Questi versi, tratti dalla poesia Il Tiremmolla di Thomas Eliot, ci conducono nel mondo dei gatti secondo l’immaginazione ludica e raffinata del grande poeta anglo-americano. Lontano dalle sue celebri e cupe riflessioni esistenziali di opere come The Waste Land o Four Quartets, Eliot mostra qui il suo lato più giocoso e surreale, contenuto nella raccolta Old Possum’s Book of Practical Cats (in italiano: Il libro dei gatti tuttofare), pubblicata nel 1939. Una raccolta di poesie umoristiche dedicate ai gatti, scritta originariamente per i nipotini dell’autore e poi divenuta la base per il celebre musical Cats di Andrew Lloyd Webber.
“Il Tiremmolla è un gatto decisamente un po’ strano:
quando gli offrite un volatile preferirebbe un fagiano.
Se gli date una casa vuole un appartamento,
e se lo fate scegliere, lui non è mai contento.
Però la cosa più assurda di questo assurdo gatto
è che vi chiede un topo e poi vorrebbe un ratto.
Sì il Tiremmolla è un Gatto decisamente un po’ strano,
ed è del tutto inutile sgridarlo:
lui alla fine fa
solo quel che gli va
e non c’è nessun modo di cambiarlo.”
Un Thomas Eliot inaspettato
Il personaggio del Tiremmolla (nell’originale inglese The Rum Tum Tugger) è un piccolo capolavoro di ironia e osservazione caratteriale. È, come il suo nome suggerisce, un essere pieno di contraddizioni: quello che ha non gli basta mai, quello che vuole cambia appena glielo si dà. Il tono giocoso dei versi si appoggia su un ritmo incalzante e rime baciate che rendono la poesia estremamente musicale, quasi una filastrocca. Ma sotto questa superficie leggera si cela una verità psicologica non da poco: Tiremmolla non è solo un gatto, è una piccola allegoria dell’irrequietezza umana.
Il ritratto del Tiremmolla è costruito con attenzione: ogni verso aggiunge un dettaglio del suo capriccio, della sua insoddisfazione costante. Offrigli un volatile? Lui vuole un fagiano, qualcosa di più. Dargli una casa? Preferisce un appartamento. Fargli scegliere? Si scopre che non voleva davvero scegliere. La sua assurdità non è tanto nel desiderio in sé, ma nel cambiamento continuo del desiderio: non appena qualcosa gli viene dato, diventa già superato.
Il culmine dell’assurdo è raggiunto nel verso centrale: “vi chiede un topo e poi vorrebbe un ratto.” È la quintessenza del Tiremmolla: chiedere qualcosa solo per rifiutarla subito dopo, non per capriccio puro, ma per una disposizione ontologica all’incontentabilità. Il tono divertito dell’autore, mai moralista, ci aiuta a simpatizzare con il gatto, nonostante (o forse proprio grazie a) le sue stranezze.
La chiusa della poesia è particolarmente incisiva e potrebbe valere come descrizione di molti esseri umani: “lui alla fine fa / solo quel che gli va / e non c’è nessun modo di cambiarlo.” Il gatto qui rappresenta una forza anarchica, indipendente, fuori dalle regole. In questo senso, Eliot gioca con lo stereotipo felino per eccellenza: i gatti fanno ciò che vogliono, non rispondono alle aspettative altrui e sembrano muoversi in un mondo parallelo dove il padrone è tollerato, non rispettato.
Il tono apparentemente infantile della poesia è un raffinato travestimento. Il Tiremmolla ci parla anche dell’impossibilità di modificare certi tratti del carattere, dell’insensatezza di volere correggere qualcuno che ha un temperamento volubile, capriccioso, ma autentico. Eliot non propone una soluzione, non chiede rassegnazione, ma si limita a osservare con distacco e affetto questo fenomeno caratteriale. Dietro il sorriso, c’è una domanda: quante volte noi stessi ci comportiamo come il Tiremmolla?
Una riflessione sulla libertà e sull’indipendenza
C’è anche un aspetto profondamente legato alla libertà individuale in questi versi. Il Tiremmolla, nella sua incostanza, difende la sua libertà interiore: quella di non essere costretto a nulla, nemmeno alla coerenza. Nel fare “solo quel che gli va” c’è un’affermazione identitaria potente. È come se Thomas Eliot, attraverso l’umorismo, ponesse una domanda importante: che valore diamo alla coerenza? È davvero così nobile saper sempre ciò che si vuole, o non è forse più vero lasciarsi guidare da un impulso mutevole, da un desiderio che cambia?
In questa apparente leggerezza poetica si annida dunque una riflessione più ampia sull’essere umano moderno, sulle sue oscillazioni emotive, sulle sue insoddisfazioni croniche e sul diritto a non essere catalogabili. Il Tiremmolla è un simbolo dell’individuo che sfugge a ogni tentativo di semplificazione.
La poesia Il Tiremmolla di Eliot ci fa ridere, ma anche pensare. Attraverso un gatto stravagante e imprevedibile, ci mostra quanto siamo spesso in balìa dei nostri stessi desideri, quanto sia difficile volere una cosa sola, e quanto ci somigli la creatura che alla fine “fa solo quel che gli va”. È un invito sottile all’accettazione dell’altro, così com’è, e anche di noi stessi, nelle nostre stranezze e nelle nostre incongruenze. In fondo, il Tiremmolla è solo “un po’ strano”. Ma chi non lo è?