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Piergiorgio Odifreddi, “Così Keplero inventò la fantascienza”

L'autore del libro "Dalla terra alle lune" spiega in che modo è riuscito a prendere un classico come Keplero e renderlo leggibile a un pubblico contemporaneo

PORDENONE – Dalla terra alle lune (Rizzoli) appena uscito in libreria è il viaggio cosmico che Piergiorgio Odifreddi compie assieme a Plutarco, Keplero e Huygens, conservando però nella memoria Jules Verne naturalmente.

RENDERE CONTEMPORANEO UN CLASSICO – “E’ un’operazione culturale – spiega il matematico – simile a quella già intrapresa con Lucrezio, ossia prendere un classico per renderlo leggibile a un pubblico contemporaneo. Con Plutarco scopriamo quanto i Greci sapessero di meccanica e di ottica. Questa vasta conoscenza permise loro non solo di spiegare correttamente le eclissi e le maree, ma anche di affrontare scientificamente una serie di fantasiose problematiche umanistiche a proposito della Luna, dalla presenza dei mari all’esistenza dei Seleniti, partendo da una semplice domanda: perché la Luna ci appare come un volto umano?

IL SOGNO DIMENTICATO DI KEPLERO – Tra Plutarco, Eraclito, l’oscuro, che si immaginava la luna come una scodella con dentro il fuoco, Parmenide che scoprì le fasi della luna, si arriva sino a Keplero che lesse, divertendosi molto, un breve dialogo di Plutarco e si chiese come potesse apparire la terra dalla luna. “Nella fiction – spiega Odifreddi – questa possibilità esisteva già grazie a Luciano e ad Ariosto, ma non nella scienza.  Keplero diede la risposta corretta, oggi confermata dagli astronauti, ma largamente ignorata dal pubblico. È il “Somnium”, dove il lettore, seguendo il protagonista Duracoto, scivola sulla Luna, ne conosce gli strani abitanti e osserva un cielo diverso, che sfida il senso comune. Keplero mette così in scena il modello astronomico copernicano, nel quale è il Sole e non la Terra a occupare il centro dell’Universo; ma la Chiesa osteggia questa visione e persino la circolazione informale del manoscritto è causa di guai per l’autore”. Keplero ci lavora per altri vent’anni, aggiungendo al testo note fisico-astronomiche e autobiografiche e registrando la sua grande amarezza. Il “Somnium” viene pubblicato postumo nel 1634.  Lo scenario della terra dalla luna anche da un punto di vista scientifico è molto più affascinante:  non ci sono alba e tramonto, ma la terra è un enorme   pallone colorato  e la si vede girare su stessa: “ sia Keplero che  Galilei se la immaginano così – spiega Odifreddi.”

LA TERRA DALLA LUNA – Mezzo secolo dopo Huygens prese a sua volta spunto dal Sogno, e nell’Osservatore cosmico si pose una domanda ancora più ambiziosa di quella di Keplero: come si vedrebbe il cielo dagli altri pianeti e satelliti del Sistema Solare? In particolare, da Saturno, del quale egli stesso aveva congetturato gli anelli, e da Titano, che aveva egli stesso scoperto.  Proprio li dove la sonda Cassini in questi giorni finisce la sua vita, la sonda che si chiama curiosamente Cassini-Huygens mettendo assieme nello spazio due astronomi in grande competizione fra loro alla corte di Francia. Odifreddi invece colloca insieme in una navicella “ cosmica”  Plutarco, Keplero e Huygens , che per secoli hanno conversato a distanza, e li mette a confronto in un’opera che unisce scienza, letteratura e poesia. Lo scienziato infatti non dimentica lo scrittore e  ci ricorda le più belle opere e poesie che alla luna si sono ispirate, soffermandosi in particolare su Leopardi, ma anche su grandi musicisti e artisti che dall’”astro delle notte”, per dirla con Jules Verne,  hanno tratto ispirazione.

 

Alessandra Pavan

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