Se all’inizio il componimento può apparire un po’ criptico, il suo significato si svela poi alla luce dei versi successivi ma anche dell’intento della raccolta in cui esso è racchiuso.
La mano, simbolo di concretezza e azione
Cos’è una mano se non la parte del corpo con cui, più di tutte, avvertiamo e manipoliamo il mondo? Con la mano tocchiamo, sentiamo, scopriamo, ma non solo. Con essa confortiamo, separiamo, uniamo, accarezziamo, scriviamo. Essa non è soltanto simbolo del nostro stare al mondo. È anche concretamente il nostro stare al mondo.
Con il suo componimento, Pablo Neruda vuole raccontare la concretezza che ha il nostro agire nei disegni dell’universo. Un universo connesso e interconnesso, che cesserebbe di esistere senza il nostro semplice, quotidiano e a volte dato per scontato, agire.
Pablo Neruda
Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, meglio noto con lo pseudonimo Pablo Neruda, nasce in Cile nel 1904 da un’umile famiglia, che cerca di garantirgli una vita serena e felice nonostante le difficoltà economiche. Pablo va a scuola e si iscrive persino all’università ma, alla fine, non riesce a portare a termine gli studi, così decide di arruolarsi nel corpo diplomatico cileno.
Così, il giovane viaggia molto, poiché presta servizio in diversi paesi negli Stati Uniti, in Europa e in Asia. Appassionato di lettere e scrittura, Pablo in Spagna fa la conoscenza di García Lorca e di Alberti, che diventano quasi una fonte di ispirazione per l’uomo, che si avvicina alla poesia modernista.
Allo scoppio della guerra civile, Neruda prende una netta posizione contro Franco, e si colloca sempre di più fra quegli intellettuali impegnati che guardano con favore al socialismo. Perciò, rientrato in Cile, aderisce al Partito Comunista Cileno e si impegna politicamente. Sono questi gli anni in cui Neruda, infatti, viene eletto senatore.
Quando la situazione politica cambia in Cile, e gli esponenti del Partito Comunista vengono esiliati, Pablo Neruda è costretto a lasciare nuovamente il suo paese per poi rientrarvi, grazie ad un’amnistia, nel 1952.
Nel frattempo, la sua produzione poetica diventa sempre più amata e celebrata, tanto che nel 1971 viene insignito del Nobel per la Letteratura. Pablo Neruda, che viene riabilitato politicamente con l’elezione del presidente Allende, muore in Cile nel 1973.