In occasione dell’anniversario dalla nascita di Leonardo da Vinci, avvenuta il 15 aprile del 1452, il noto critico d’arte Luca Nannipieri, autore dei libri “Raffaello” e “Capolavori rubati” pubblicati da Skira, ci spiega le ragioni della fama universale di Leonardo.
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Perché Leonardo è considerato un artista senza tempo
Per amore della conoscenza, occorre deludere subito i nostri lettori, che sono nati al suon di Leonardo da Vinci icona assoluta della modernità. Ebbene, per 4 secoli, lui era considerato certamente “mirabile e celeste” (Giorgio Vasari), ma era amato, studiato, copiato e dunque appreso soltanto dalla ristretta cerchia dei conoscitori dell’arte. Soltanto dopo il furto della Gioconda dal Louvre di Parigi, nell’agosto 1911, ad opera dell’imbianchino Vincenzo Peruggia, iniziano le file dei turisti a vedere l’opera che non c’è più, lo spazio vuoto lasciato dall’opera trafugata. Soltanto dopo il furto – dovremmo dire ahimè grazie al furto – Leonardo e la Gioconda sono iniziati a diventare quei miti popolari e presto planetari, conosciuti anche da chi non ha la minima nozione di arte. Il gesto velleitario, patriottico, quasi futurista dell’imbianchino Peruggia, che portò la Gioconda fino a Firenze, per fortuna risolto nel giro di pochi anni con la riconsegna al museo parigino, ha innescato la mitologia totalizzante, divinatoria, idolatrica, feticistica di Leonardo che possiamo vedere oggi. Se, ai nostri giorni, vediamo la faccia di Monna Lisa ovunque, anche sulla carta igienica, si deve all’atto criminale di questo strano pazzerello italiano che ha trasformato un autore d’élite nell’immagine stessa dell’arte di tutti i tempi.
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Che cosa ci insegnano le opere di Leonardo
Leonardo può ancora dirci qualcosa di umano? Il rischio è che non ci insegni più nulla di diverso dalla sua acritica idolatria. Se ne sta lì, nell’altissimo, dove lo abbiamo messo, tra gli immortali assoluti dell’umanità, ad una distanza dai comuni mortali così incolmabile che alla fine il rischio è proprio quello: che non riesca a dirci più nulla che sentiamo vivo. Perché questo è il pericolo: che la separazione tra la sua mitizzazione e la nostra vita sia così estrema che lo si lascia tra gli dei dell’Olimpo e arrivederci. Celebrarlo come il più grande genio dell’intera umanità, icona assoluta dell’arte, del talento, della scienza, dell’intelletto applicato a tutto, significa di fatto far sentire noi così vermi nei suoi confronti che non vale neanche la pena perdersi nel confronto.
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Che impronta ha lasciato nell’arte successiva
Paradossalmente la modernità, che lo ha reso icona mondiale, è il tempo in cui si apprende meno Leonardo. Tutti riconoscono la Gioconda, ma non sanno dirti altro. Cioè è una conoscenza senza fondamenti, senza applicazione. Un po’ come quando i bambini delle scuole elementari ti chiedono se la Francia sta in Italia: sanno queste due parole “Francia” e “Italia”, ma non sanno dar loro consistenza, realtà. Possiamo dire che, per 4 secoli, Leonardo era ignorato dalla maggioranza delle persone, ma l’élite lo conosceva e lo tramandava; oggi la quasi totalità delle persone nel mondo riconosce la Gioconda ma non sa null’altro che riconoscerla. Il mito ha moltiplicato l’immagine di Leonardo, non il suo approfondimento.
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Un’opera simbolo di Leonardo da conoscere
Alla Galleria Nazionale di Parma è musealizzato uno dei lavori più strabilianti di Leonardo, “La testa di fanciulla, detta la Scapiliata”, e non ci va quasi nessuno a vederlo. Appena finisce il coronavirus, andateci. Vi innamorerete perdutamente di questa fanciulla del primo decennio del Cinquecento: è un piccolissimo quadro, 24,7 cm per 21, in terra d’ombra, ambra inverdita e biacca su tavola. Se lo poteste prendere, vi starebbe sul palmo di una mano e sentireste così quanto è leggero e potente il peso di un quasi Dio.