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Il giardiniere LXXIV (1913) di Tagore, la felicità non è ricchezza e potere

Scopri il vero valore della felicità grazie a "Il giardiniere LXXIV", il canto di Rabindranath Tagore contro l'avidità e favore del rispetto degli altri.

Il giardiniere LXXIV, che alcuni danno il titolo di Felicità, di Rabindranath Tagore è una poesia che fa riflettere sui veri valori che governano la gioia umana.

Di fronte all’Assoluto siamo tutti uguali afferma il poeta bengalese, nella convinzione che per trovare la vera gioia bisogna saper agire nel rispetto di sé stessi e degli altri. Gli avidi e i prepotenti sconteranno le loro colpe nel momento in cui si troveranno a fare il bilancio delle loro azioni.

Felicità è il LXXIV canto della raccolta poetica de Il Giardiniere di Rabindranath Tagore, il viaggio lirico del grande genio nato a Calcutta che fu Premio Nobel per la letteratura nel 1913, propio nell’anno in cui fu pubblicata l’opera.

Leggiamo questa illuminante poesia di Rabindranath Tagore per coglierne l’importante significato.

Felicità – Il giardiniere LXXIV di Rabindranath Tagore

Nella sala delle udienze del mondo
il minuscolo filo d’erba sarà seduto
sullo stesso tappeto del raggio di sole
insieme alle stelle di mezzanotte.
E anche i miei canti
saranno su quel tappeto
danzando con la musica delle nubi e delle foreste.

Ma tu, uomo avido e potente,
sappi che la tua ricchezza
non avrà parte nella semplice grandiosità
del gioioso oro del sole
e del tenero riflesso della luna.

La felicità celeste
che tutto abbraccia
non è versata sulla ricchezza.
E quando compare la morte,
essa impallidisce
appassisce
e si sbriciola in polvere.

La felicità non è essere ricchi e potenti, ma amare tutto ciò che ci circonda

Felicità è una poesia di Rabindranath Tagore che esplora la vera natura della gioia. Il poeta sottolinea come la ricchezza materiale e il potere non sono sinonimo di gioia e benessere, come in molti pensano, anzi se non vengono esercitato con il dovuto ripetto nei riguardi del prossimo, di fronte all’Assoluto, non ci sarà nessuna gioia futura.

L’avidità e il potere sono entità che seppur sembrano garantire tutto, seguendo il pensiero di Tagore la ricchezza non può partecipare alla grandiosità della natura né alla felicità celeste, e alla fine si dissolve con la morte.

L’essenza del messaggio è che il rispetto del prossimo, la tolleranza, la generosità sono l’unica opportunità che gli esseri umani hanno per attivare al giorno del saluto terreno con un enorme sorriso da esibire.

Un concetto vicino a quasi tutte le religioni e alla poesia mistica, in cui l’amore universale è l’unica forza che può garantire l’eterna gioia.

Di fronte all’Assoluto siamo tutti uguali

La poesia inizia l’immagine “della sala delle udienze del mondo”, una sorta di mega hall dove tutta l’umanità s’incontra. UìIn questo luogo ideale tutti gli esseri hanno lo stesso valore. Il filo d’erba, “minuscolo e fragile” di fronte all’Assoluto ha lo stesso valore del raggio di sole e delle stelle di mezzanotte, ovvero di tutte le cose che sembrano brillare di luce e potenza.

Tagore sottolinea che nell’armonia universale, non ci sono gerarchie basate sulla grandezza o sulla forza. Ogni elemento presente in natura, tutti gli esseri viventi nessuno escluso è parte di un equilibrio perfetto. Che immagine meravigliosa, se ci pensiamo Francesco D’Assisi sembra esprimere lo stesso concetto.

I canti del poeta si uniscono all’armonia universale fanno parte della grande danza cosmica. La vera bellezza non risiede nella materialità, ma nella capacità di armonizzarsi con il ritmo dell’universo. Per Tagore, la bellezza autentica è quella che sgorga spontaneamente, come un canto che si mescola al vento e agli alberi.

Il poeta vuole sottolineare che tutti gli elementi della creazione, dal filo d’erba alle stelle, condividono lo stesso spazio nell’universo. Nessuno è più importante dell’altro.

La ricchezza non è garanzia di felicità

Il poeta si rivolge direttamente all’uomo avido e potente, segnando un netto contrasto tra l’armonia che porta con sé la vita e la vanità della ricchezza materiale. Il gioioso oro del sole e il tenero riflesso della luna sono immagini di bellezza e pienezza che non possono essere possedute né comprate.

La critica alla ricchezza non è solo economica, ma esistenziale. Chi è ossessionato dall’accumulo di beni perde la possibilità di godere della vera grandiosità della vita. L’avere non porta necessariamente all’essere.

Di fronte alla fine della vita qualsiasi potere non serve a nulla

Per il poeta bengalese la felicità vera è universale e incondizionata, non dipende dalla ricchezza. Tagore sottolinea l’illusorietà del potere materiale.

Di fronte alla morte, la ricchezza diventa inutile e si dissolve. L’uso dei verbi impallidisce, appassisce, si sbriciola richiama il decadimento della materia, simile a quello di un fiore che perde la sua vitalità con il passare del tempo.

Tagore invita a riflettere su cosa sia davvero importante nella vita. Non ciò che possediamo, ma ciò che siamo e il nostro rapporto con tutto ciò che ci circonda è la vera bellezza intangibile del mondo.

La ricchezza scompare con la morte, mentre la bellezza della natura e l’armonia con essa sono eterne.

Possiamo concludere dicendo che Rabindranath Tagore ci offre una visione della felicità come qualcosa di semplice, naturale e universale. La vera gioia non si trova nella ricchezza materiale, ma nella capacità di essere in sintonia con il mondo, con l’arte e con la bellezza spontanea della vita.

Il suo messaggio è profondamente spirituale e ci invita a riflettere su ciò che conta davvero. La vera forza non è il potere o il possesso, ma la capacità di percepire e godere della meraviglia di tutto ciò che la vita riesce a donare.

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