Stagioni di Natalia Ginzburg è una splendida poesia sulla memoria e sulla capacità di guardare al presente e al futuro facendo tesoro di tutto ciò che il passato è in grado d’insegnare. Una poesia che è una spinta a saper rinascere tutti i giorni della vita, in un ciclo continuo di esperienza utile per affrontare la vita.
Stagioni fu scritta da Natalia Ginzburg agli inizi del 1941, mentre si trovava a Pizzoli, in Abruzzo, dove seguì il marito Leone Ginzburg, che vi era stato mandato al confino politico. Fu pubblicata sulla rivista Darsena Nuova nel 1946.
Leggiamo questa meravigliosa poesia di Natalia Ginzburg che ci fa scoprire una poarte della vita della scrittrice e ci dona un messaggio di grande significato.
Stagioni di Natalia Ginzburg
Chi ha dimenticato l’inverno
Non merita la primavera,
Chi ha dimenticato la campagna
Non deve camminare in città.
La ragazza usciva sola
E amava camminare in silenzio:
Siccome non portava il cappello
Riusciva sgradita alla gente.
Le sue spalle curve e magre
Dicevano: io non voglio nessuno;Io voglio soltanto
Camminare in città.
Chi non riconosce il volto
Della passione, non deve
Non deve esistere al mondo.
La ragazza che fumava, sdraiata
Sul divano, che taceva sola,
Non bisogna dimenticarla
Se pure è finito il suo tempo,
Se il suo corpo ha dato dei figli
Come una donna può fare.
Chi ha veduto il cielo al tramonto
Non deve dimenticare il mattino,
Poiché la vita che ci è data
È questa: morire e nascere,
Nascere e morire, ogni giorno.
La ragazza che usciva in silenzio
Non c’è più, ma forse i suoi figli,
Nati dal suo corpo, un giorno
Vorranno uscire da soli,
In silenzio, a sfidare la gente.
Imparare da tutte le stagioni della vita per diventare migliori
Stagioni è una poesia di Natalia Ginzburg che rivela l’esperienza autobiografica della scrittrice che da ragazza divenne madre e che conobbe l’esperienza del confino per motivi politici e razziali, seguendo il marito Leone in Abruzzo dal 1940 al 1943.
La ragazza Natalia Levi infatti aveva sposato Leone Ginzburg nel 1938, firmando da quel momento le sue opere con il cognome del marito.
Quell’esperienza di giovane donna che diventa madre e che è costretta a dover cambiare vita, si respira totalmente nei versi della poesia.
Stagioni è una poesia sul rispetto della propria storia, sulla dignità del dolore, sulla libertà individuale e sulla continuità tra le generazioni. È anche un inno sommesso ma potente alla dignità e all’identità femminile. La ragazza che sfidava la società diventa madre, ma non perde valore. il suo spirito vive nel desiderio di libertà dei suoi figli.
Il significato della poesia
Stagioni inizia con un chiaro invito alla memoria “Chi ha dimenticato l’inverno/Non merita la primavera” dove è chiaro il riferimento al fatto che bisogna sapere imparare dalle esperienze negative, alle sofferenze che la vita pone davanti. E quindi per rinascere, la primavera appunto, per ritrovare la gioia, la felicità, la serenità bisogna appoggiarsi a ciò che è stato.
Poi protagonista diventa la “ragazza” e qui si evince che fa riferimento alla sua vita passata, e dalle caratteristiche che l’autrice esprime della giovane, emerge lo spirito ribelle, libero e allo stesso tempo fragile e vulnerabile.
“La ragazza solitaria”, che cammina in silenzio, non porta il cappello, fuma, tace è espressione della personalità di Natalia Ginzburg. Le sue spalle curve e magre raccontano della forza interiore che si esprime nel desiderio di autonomia,”Io voglio soltanto / camminare in città.”
E come se l’autrice volesse rivendicare la voglia di manifestare la sua esistenza, di ribellarsi alle condizioni di annullamento che molte volte la società impone e affermare sé stessa così com’è.
L’ultima parte della poesia si apre a una visione più ampia, la ragazza ha avuto figli, è cambiata, eppure non va dimenticata. Il suo spirito vive forse nei figli che un giorno “vorranno uscire da soli, / in silenzio, a sfidare la gente.” La vita è presentata come un ciclo continuo di “morire e nascere”, ogni giorno, in un eterno ritorno dove ogni stagione ha un senso e una dignità.
Una lezione da non dimenticare
Quando ci guardiamo indietro, dice Natalia Ginzburg, ci autodeterminiamo riconoscendo il nostro passato. Le nostre scelte, i nostri desideri e i nostri errori, persino i rimpianti e i rimorsi che ci portiamo dietro, ci rendono ciò che siamo oggi.
Il componimento, suddiviso in due strofe di lunghezza diseguale, si snoda attraverso due percorsi fondamentali intrecciati fra di loro: si alternano, infatti, momenti in cui l’autrice invita a non dimenticare il passato e a non avere rimorsi, usando diverse metafore – “Chi ha dimenticato l’inverno/non merita la primavera […] Chi ha dimenticato la campagna/non deve camminare in città” – e momenti in cui affiorano dei veri e propri flashback in cui è incastonata la figura di una ragazza solitaria, anticonformista, che ormai è solo passato, ma che non dev’essere dimenticata, perché lei non c’è più, “ma forse i suoi figli,/nati dal suo corpo, un giorno/vorranno uscire da soli,/in silenzio, a sfidare la gente”.
Una poesia profonda, che tratta il topos del tempo che passa – le “stagioni” del titolo” in modo originale e personale.
Il tempo non scorre immotivato, la vita non ci abbandona mai del tutto. Anche quando sembra che tutto sia finito, che la nostra esistenza sia giunta al termine, noi, le nostre parole, le nostre azioni e i nostri pensieri sono destinati a sopravvivere, a germogliare nella vita degli altri, di chi verrà dopo di noi.