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Nicola Lagioia intervista Elena Ferrante

Il Premio Strega Nicola Lagioia ha intervistato la misteriosa autrice Elena Ferrante. Scopriamo insieme i passi più interessanti dell'intervista

MILANO – Su “La Domenica ” di Repubblica il Premio Strega Nicola Lagioia ha intervistato Elena Ferrante, la misteriosa autrice del caso letterario dell’anno, “L’amica geniale” (E/O).  L’autrice (o autore) non ha ancora svelato la sua identità perché ha voluto che a parlare fossero i suoi libri. Scopriamo insieme i passi più interessanti dell’intervista.

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UN ROMANZO MODERNO – Il Premio Strega Nicola Lagoia presenta “L’amica geniale” come preambolo introduttivo alla conversazione con Elena Ferrante, una delle penne più famose, misteriose e apprezzate in tutto il mondo nel 2015. “L’amica geniale mi sembra un romanzo di una modernità assoluta, le persone per noi davvero importanti non cessano di interrogarci, ossessionarci, perseguitarci, all’occorrenza guidarci. Anche se nel frattempo sono morte, o lontane, o se ci abbiamo litigato.” La modernità del romanzo non è il solo aspetto che ha colpito Lagioia che si concentra sulla natura dei legami riportati all’interno del libro sottolineando come attraverso quelli si possano capire quelli reali.

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LA PAROLA AD ELENA FERRANTE – “Da dove comincio? Dall’infanzia, dall’adolescenza.” Queste le parole d’esordio di Elena Ferrante che sembra voler aprirsi al suo interlocutore raccontando la sua vita a partire dalla sua infanzia. Certi ambienti napoletani poveri erano affollati, sì,  e chiassosi. Raccogliersi in sè, come si dice, era materialmente impossibile. Si imparava prestissimo ad avere la massima concentrazione nel massimo disturbo”. Elena Ferrante racconta poi se stessa senza filtri, “La solitudine più assoluta, almeno nella mia esperienza, e non solo narrativa, è sempre, come nel titolo di un libro molto bello, troppo rumorosa. Per chi scrive non c’è persona rilevante che si rassegni a tacere definitivamente, anche se abbiamo interrotto ogni rapporto da tempo per rabbia, per caso o perché il suo tempo era finito. Io nemmeno riesco a pensarmi senza gli altri, men che meno a scrivere.  E non parlo solo di parenti, di amiche, di nemici. Parlo delle altre, degli altri, che oggi, adesso, figurano soltanto nelle immagini: nelle immagini televisive o dei rotocalchi, a volte strazianti, a volte offensive per opulenza. E parlo di passato, di ciò che in senso lato chiamiamo tradizione,  parlo di tutti gli altri che sono stati al mondo prima e hanno agito e agiscono oggi attraverso di noi.”

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L’IMPORTANZA DELLO STUDIO – Importante poi sottolineare il passo in cui Elena Ferrante parla dell’importanza dello studio e affronta il tema dell’istruzione che in Italia è sempre all’ordine del giorno. Non solo, le sue parole invitano a riflettere sul futuro dei ragazzi che si laureano oggi. “Non ridurrei lo studio a solo strumento di emancipazione. Lo studio è stato soprattutto sentito come essenziale alla mobilità sociale. Nell’Italia del secondo dopoguerra l’istruzione ha cementato vecchie gerarchie ma ha anche avviato una discreta cooptazione dei meritevoli, tanto che anche chi restava in basso poteva dirsi: sono finito così perché non ho voluto studiare.  Insomma c’è stata un’ideologia dell’istruzione che oggi non funziona più. Il suo cedimento è diventato evidente: i laureati allo sbando testimoniano drammaticamente che la crisi ormai lunga della legittimazione delle gerarchie sociali sulla base dei titoli di studio è giunta a compimento. Le contraddizioni  del sistema formativo diventeranno sempre più evidenti segnandone la decadenza? Avremo una buona cultura diffusa senza più alcun nesso con il modo di guadagnarsi da vivere?  

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I MOTIVI DELL’ANONIMATO E LA SCRITTURA – Dall’intervista emergono anche i motivi per cui la scrittrice voglia rimanere nell’anonimato, con un interessante riferimento a Jane Austen, “Scrivere è un atto di superbia. L’ho sempre saputo e perciò ho nascosto a lungo che scrivevo, soprattutto alle persone a cui volevo bene. Temevo di svelarmi ed essere disapprovata. Jane Austen si era organizzata in modo da occultare subito i suoi fogli, se qualcuno entrava nella stanza in cui si era rifugiata. È una reazione che conosco, ci si vergogna della propria presunzione, perché non c’è niente che riesca a giustificarla, nemmeno il successo.”

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SULLA SCRITTURA – Elena Ferrante si apre a Nicola Lagioia e sebbene ancora non sia disposta a rivelare a tutti la sua identità, possiamo dire di conoscere gran parte del suo carattere e i tratti caratteristici della sua personalità. Ecco le sue parole nelle fasi finali dell’intervista. “Si tende a dire: non esageriamo, è solo un lavoro. Può darsi che ormai sia così. Le cose cambiano e cambiano soprattutto gli involucri verbali in cui le chiudiamo. Ma resta la superbia. Resto io che passo gran parte della mia giornata a leggere e a scrivere perché mi sono assegnata il compito di raccontare. E che non riesco ad acquietarmi dicendo: è un lavoro. Quando mai ho considerato scrivere un lavoro? Non ho mai scritto per guadagnarmi da vivere. Scrivo per testimoniare che sono vissuta e che ho cercato una misura per me e per gli altri, visto che gli altri non potevano o non sapevano o non volevano farlo. Bene, questo cos’è se non superbia? E cosa significa se non: voi non sapete vedermi e vedervi, ma io mi vedo e vi vedo? No, non c’è via d’uscita.”

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