Non è un caso se Monreale, dal 20 giugno sino all’8 dicembre ospita la mostra “Da Picasso a Warhol. La ceramica dei grandi artisti“. La città siciliana vanta infatti un’antica ed affermata tradizione ceramica ed ora promuove, attraverso l’Assessorato ai Beni Culturali in collaborazione con la società produttrice Renaissance srl, e la cura di Vincenzo Sanfo questa esposizione allestita nella Sala Novelli del Complesso Monumentale normanno Guglielmo II.
Spesso dimenticata e considerata marginale, la ceramica d’artista rappresenta, invece, all’interno del panorama delle arti visive del Novecento, uno spazio sorprendente sospeso tra l’eredità artigianale e la volontà di sovvertire i confini convenzionali tra le discipline.
La mostra di Monreale indaga il rapporto tra alcuni dei maggiori protagonisti dell’arte moderna e contemporanea e l’universo plastico e tattile della ceramica, inteso come vero e proprio luogo di sperimentazione linguistica. Le oltre cento opere in mostra si susseguono secondo un criterio non cronologico ma dialettico, inteso a valorizzare le convergenze e le tensioni tra poetiche, territori e genealogie culturali.
Perché visitare la mostra: l’esperienza ceramica dei più importanti artisti del Novecento
E’ Pablo Picasso a inaugurare questo percorso: la sua esperienza a Vallauris segna un punto di svolta non soltanto per la sua opera ma per la percezione stessa della ceramica nel mondo dell’arte. All’interno delle fornaci dei coniugi Ramié, immerse nel paesaggio collinare del Midi francese, Picasso scopre un alfabeto formale nuovo, un repertorio di gesti e superfici che gli consente di coniugare la spontaneità grafica con la tridimensionalità scultorea.
La presenza di Jacqueline Roque, che diventerà sua compagna di vita, accompagna questa fase intensamente produttiva, suggerendo come anche la biografia amorosa possa coinugarsi con l’atto creativo. La lezione di Picasso non si esaurisce nella sua opera, ma influenza anche la generazioni successive, costituendo una matrice da cui si diramano esperienze tra loro profondamente eterogenee.
Nel campo delle avanguardie storiche, la ceramica diviene un terreno d’indagine per Sonia Delaunay e Marc Chagall, nei quali la decorazione pittorica si estende naturalmente all’esperienza sulla superficie vascolare, senza perdere il suo slancio lirico ed emotivo.
In tutt’altra direzione si muovono figure come Andy Warhol e Salvador Dalí, entrambi presenti in mostra, i quali introducono nella ceramica le inquietudini e le ironie della cultura di massa e del sogno del surrealismo: da una parte in Warhol, l’oggetto ceramico si carica di ambiguità pop, dall’altra in Dalí esso diventa un modo di rappresentazione dell’assurdo e del sogno.
Uno sguardo globale sulla produzione ceramica
Nell’allestimento di Monreale è presente anche l’Italia del secondo Novecento : da Salvatore Fiume, autore di una narrazione epica e mitica a Luigi Mainolfi , che recupera una dimensione preindustriale del fare artistico. Marco Lodola e Marco Nereo Rotelli sono invece più vicini alle istanze postmoderne ed utilizzano la ceramica come elemento integrativo del loro vocabolario visivo, rispettivamente giocato sulla luminosità delle forme e sull’incrocio tra parola e materia.
Un posto di rilievo è riservato alle esperienze femminili, che, pur nella diversità dei linguaggi, testimoniano un approccio radicale e consapevole alla ceramica. Si parte da Marina Abramović, presente con lavori in cui l’oggetto ceramico è investito di una funzione rituale tra corpo e materia, mentre Yayoi Kusama esaspera la superficie sino alla vertigine percettiva. Louise Bourgeois, invece, lavora sulla memora ed infine Paola Gandolfi e Jenny Holzer impiegano la ceramica come spazio linguistico e narrativo, volto a ospitare rispettivamente la figurazione intima e il discorso civile.
La mostra dedica poi un ampio spazio a culture artistiche che, pur inserite nel sistema globale dell’arte contemporanea, mantengono un forte radicamento territoriale. In particolare, la presenza di Ai Weiwei, Pan Lusheng, Zhang Hong Mei e Xu De Qi testimonia come in Cina la ceramica non sia mai stata relegata a una funzione ornamentale, ma conservi ancora oggi un prestigio tecnico e simbolico che gli artisti contemporanei assumono e rielaborano criticamente.
Un percorso simile, ma interpretato secondo codici iconografici differenti, è quello che emerge dalle opere dei maestri sudamericani: l’argentino Nicolás Leiva, il colombiano Darío Ortíz, il messicano Gustavo Aceves e il cubano José Bedia condividono un interesse profondo per le matrici precolombiane, che si traduce in una riattivazione del mito, del simbolo e della struttura cerimoniale dell’oggetto artistico.
A completare questo ampio orizzonte si collocano figure centrali dell’arte urbana e concettuale nordamericana come Jean-Michel Basquiat, Keith Haring e Sol LeWitt, ognuno dei quali, a suo modo, affronta l’esperienza ceramica secondo una poetica diversa: in Basquiat e Haring è un supporto per la grafia istintiva e il segno urbano, mentre in LeWitt essa è attraversata dalla serialità e dalla logica modulare che contraddistingue il minimalismo concettuale.
La mostra dunque non è semplicemente una rassegna antologica ma rappresenta, nel suo insieme, da un lato la molteplicità di approcci che la ceramica ha assunto nella cultura artistica degli ultimi due secoli, dall’altro il rapporto con il territorio ospitante, che da sempre conserva una tradizione ceramica radicata, in particolare nelle aree dell’Italia meridionale e centro-settentrionale. La ceramica dunque è anche un luogo di mediazione tra culture, linguaggi e temporalità, in un momento storico in cui la riflessione sulla materia, sul gesto e sulla manualità torna al centro del discorso artistico contemporaneo.