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Una frase di Francesco Guccini sulla nostalgia della giovinezza

Leggiamo assieme questa frase di Francesco Guccini tratta dal suo libro "Dizionario delle cose perdute" in cui rammenta con nostalgia il passato.

Nel suo Dizionario delle cose perdute, Francesco Guccini ci porta indietro nel tempo, in unโ€™epoca in cui lโ€™arrivo del primo telefono fisso in casa era un evento memorabile. Oggi, immersi nella modernitร  dei cellulari e della comunicazione istantanea, รจ difficile immaginare lโ€™importanza che aveva un oggetto cosรฌ semplice, ma rivoluzionario. Eppure, la riflessione di Guccini non รจ solo unโ€™evocazione nostalgica di un tempo passato, bensรฌ un invito a riscoprire il valore delle piccole cose, della loro capacitร  di cambiare abitudini e dinamiche familiari.

Oggi, coi cellulari, il telefono fisso si usa molto meno, ma allora era unโ€™altra cosa. Anzitutto non si mise a cuor leggero, ci fu forse un dibattito casalingo (โ€œQuanta sarร  la spesa? E lui โ€“ io poi โ€“ non starร  sempre attaccato al telefono?โ€) e favorรฌ la decisione positiva il fatto che un collega di mio padre, abitante al piano di sopra, ci aveva chiesto se eravamo interessati al duplex. Questa parola, oggi credo sconosciuta ai piรน, significava praticamente avere due numeri di telefono ma una linea sola, a dire che se uno dei due telefonava lโ€™altro utente restava muto. Ma si risparmiava molto sulla bolletta.

Il telefono era nellโ€™ingresso, attaccato al muro. Non so il perchรฉ, ma non veniva messo nel soggiorno o in altra stanza. Era di bachelite, nero (i telefoni bianchi, appoggiati su un tavolino, simbolo di dissoluta ricchezza anni Trenta, erano solo preda in certi film di lascive femmine dalla dubbia professione, in vestaglia di seta e sigaretta con lungo bocchino), e a disco rotante, con filo di solito liscio ma, mi si dice, a volte anche arricciolato. Non ricordo quando il primo squillo echeggiรฒ, rumore nuovo e inconsueto e allora vagamente inquietante. Credo di essere stato io ad alzarmi precipitosamente e andare a rispondere. Che emozione fu quella di dire โ€œProntoโ€ dal primo telefono di casa?!

Francesco Guccini e il suo primo telefono in bachelite

Quando si parla di tecnologia oggi, si pensa allโ€™innovazione continua, a strumenti che diventano obsoleti nel giro di pochi anni. Ma negli anni โ€™50 e โ€™60, lโ€™introduzione di un telefono in casa non era affatto unโ€™operazione scontata. Guccini ci racconta come lโ€™acquisto del telefono fosse preceduto da un dibattito familiare: era una spesa importante e, per alcuni genitori, poteva addirittura diventare una distrazione per i figli. La decisione non veniva presa a cuor leggero, proprio perchรฉ significava aprire la propria casa a un nuovo mezzo di comunicazione, con tutte le implicazioni che comportava.

Lโ€™autore introduce poi un concetto ormai dimenticato: il duplex. Questa soluzione, oggi sconosciuta ai piรน, permetteva di condividere la linea telefonica con unโ€™altra famiglia, risparmiando sulla bolletta. Unโ€™idea di economia domestica che oggi farebbe sorridere, ma che allโ€™epoca era una scelta ragionevole per molte famiglie che cercavano di conciliare modernitร  e risparmio.

Guccini descrive con minuzia il telefono di casa sua, un oggetto che oggi potremmo trovare in un museo o in un mercatino dellโ€™antiquariato. Era un telefono fisso, nero, in bachelite, con disco rotante e filo liscio o arricciolato. La sua collocazione non era casuale: veniva spesso installato nellโ€™ingresso, come se fosse una presenza discreta ma centrale nella casa. Non si metteva nel soggiorno, nรฉ in camera da letto: il telefono doveva essere accessibile a tutti, ma non invadente.

Lโ€™immaginario legato a questo apparecchio รจ ricco di suggestioni. Guccini fa un riferimento ironico ai telefoni bianchi, simbolo di un lusso dโ€™altri tempi, presenti nei film degli anni Trenta accanto a donne affascinanti e misteriose, in vestaglia di seta e sigaretta con bocchino. Un contrasto tra la realtร  della sua famiglia e il mondo cinematografico, che rende ancora piรน vivido il racconto.

Lโ€™emozione del primo squillo

Uno dei passaggi piรน toccanti del brano รจ il ricordo del primo squillo. Un suono nuovo, inconsueto, che rompe il silenzio della casa e porta con sรฉ un misto di curiositร  e trepidazione. Guccini si rivede ragazzino, alzarsi precipitosamente per rispondere, per dire quel primo โ€œProntoโ€ che segnava un rito di passaggio, un ingresso in unโ€™era diversa.

Oggi diamo per scontato il poter comunicare in ogni momento, ma il telefono fisso aveva una ritualitร  tutta sua: bisognava aspettare lo squillo, sperare che la linea fosse libera (soprattutto con il duplex), alzare la cornetta con una certa formalitร . Il gesto stesso del comporre il numero con il disco rotante era unโ€™azione che richiedeva tempo e attenzione, in contrasto con la velocitร  del tocco sugli schermi di oggi.

Dalla magia del telefono fisso alla societร  iperconnessa

Lโ€™episodio raccontato da Francesco Guccini ci mostra quanto la tecnologia abbia trasformato le nostre vite. Un tempo, il telefono era un oggetto che univa la famiglia e che segnava una conquista; oggi, la comunicazione รจ immediata, ma spesso dispersiva. Abbiamo guadagnato in praticitร , ma forse abbiamo perso quel senso di attesa e di emozione che accompagnava ogni telefonata.

Nel racconto di Guccini si respira una felicitร  semplice e autentica, legata alla scoperta della giovinezza e alla meraviglia per le piccole cose. Un ricordo che ci invita a riflettere su quanto la modernitร  abbia reso le nostre vite piรน comode, ma anche meno capaci di stupirsi. Forse, ogni tanto, dovremmo fermarci e ascoltare il suono di un vecchio telefono fisso, per ritrovare quel senso di meraviglia che oggi rischia di perdersi nel frastuono delle notifiche digitali.

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