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Robert Doisneau, il poeta della fotografia

Grande maestro della fotografia, Robert Doisneau è il rappresentante più famoso della cosiddetta 'fotografia umanista'

MILANO – Oggi il mondo della fotografia ricorda Robert Doisneau, nato a Gentilly nel 1912. Grande maestro della fotografia, Doisneau è il rappresentante più famoso della cosiddetta ‘fotografia umanista’, ossia quel tipo di sensibilità visiva che pone l’accento sulla condizione disagiata dell’uomo nella società. Tra i fotografi più amati del XX secolo, tra i suo scatti più noti ricordiamo il ‘Bacio davanti all’hotel De Ville’ del 1950.

Gli inizi

Nasce il 14 aprile del 1912 a Gentilly, un sobborgo di Parigi che segnerà profondamente la sua estetica e il suo modo di guardare le cose. Diplomatosi incisore litografo alla scuola di Estienne decide di abbandonare quella strada per gettarsi nella realtà viva e cruda delle periferie, dimensione che all’epoca nessuno considerava. Sceglie poi di utilizzare un mezzo d’espressione al tempo ancora guardato con un certo sospetto: la fotografia.

Robert e la fotografia

Di fronte ad un quadro simile, in cui nella cultura ufficiale dominava l’ostilità e l’incomprensione per questo genere di produzione artistica, Doisneau tira diritto, spinto dalla sua voglia di guardare le cose da un punto di vista non convenzionale e profondamente convinto del valore documentale e artistico dello scatto. Negli anni trenta sceglie dunque definitivamente che quella sarà la sua strada. Lo sforzo maggiore è quello di donare dignità e valore alla fotografia, cercando di svincolarla da una considerazione meramente ‘professionale’, occupandosi in primo luogo di soggetti che non interessavano a nessuno e che non avevano nessun valore commerciale. I suoi committenti di allora, infatti, si chiamavano Renault, Vogue, ecc. ma sono ben presto abbandonati in favore dell’Agenzia Rapho. La collaborazione con l’agenzia comincia nel 1946 e durerà tutta la vita, per quasi cinquant’anni, fino alla fine della sua vita.

Parigi

Soggetto privilegiato del fotografo: Parigi. Produce una serie di scatti innovativi, geniali e dominati da una forte carica umana: sono le immagini che lo hanno reso celebre. Quello che colpisce i fruitori e gli operatori del settore è che non si tratta di una Parigi convenzionale, quella che domina negli ambienti della pubblicità, della moda, dei giornali o del cinema ma è una Parigi di piccola gente, di arie di fisarmonica, di grandi e bambini, i cui sguardi trasudano umanità e tenerezza.
Tra le produzioni di questo periodo si possono citare le celebri ‘Banlieues’ tra le quali spicca la storica ‘Banlieue la nuit’ del 1947, a quelle dedicate ai bambini: ‘Le dent’ (1956), ‘Les Frères’ (1934), ‘Les petits enfants au lait’ (1932). Immancabili i celebri ‘baci’ da ‘Le baiser de l’hôtel de ville’ a ‘Baiser blottot’ e al ‘Baiser valsé’ anch’essi datati 1950.

Lo stile

Inoltre, il suo modo di lavorare poco convenzionale e fuori dagli schemi della ‘professionalità’ generalmente accettata, si dimostra anche nel suo stile. La sua carica interiore possiamo capirla ascoltando direttamente le sue parole: ‘un fotografo animato dal solo bisogno di registrare quello che lo circonda non aspira a ottenere risultati economici e non si pone i limiti di tempo che ogni produzione professionale comporta’. Per lui la fotografia è prima di tutto un bisogno privato, un ‘desiderio di registrare’, il soddisfacimento di una necessità che toglie al suo lavoro ogni elemento di calcolo e ogni ricerca di perfezionismo sterile. Le foto circolano prima tra le persone a lui vicine e vengono utilizzate dagli amici qualora ne abbiano bisogno.

Il tempo, il suo dilatarsi e compenetrarsi con il suo essere fotografo è forse insieme all’istinto, una delle note dominanti del suo lavoro. L’artista preferiva essere definito poeticamente come un ‘pescatore di immagini’ e sentiva la necessità di immergersi completamente nella realtà. Come in un suo tragico scatto, stavolta malriuscito, il grande fotografo scompare ultraottantenne nel 1994, avendo coronato il suo sogno, insieme ad altri eminenti colleghi, di dare un valore e una dignità alla fotografia che prima non aveva.

 

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