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L’intervista del figlio di Totò Riina in tv, il parere di Massimo Gramellini

Il commento del giornalista e scrittore all'indomani dell'intervista di Bruno Vespa al figlio di Totò Riina andata in onda ieri sera durante "Porta a Porta"

MILANO – “I «cattivi» intrigano più degli esempi positivi”. E’ quello che fa notare lo scrittore e giornalista Massimo Gramellini sulle pagine de La Stampa di oggi all’indomani dell’intervista di Bruno Vespa al figlio di Totò Riina, in uscita oggi con un libro in cui racconta la storia della sua famiglia, andata in onda ieri sera durante la trasmissione “Porta a Porta”. Ecco alcuni estratti.

“Intervistare il figlio di Totò Riina è un colpo giornalistico. Non come lo sarebbe una conversazione col padre, ma quasi. Eppure, appena lo fa Bruno Vespa, diventa subito una cosa immonda. Rosy Bindi parla di negazionismo, la sorella di Falcone è costernata e Bersani per protesta annulla la sua presenza a «Porta a Porta», gettando sicuramente nella disperazione legioni di fan.

Ma come già accadde coi Casamonica, incontrare il Male Assoluto fa parte del suo mestiere. Quale giornalista sarebbe così pazzo da rifiutare una chiacchierata col califfo dell’Isis? Fallaci, Biagi e Montanelli intervistarono tiranni e banditi alla macchia. Ora quelle interviste si studiano nelle scuole.

Ma l’importante resta non sdraiarsi sull’ospite e inquadrarlo in un contesto che non lo trasformi in eroe. Alla fine è questo il comprensibile lamento dei parenti delle vittime: che i «cattivi» intrigano più degli esempi positivi, di solito morti ammazzati e quindi nell’impossibilità di essere intervistati da Vespa.

Non è colpa sua, però, ma della natura umana. Al cinema si va più volentieri a vedere la storia di uno squalo di Wall Street che quella di un missionario d’Africa. Il bene stimola paragoni nobilitanti, ma anche maledettamente scomodi. Mentre il male ha questo di buono: che fa sentire dalla parte giusta e, al confronto, migliori.

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