Il verbo “accepire”, utilizzato da Pasolini, compare in diversi suoi testi, tra cui Scritti corsari (1975), e ha un significato che si allinea a quello del latino accĭpĕre, ossia “prendere”, “accogliere”, “intendere”. Pasolini, noto per il suo uso creativo e talvolta unico della lingua, attribuisce a questo verbo una particolare profondità semantica, sfruttandone la rarità e l’originalità. Tuttavia, l’uso del verbo non era occasionale: Pasolini lo aveva già adoperato nell’introduzione al Canzoniere italiano del 1955, ripubblicato poi nel 1960 in Passione e ideologia.
Il termine non è comunemente riportato nei dizionari contemporanei, suggerendo che sia rimasto una sorta di “parola d’autore” che, a differenza di altri termini pasoliniani, non ha raggiunto una larga diffusione. Ciò nonostante, l’uso di accepire da parte di Pasolini non è del tutto isolato: la forma si trova già in testi latini medievali e moderni, ed è presente, seppur raramente, in ambiti specifici come il linguaggio giuridico-amministrativo e medico, dove acquisisce un carattere tecnico.
Il verbo ha anche una certa vitalità in altri contesti, come in testi di filosofia, sociologia, musica e arte, sia anteriori sia contemporanei a Pasolini. Tuttavia, sembra che la sua relativa sopravvivenza e uso non siano direttamente collegati allo scrittore. Nonostante ciò, è curioso che molti dizionari moderni abbiano trascurato questo termine, che potrebbe invece offrire spunti interessanti per l’analisi linguistica e letteraria.
In sintesi, accepire ha radici profonde nel latino e, sebbene non diffuso nell’italiano corrente, il suo uso da parte di Pasolini e altri studiosi dimostra una continuità e una persistenza in alcuni ambiti specialistici.
Cosa è un latinismo
I latinismi sono forme linguistiche tratte direttamente dal latino, includendo parole, costruzioni grammaticali, elementi fonetici e grafici, che sono entrati nell’italiano in diversi momenti storici. È importante distinguerli dalle parole derivate dal latino, che sono completamente italianizzate e risalgono a un’origine latina.
L’italiano ha un doppio legame con il latino: da un lato, si è evoluto da questa lingua durante l’alto Medioevo, come altre lingue romanze; dall’altro, il latino ha continuato a influenzare l’italiano come una sorta di “lingua straniera”, fornendo termini e strutture in periodi successivi.
A causa di questo “doppio binario”, alcune parole italiane provenienti dalla stessa radice latina possono apparire in due forme differenti. Questi termini vengono definiti “doppioni lessicali” o, con un termine preso dalla chimica, “allotropi”, che indica varianti o esiti fonetici diversi di una stessa base etimologica. Ad esempio, dal latino solĭdu(m) derivano sia la parola italiana soldo sia il latinismo solido; allo stesso modo, da mědiu(m) derivano l’italiano mezzo e i latinismi medio e medium; infine, da arěa(m) si sviluppano sia aia sia il latinismo area.
Sin dall’antichità, il latino cristiano ha influenzato il lessico non solo nella lingua dotta, ma anche in quella comune. Il passaggio dalla tradizione latina pagana a quella cristiana ha contribuito all’introduzione e alla stabilizzazione di nuovi vocaboli e significati specifici che sono stati trasmessi senza soluzione di continuità dal mondo antico alle lingue moderne.
Molti di questi termini derivano da lingue come il greco o il semitico, e sono stati incorporati attraverso le traduzioni latine dei testi sacri o della liturgia, per poi entrare nel volgare. Alcuni esempi di questi termini sono: eucaristia, martire, apostolo, profeta, vangelo, vescovo, chiesa, pasqua. Inoltre, da uno stesso termine latino o greco-latino, in alcuni casi, si è originato un doppio esito linguistico: uno colto, come epifania, e uno popolare, come befana.