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Flaubert contro Stendhal al Salone del Libro di Torino

Due stili di scrittura e di vita a confronto: Stendhal e Flaubert al Salone del Libro di Torino nella giornata di domenica

TORINO – Alessandro Piperno e Annalena Benini mettono in confronto la vita e lo stile di scrittura di due maestri della letteratura classica: Flaubert e Stendhal. Servendosi di stralci presi dal loro vissuto, come lettere o deposizioni, i due curatori analizzano a fondo il loro rapporto con la letteratura, il loro approccio alla scrittura e alla percezione di questa forma dโ€™arte intesa come lavoro, al fine di delineare due profili di individui completamente distinti, quasi agli antipodi.

Flaubert

Lโ€™ultimo estratto letto da Annalena proviene da una epistola scritta dallo stesso Flaubert alla sua amante e, da quelle poche parole cariche di emozioni, trapela un senso di disagio ossessivo che caratterizza lo scrittore. Nella lettera Flaubert confessa alla donna le difficoltร  alle quali deve far fronte per descrivere una scena di Bovary. Lo scrittore si mostra costantemente ossessionato dalla ricerca della parola giusta, della frase perfetta: niente deve essere lasciato al caso e ogni singolo aggettivo ponderato a lungo. Questa estenuante ricerca della precisione, lโ€™ossessiva cura del dettaglio non lo resero uno scrittore prolifero, scriveva una media di 50 pagine allโ€™anno, una decina di righe al giorno, ma per lui era giusto cosรฌ, perchรฉ sapeva che quelle 10 righe erano impeccabili. Le parole dovevano avere un suono nel loro insieme e il risultato doveva essere una melodia, la frase una perfetta curva armonica. La passione e lo stile che governa lo scrittore non puรฒ che incalzarlo nel Romanticismo. โ€œLโ€™ossessione di Flaubertโ€ conclude Piperno, โ€œper quanto accurata e sublime, lascia inevitabilmente una patina legnosa sulla sua opera, la finzione รจ palpabile. รˆ lโ€™assenza di spontaneitร โ€

Stendhal

Dalla descrizione di Alessandro Piperno emerge uno Stendhal completamente sconosciuto e totalmente diverso da Flaubert. La passione per la scrittura la matura in tarda etร  e questo gli impedisce di considerarla una vera professione infatti, la sua percezione della scrittura si avvicina piรน a un hobby, a un gioco. La sua vita รจ stata piena e ricca di avventura: ha lavorato per Napoleone e, sebbene il suo aspetto discutibile, pare abbia dedicato anima, corpo e gran parte della sua vita alla promiscuitร . Il titolo che piรน gli calza รจ Genio Cialtrone – spiega Piperno – si hanno prove che rubasse opere di proprietร  intellettuali di altri autori e che le rielaborasse alla meglio per poi venderle col suo nome. Questo particolare si ripercuote inevitabilmente sul suo stile e non puรฒ che renderlo un anti-romantico. Il suo stile รจ grezzo, indiscutibilmente sciatto rispetto a quello di Flaubert, tantโ€™รจ che scrisse grossolanamente โ€œLa Certosa di Parmaโ€ in 53 giorni, non curandosi minimamente del risultato finale. Il caso volle che Balzac lo recensisse elogiandone le potenzialitร , consigliando tuttavia a Stendhal di rimetterci mano per migliorarne la stesura. La risposta fu: โ€œnemmeno per sogno. Lโ€™ho scritto, mi sono divertito, adesso basta! Passo oltreโ€. Piperno conclude il suo intervento lasciando il pubblico con un quesito: ha senso dire che uno scrittore scrive male? Anche secondo l’idea Flaubertiana di stile? Prendendo come esempio le opere di due scrittori estremamente diversi: entrambi che hanno condiviso un dramma. Se questo รจ un uomo e Lolita, due opere di estrema bellezza. รˆ chiaro che Primo Levi ha una paratassi scientifica e precisa, mentre Lolita lo si potrebbe descrivere quasi barocco. Se si provasse ad invertire lo stile di scrittura dei due romanzi il risultato sarebbe sconvolgente. La storia di Levi, scritta nello stile di Nabokov diventerebbe grottesca mentre โ€œLolitaโ€ scritto come โ€œSe questo รจ un uomoโ€ sarebbe pornografia pura. La conclusione รจ che non esiste uno stile bello o brutto. Lโ€™unico stile che esiste รจ quello appropriato alla storia che si ha da raccontare.

Il punto di contatto

Lโ€™intervento si conclude con una lettura dellโ€™ultimo passo de โ€œIl tempo perdutoโ€, chiamando in causa Proust in quanto sintesi dei due grandi scrittori descritti pocโ€™anzi. Proust รจ lโ€™insieme di due mondi distinti e rappresenta la prova che persino due realtร  cosรฌ distanti tra loro possono coesistere. Nella vita privata era un mondano, un dissoluto. Cene, feste e chiacchiere fino al tardo mattino, insomma, avrebbe rappresentato appieno lo stile Stendhaliano se solo non avesse avuto la stessa ossessione di Flaubert verso lโ€™esecuzione delle sue opere. โ€œIl tempo perdutoโ€ lo scrisse da malato, quasi sul punto di morte. Fu unโ€™estenuante lotta contro la sua unica ossessione, il tempo: il tempo perduto per lui significava tutto, quello passato, quello sprecato, per errori, il tempo perduto significava unโ€™intera vita destinata a svanire, spegnersi. Ormai corroso dalla malattia polmonare sapeva che il tempo era il suo carnefice ma al tempo stesso lโ€™unica cosa che gli rimaneva per completare la sua ultima opera. Un mattino suonรฒ il campanello e lo raggiunse in camera la domestica. Lei lo vide esausto sul letto, ma col viso colmo di beatitudine: stanotte ho messo la parola fine sul mio romanzo. Adesso, posso finalmente morireโ€.

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