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Perché le poesie continuano ad emozionarci ancora oggi

Ce lo spiega la libraia Marta Santomauro, responsabile della libreria Gogol & Company di Milano e tra gli organizzatori di "Poesia Libera. Sette Giorni Di Versi"

MILANO – “La poesia, da tempo relegata in un angolino per pochi volenterosi, ha scoperto una nuova direzione che, sperimentando al di là del puro pathospoetico, la riporta in piazza, in strada, nei microfoni, in mezzo alle persone”. E’ questa la forza della poesia oggi secondo Marta Santomauro, responsabile della libreria Gogol & Company di Milano e tra gli organizzatori di “Poesia Libera. Sette Giorni Di Versi” la Settimana della poesia in programma a Milano dal 7 al 14 giugno. Ospite di punta sarà il poeta Faraj Bayrakdar in arrivo dalla Svezia. La libraia in questa intervista ci anticipa alcuni dei temi e dei protagonisti di Sette girni Di Versi, un’occasione per scoprire insieme voci diverse, dialogando con chi si fa portavoce di nuovi linguaggi, nuove forme e nuove interazioni, mantenendo vivo un solo intramontabile amore: la poesia.

 

Come nasce Sette Giorni Di Versi?

Sette Giorni di Versi nasce con un caffé, in realtà. Un caffè insieme a Martina Dirce Carcano, di Haikoodle (che ha disegnato la locandina della rassegna): un progetto di illustrazione e poesia a cui siamo molto affezionati che unisce semplici tratti di inchiostro con la breve intensità degli haiku. Era già un po’ di tempo che noi e i ragazzi di Haikoodle cercavamo di organizzare qualcosa insieme qui in libreria, qualcosa che parlasse di poesia in modo nuovo e fresco. Tra le chiacchiere e le idee al tavolo, quasi senza neanche accorgercene, stavamo già pianificando una rassegna in cui la poesia usciva come protagonista. Perché? Forse perché si parla sempre troppo poco di poesia, ma soprattutto perché siamo convinti che la poesia abbia molte declinazioni e che sia in continua evoluzione. Quella che ci interessa è una poesia che parla di libertà nel senso più proprio del termine (come nel caso di Faraj Bayrakdar), ma anche una poesia che si muove sciolta ed è diventata territorio di contaminazioni favorendo l’interazione, l’improvvisazione, la dinamicità, pur senza rinunciare a toccare il piano emotivo. Mi piace considerare la poesia come fattore sempre più umano, perché anche corporale, oggettivo, popolare, capace di esprimere una pluralità di voci.

Quindi è in questo senso, soprattutto, che parliamo di poesia libera.

 

Quali saranno i principali protagonisti e le novità?

Abbiamo cercato di inaugurare un discorso dedicato alla poesia attraverso voci molto diverse.

Apriamo la rassegna con Alessandra Racca e il ritorno in libreria della sua prima raccolta poetica “Nostra Signora dei Calzini” edito da Neo edizioni. Con un ritmo scanzonato e tagliente, Alessandra parla di femminilità in chiave pop, di una libertà che è soprattutto auto-ironia, consapevolezza e intelligenza e che può essere ben riassunta così: andare, anche senza scarpe, anche coi calzini bucati, e se si è scalzi tanto meglio. C’è un sole abbagliante lì fuori, vanno aperti gli armadi, le porte, le finestre, per far uscire l’aria vecchia e far entrare la vita che sfugge agli occhi.

Per toccare un altro piano di libertà invece, abbiamo scelto di ascoltare di Faraj Bayrakdar, poeta siriano con una storia personale molto forte. Il tema siriano continua a essere scottante e averlo qui ci è sembrava un’occasione imperdibile. Con l’aiuto di Francesca del Vecchio siamo riusciti a parlare con lui e lo abbiamo invitato in libreria, a dare voce alla sua poesia e al suo vissuto. E, sì, Faraj ha accettato e arriverà direttamente dalla Svezia (dove vive oggi come rifugiato politico) apposta per la nostra rassegna. Trovo che la sua storia sia davvero straordinaria, ogni volta che penso a lui immagino un Omero contemporaneo, che ha saputo trovare una personale libertà nella memoria, nell’immaginazione e nelle parole, una vera e propria forma di resistenza privata, poetica e politica quando la libertà per lungo tempo è stata la prima cosa negata. In carcere in Siria per quattordici anni, Faraj Bayrakdar ha composto le proprie poesie a memoria, come un cantore d’altri tempi, viveva in isolamento e non aveva carta e penna. Quando è uscito dal regime di massima sicurezza ha fatto “evadere” le poesie scritte sulla velina delle sigarette grazie anche all’aiuto dei compagni di prigionia che le hanno ascoltate nascere. Niente meglio delle sue parole può raccontare questo esercizio di libertà: “La poesia mi ha permesso di raggiungere una grande libertà interiore, più grande delle prigioni in cui mi sono trovato, perché se il corpo può essere arrestato, confinato in un luogo stretto, la poesia, che è legata all’immaginazione, non può.” E non vediamo l’ora di ascoltarla e scoprirla.

Sempre con la complicità dei ragazzi di Haikoodle abbiamo lanciato il primo Slam poetry in casa Gogol&Company. Qui la libertà è (anche) del pubblico che sarà il giudice delle performance poetiche. Funzionerà così: 6 poeti, 3 minuti a testa, 5 giurati, 1 vincitore (anche se non importa a nessuno). Il Maestro di Cerimonia, della serata sarà Simone Savogin, tre volte campione italiano di Poetry Slam, mentre tra i poeti ci saranno Davide ScartyDoc Passoni, Gianmarco Tricarico, Francesca Pels, Giorgio Damato e Alice Simoni e sono certa che ne sentiremo di bellissime!
La serata di chiusura della rassegna la dedichiamo al progetto Haikoodle. Un momento in cui l’haiku e la performance poetica di Simone Savogin si fondono con il live painting di Martina Dirce Carcano per un’esperienza immersiva in un mondo di parole da vedere. Il loro è un vero e proprio spettacolo di poesia e disegno dal vivo, Martina e Simone sono super in tutti i sensi, sono entusiasti, positivi e semplici proprio come i loro “scarabocchi poetici” (mi perdoneranno la definizione giocosa) e, sono certa, Haikoodle avrà delle grandi ali e volerà lontano.

C’è ancora un’ospite, per me importantissima, in questi Sette giorni di Versi ed è Daniela Calisi. Seguo il lavoro e la ricerca di Daniela da anni, me ne sono innamorata mentre scrivevo la tesi di laurea e credo che il suo sia un progetto davvero innovativo, in grado di slegare la poesia dalla lirica tout court per sperimentare un testo poetico che lavora con l’interattività, intesa nella sua dimensione originaria di “azione reciproca”, una poesia che crea una connessione tra parole, oggetti e persone. Parlerei per ore del lavoro di Daniela, e se verrete a trovarci lo faremo anche insieme a lei, per ora mi limito a dire che per tutta la settimana avremo in libreria il D.A.P.1, ovvero un distributore automatico di poesia. Che cos’è davvero? Un distributore automatico di palline trasparenti, uno di quelli che, quando eravamo piccoli, trovavamo fuori dai negozi e che per una monetina ci sorteggiava un pupazzetto o le caramelle, ecco, un distributore così che viene invece utilizzato da Daniela per proporre testi poetici inediti, in mezzo alla strada. Ecco, per me questo è un piccolo ma illuminante esempio di poesia interattiva.

E poi, siccome siamo in una libreria, allestiremo un angolo di libri studiato ad hoc per l’occasione con la preziosa collaborazione di Elisabetta Bucciarelli con cui da tempo parlo di poesia, e in quest’angolo raccoglieremo anche i consigli poetici di tutti i protagonisti della rassegna.

 

Qual è la forza della poesia dal punto di vista comunicativo ed emozionale oggi?

Personalmente, mi piace parlare di una poesia “bastarda”, che è figlia di tante madri ed è diretta verso una nuova sensibilità in cui è la parola in tutte le sue componenti (significato, lettere, fonetica, immagini, tipografia, senso) a emozionare. La poesia, da tempo relegata in un angolino per pochi volenterosi, ha scoperto una nuova direzione che, sperimentando al di là del puro pathospoetico, la riporta in piazza, in strada, nei microfoni, in mezzo alle persone.

 

Quale attenzione dà la tua libreria alla poesia nel corso dell’anno?

Davvero credo non sia così facile parlare di poesia e questo è il primo focus che, con entusiasmo, lanciamo in questa direzione. Abbiamo un settore dedicato, ci lavoriamo e cerchiamo di arricchirlo in continuazione, ma credo che ci sia bisogno di sdoganare di più le pagine poetiche, di fare in modo che facciano meno paura e più compagnia, che diventino di tutti.

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