I versi di Charles Simic sul valore del nostro destino

15 Febbraio 2025

Leggiamo assieme questi versi di Charles Simic contenuti nella seconda strofa della poesia "canti popolari" che parlano del destino degli uomini.

I versi di Charles Simic sul valore del nostro destino

Charles Simic, con la sua poetica surreale e visionaria, riesce a condensare in poche immagini un senso profondo di fatalità e impotenza. Nei versi estratti dalla poesia Canti popolari, l’autore evoca due delle figure tragiche più emblematiche della letteratura occidentale, Edipo e Amleto, per riflettere sull’ineluttabilità del destino umano.

O re Edipo, o Amleto,
caduti come mosche
nella pentola della zuppa di cavolo,
non serve battere i pugni,
o tirar fuori la lingua.

Il destino come trappola nei versi di Charles Simic

“O re Edipo, o Amleto, / caduti come mosche / nella pentola della zuppa di cavolo”.

Simic utilizza un’immagine tanto bizzarra quanto potente: i due eroi tragici, simboli della lotta contro il fato e della ricerca della verità, sono paragonati a mosche intrappolate in una pentola di zuppa. Questa metafora trasmette un senso di impotenza assoluta: Edipo e Amleto, pur con tutta la loro intelligenza e il loro desiderio di comprendere il mondo, sono finiti in una situazione da cui non possono fuggire, proprio come mosche che si dibattono invano prima di affogare.

L’uso di un’immagine quotidiana, quasi grottesca, rafforza il contrasto tra la grandiosità dei personaggi e l’assurdità del loro destino. Simic sembra suggerire che, per quanto ci sforziamo di trovare un senso alla nostra esistenza, siamo comunque soggetti a forze più grandi di noi, che ci trascinano verso un esito già scritto.

L’impotenza della ribellione

“Non serve battere i pugni, / o tirar fuori la lingua.”

In questi versi conclusivi si percepisce un’amara ironia: i protagonisti della tragedia classica, noti per la loro lotta contro il destino e per i loro tormenti interiori, sono ridotti a esseri che si agitano invano, come chi cerca disperatamente di ribellarsi a una realtà che non può cambiare. Il gesto di battere i pugni – simbolo di rabbia e frustrazione – e quello di tirar fuori la lingua – forse un atto di sfida o un ultimo spasmo prima della fine – si rivelano del tutto inutili.

Simic ci pone di fronte alla grande domanda: fino a che punto siamo padroni del nostro destino? Edipo e Amleto hanno cercato di sfuggire alla propria sorte, ma entrambi sono stati inesorabilmente risucchiati nella tragedia che li attendeva. Anche noi, nella nostra quotidianità, possiamo sentirci intrappolati in un ciclo di eventi che sfugge al nostro controllo.

Nella letteratura classica, il destino è spesso rappresentato come una forza inarrestabile. Edipo, nel mito greco, tenta di sfuggire alla profezia che lo vuole assassino del padre e sposo della madre, ma proprio nel tentativo di evitarla finisce per compierla. Amleto, il principe danese di Shakespeare, è dilaniato dal dubbio e dal senso di giustizia, ma il suo stesso desiderio di verità lo porta a una fine inevitabile. Entrambi i personaggi incarnano l’essere umano che cerca di opporsi a un fato già segnato, solo per scoprire di non avere alcun potere su di esso.

Simic, con il suo stile minimalista e surreale, rielabora questa lezione tragica in chiave moderna. L’immagine delle mosche nella zuppa non solo demitizza i grandi eroi, ma ci costringe anche a riflettere sulla nostra stessa condizione: siamo davvero liberi, o ci stiamo solo illudendo di esserlo?

Il significato del destino nell’epoca contemporanea

Se nella tragedia classica il destino era legato agli dèi o alle profezie, oggi il concetto si è spostato su un piano più esistenziale e sociale. Viviamo in un’epoca in cui l’illusione del controllo è più forte che mai: possiamo pianificare la nostra carriera, decidere chi amare, scegliere come presentarci al mondo. Eppure, basta un evento inaspettato – una malattia, una crisi economica, un incidente – per ricordarci che il caso o la necessità giocano ancora un ruolo determinante nelle nostre vite.

Simic ci invita a guardare questa verità con un misto di ironia e rassegnazione. La sua immagine delle mosche nella zuppa ci suggerisce che il destino, più che un’entità mistica e solenne, è qualcosa di banale, quotidiano, persino assurdo. E forse è proprio accettando questa assurdità che possiamo trovare un senso alla nostra esistenza.

I versi di Charles Simic sono una riflessione potente e amara sull’ineluttabilità del destino. Attraverso immagini semplici ma evocative, il poeta ci ricorda che, come Edipo e Amleto, anche noi siamo parte di un disegno che non possiamo sempre comprendere né controllare. Possiamo battere i pugni, possiamo ribellarci, ma alla fine il nostro percorso potrebbe essere già tracciato. Resta a noi decidere come affrontarlo: con disperazione, con ironia, o con la consapevolezza che, in fondo, anche le mosche nella zuppa fanno parte del grande spettacolo della vita.

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