I versi tratti dall’opera Mefistofele del letterato, librettista e compositore italiano Arrigo Boito rappresentano una descrizione sintetica ma straordinariamente efficace della ciclicità e dell’eterna mutevolezza dell’esistenza. In pochi versi, Boito condensa il senso di precarietà, bellezza e distruzione che caratterizzano il mondo e, più in generale, l’universo umano.
Questi concetti risuonano potentemente nel contesto dell’opera, in cui il personaggio di Mefistofele osserva il mondo con una visione cinica e disincantata, ma anche affascinata dalla continua danza tra creazione e distruzione.
“Ecco il mondo, / vuoto e tondo,
s’alza e scende, / balza e splende.
fa carole / intorno al sole, / trema e rugge,
dà e distrugge, / ora sterile, or fecondo,
ecco il mondo.”
Arrigo Boito e la sua descrizione del mondo
In Mefistofele, Boito, ispirato alla figura di Faust e alla sua relazione con il demonio, esplora la complessità della natura umana e del cosmo. Mefistofele, che incarna il male e il caos, vede il mondo come una giostra infinita e illusoria, in cui tutto ciò che esiste è destinato a una continua alternanza tra nascita e morte, tra creazione e annientamento. Il “mondo vuoto e tondo” è una visione simbolica della terra, sempre in movimento, sempre in una sorta di eterna rincorsa tra la vita e la morte.
La frase “ora sterile, or fecondo” riflette il contrasto costante tra momenti di ricchezza e abbondanza e quelli di vuoto e aridità, suggerendo che il ciclo della vita è irregolare e imprevedibile. Questo ciclo si ripete continuamente, senza un fine o uno scopo ultimo, rendendo il mondo una sorta di grande macchina cosmica che opera senza un vero senso o ragione, un pensiero che risuona profondamente con la visione nichilista di Mefistofele.
Il contesto dell’opera
Mefistofele di Arrigo Boito è una delle poche opere italiane che affronta il mito di Faust in modo così diretto. Basata su Faust di Goethe, l’opera si differenzia da altre interpretazioni per il suo tono filosofico e riflessivo. Boito, che oltre a essere un compositore era anche un poeta e librettista, infonde in questa opera un forte senso di drammaticità e simbolismo.
La figura di Mefistofele è centrale non solo come antagonista, ma come simbolo del disincanto, del dubbio e della ribellione contro l’ordine cosmico stabilito. Nel corso dell’opera, Mefistofele diventa una figura affascinante e ambigua, che si interroga sul significato della vita e del destino, offrendo un punto di vista alternativo alla visione tradizionale della fede e della moralità.
I versi “Ecco il mondo” offrono una sintesi brillante di questa visione. Mefistofele non vede la bellezza del mondo come qualcosa di positivo, ma piuttosto come un gioco effimero e futile, destinato a svanire in un ciclo continuo di costruzione e distruzione. C’è un cinismo palpabile in questa descrizione, ma allo stesso tempo una certa meraviglia per la vastità e la potenza del mondo stesso.
Un tema fondamentale di questi versi è la ciclicità della vita e del cosmo. Il mondo “s’alza e scende, balza e splende”, come una danza cosmica in cui tutto sembra muoversi senza un piano definito, seguendo il flusso eterno dell’energia vitale. Questa immagine del movimento perpetuo riflette la concezione del tempo come ciclico, una concezione condivisa da molte culture e filosofie nel corso della storia. In questo contesto, la vita umana è vista come parte di un processo più grande e incontrollabile, in cui il singolo individuo è solo un frammento di un meccanismo più vasto.
La frase “dà e distrugge” rappresenta il cuore di questa visione ciclica. Tutto ciò che viene creato è destinato a essere distrutto, e da ogni distruzione può nascere una nuova creazione. Questo processo non è lineare, ma piuttosto ricorsivo, e Mefistofele, come osservatore esterno, ne è sia spettatore che parte attiva.