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Festa della Mamma, le 10 poesie più belle da dedicare alla mamma

La figura della mamma è da sempre stato uno dei temi più cari per gli artisti di tutto il mondo, soprattutto per i grandi poeti che hanno celebrato la figura della madre attraverso le loro parole...

MILANO – La figura della mamma è da sempre stato uno dei temi più cari per gli artisti di tutto il mondo, soprattutto per i grandi poeti che hanno celebrato la figura della madre attraverso le loro parole. Vi proponiamo 10 poesie appartenenti a dieci grandi autori della letteratura proprio su questo tema. Un omaggio letterario a tutte le mamme che può essere accompagnato da un aforisma speciale oppure da un libro da donare.

 

La mamma di Ada Negri

La mamma non è più giovane

e ha già molti capelli

grigi: ma la sua voce è squillante

di ragazzetta e tutto in lei è chiaro

ed energico: il passo, il movimento,

lo sguardo, la parola

 

 

Le Mani della Madre di Rainer Maria Rilke

Tu non sei più vicina a Dio

di noi; siamo lontani tutti. Ma tu hai stupende

benedette le mani.

Nascono chiare in te dal manto,

luminoso contorno:

io sono la rugiada, il giorno,

ma tu, tu sei la pianta.

Edmondo De Amicis

 

A Mia Madre di Edmondo De Amicis.

Non sempre il tempo la beltà cancella

o la sfioran le lacrime e gli affanni

mia madre ha sessant’anni e più la guardo

e più mi sembra bella.

Non ha un accento, un guardo, un riso

che non mi tocchi dolcemente il cuore.

Ah se fossi pittore, farei tutta la vita

il suo ritratto.

Vorrei ritrarla quando inchina il viso

perch’io le baci la sua treccia bianca

e quando inferma e stanca,

nasconde il suo dolor sotto un sorriso.

Ah se fosse un mio prego in cielo accolto

non chiederei al gran pittore d’Urbino

il pennello divino per coronar di gloria

il suo bel volto.

Vorrei poter cangiar vita con vita,

darle tutto il vigor degli anni miei

Vorrei veder me vecchio e lei…

dal sacrificio mio ringiovanita!

 

La madre di Victor Hugo

La madre è un angelo che ci guarda

che ci insegna ad amare!

Ella riscalda le nostre dita, il nostro capo

fra le sue ginocchia, la nostra anima

nel suo cuore: ci dà il suo latte quando

siamo piccini, il suo pane quando

siamo grandi e la sua vita sempre.

 

La madre di Giuseppe Ungaretti

E il cuore quando d’un ultimo battito

avrà fatto cadere il muro d’ombra

per condurmi, Madre, sino al Signore,

come una volta mi darai la mano.

In ginocchio, decisa,

Sarai una statua davanti all’eterno,

come già ti vedeva

quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia,

come quando spirasti

dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m’avrà perdonato,

ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d’avermi atteso tanto,

e avrai negli occhi un rapido sospiro.

 

Supplica a Mia Madre di Pier Paolo Pasolini

È difficile dire con parole di figlio

ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,

ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:

è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata

alla solitudine la vita che mi hai data.

E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame

d’amore, dell’amore di corpi senza anima.

Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu

sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:

ho passato l’infanzia schiavo di questo senso

alto, irrimediabile, di un impegno immenso.

Era l’unico modo per sentire la vita,

l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.

Sopravviviamo: ed è la confusione

di una vita rinata fuori dalla ragione.

Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.

Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

 

Vergine madre, figlia del tuo figlio di Dante Alighieri

Vergine madre, figlia del tuo figlio,

umile e alta più che creatura,

termine fisso d’eterno consiglio,

tu se’ colei che l’umana natura

nobilitasti si’, che ‘l suo fattore

non disdegnò di farsi sua fattura.

Nel ventre tuo si riaccese l’amore,

per lo cui caldo ne l’eterna pace

così è germinato questo fiore.

Qui se’ a noi meridiana face

di caritate, e giuso, intra mortali,

se’ di speranza fontana vivace.

Donna, se’ tanto grande e tanto vali,

che qual vuol grazia e a te non ricorre

sua disianza vuol volar senz’ali.

 

A mia madre di Eugenio Montale

Ora che il coro delle coturnici

ti blandisce nel sonno eterno, rotta

felice schiera in fuga verso i clivi

vendemmiati del Mesco, or che la lotta

dei viventi più infuria, se tu cedi

come un’ombra la spoglia

(e non è un’ombra,

o gentile, non è ciò che tu credi)

chi ti proteggerà? La strada sgombra

non è una via, solo due mani, un volto,

quelle mani, quel volto, il gesto d’una

vita che non è un’altra ma se stessa,

solo questo ti pone nell’eliso

folto d’anime e voci in cui tu vivi;

e la domanda che tu lasci è anch’essa

un gesto tuo, all’ombra delle croci.

 

Lettera Alla Madre di Salvatore Quasimodo

Mater dolcissima, ora scendono le nebbie, il Naviglio urta confusamente sulle dighe,

gli alberi si gonfiano d’acqua, bruciano di neve; non sono triste nel Nord:

non sono in pace con me, ma non aspetto perdono da nessuno,

 

molti mi devono lacrime da uomo a uomo.

So che non stai bene, che vivi come tutte le madri dei poeti,

povera e giusta nella misura d’amore per i figli lontani.

Oggi sono io che ti scrivo:

Finalmente, dirai, due parole di quel ragazzo che fuggì di notte

con un mantello corto e alcuni versi in tasca.

Povero, così pronto di cuore lo uccideranno un giorno in qualche luogo.

Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo di treni lenti che

portavano mandorle

e arance, alla foce dell’Imera, il fiume pieno di gazze, di sale,

d’eucalyptus.

Ma ora ti ringrazio, questo voglio, ell’ironia che hai messo sul  mio labbro,

mite come la tua. Quel sorriso m’ha salvato da pianti e da dolori.

E non importa se ora ho qualche lacrima per te, per tutti quelli  che come te

aspettano, e non sanno che cosa.

Ah, gentile morte, non toccare l’orologio in cucina che batte

sopra il muro

tutta la mia infanzia è passata sullo smalto del suo quadrante,

su quei fiori dipinti: non toccare le mani, il cuore dei vecchi.

Ma forse qualcuno risponde?

O morte di pietà, morte di pudore.

Addio, cara, addio, mia dolcissima Mater.

 

Preghiera alla madre di Umberto Saba

Madre che ho fatto

soffrire

(cantava un merlo alla finestra, il giorno

abbassava, sì acuta era la pena

che morte a entrambi io mi invocavo)

madre

ieri in tomba obliata, oggi rinata

presenza,

che dal fondo dilaga quasi vena

d’ acqua, cui dura forza reprimeva,

e una mano le toglie abile o incauta

l’impedimento;

presaga gioia io sento

il tuo ritorno, madre mia che ho fatto,

come un buon figlio amoroso, soffrire.

Pacificata in me ripeti antichi

moniti vani. E il tuo soggiorno un verde

giardino io penso, ove con te riprendere

può a conversare l’ anima fanciulla,

inebriatasi del tuo mesto viso,

sì che l’ ali vi perda come al lume

una farfalla. È un sogno

un mesto sogno; ed io lo so. Ma giungere

vorrei dove sei giunta, entrare dove

tu sei entrata

— ho tanta

gioia e tanta stanchezza! —

farmi, o madre,

come una macchia della terra nata,

che in sé la terra riassorbe ed annulla.

11 maggio 2014

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