Sei qui: Home » Libri » Primo Levi e quella sua parola viva e inattuale

Primo Levi e quella sua parola viva e inattuale

Questa mattina ho ripreso tra le mani la mia tesi di laurea. Per necessitร  di ricordare. Per bisogno di riscoprire con quali occhi ho guardato uno dei miei autori preferiti. Per comprendere quanto - oggi - ho voglia di tuffarmi ancora tra le sue pagine...

Questa mattina ho ripreso tra le mani la mia tesi di laurea.
Per necessità di ricordare. Per bisogno di riscoprire con quali occhi ho guardato uno dei miei autori preferiti. Per comprendere quanto – oggi – ho voglia di tuffarmi ancora tra le sue pagine.
Ai tempi scelsi un’opera vivace nel linguaggio, per la mia solita curiosità, che tante volte mi ha permesso di imparare.
Lo spazio, quest’oggi, lo lascio a La chiave a stella.
In breve, sì, ma con gioia.

La chiave a stella” (Einaudi) di Primo Levi è un romanzo pubblicato nel 1978, che impreziosisce il filone della letteratura industriale in voga negli anni Sessanta. In ogni sua pagina lo scrittore mantiene la semplicità e la vivacità del registro colloquiale. Un libro composto da 14 capitoli, ognuno con un titolo che racconta una storia. Protagonista di gran parte dei quattordici racconti è Tino Faussone, un montatore specializzato nella costruzione di gru, ponteggi e tralicci, che racconta all’autore le avventure capitategli nel corso delle varie missioni di lavoro. Primo Levi e Faussone si incontrano alla mensa per stranieri di una fabbrica di vernici. Primo Levi dice di Tino: “ha una faccia seria, poco nobile e poco espressiva”. In tutti i racconti, la figura di Faussone emerge in maniera nitida e positiva: un uomo semplice, concreto e pieno di entusiasmo, fiero della propria professionalità, in grado di coordinare il proprio lavoro con quello degli altri e di assumersi ogni responsabilità nell’affrontare compiti difficili e pericolosi. Una peculiarità di Tino Faussone sta certamente nel suo essere distaccato dalla realtà politica e sociale italiana del suo tempo. Levi, in una intervista del 1978, spiega anche come questo possa essere un difetto del protagonista del suo racconto, ma un difetto spiegabile: Faussone viaggia, vede molti paesi, non si arrende alla realtà italiana del 1978.

In effetti, l’amore per il lavoro, risulta risulta un valore fortemente contrastante con la contestazione del decennio ’68-’78, proprio del concetto di “piacere del lavoro”.La chiave a stella è definito da Primo Levi un libro contro la “neo indifferenza” dei giovani del tempo. Una nuova indifferenza che scaturisce certamente da fattori sociali, politici, economici che “scavalcano” l’uomo. Levi spera, però, che una via d’uscita ci sia, e la propone con fermezza: il valore del lavoro. <> La chiave a stella raccoglie tra le sue pagine un reale scambio tra un narratore ed un ascoltatore, con parole schiette e dirette. Non a caso Primo Levi sceglie la parola viva, inquinata anche, a volte, dai vizi di forma, dai luoghi comuni, dai nuovi gerghi. Attraverso lo scambio tra Faussone e l’autore, si realizza il contatto tra lo scrittore ed il suo pubblico. La chiave a stella è, come asserì un giornalista Rai appena l’opera fu pubblicata, “felicemente inattuale”.

Vittoria Coppola

30 ottobre 2014

© RIPRODUZIONE RISERVATA

ยฉ Riproduzione Riservata