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Perché “Amore che vieni, amore che vai” di De André è da considerarsi poesia

Dopo “Hallelujah” di Cohen e “Blowin’ in the wind” di Dylan, è l'ora di spiegare perché anche le canzoni di De André sono da considerarsi poesia

MILANO – L’amore è un sentimento controverso, sfaccettato, contraddittorio, sconvolgente e universale. Un sentimento che ha fatto parlare di sé scrittori, pittori, scultori, attori, sceneggiatori e anche grandi poeti, come Fabrizio De André. Come ha ricordato l’assegnazione del Premio Nobel per la letteratura a Bob Dylan, la grande musica cantautoriale ha dimostrato molto spesso che il confine tra alcune canzoni e la poesia è sottilissimo, se non inesistente. Dopo “Hallelujah” di Leonard Cohen“Blowin’ in the wind” di Bob Dylan, è l’ora di cercare di spiegare perché anche le canzoni di Fabrizio De André sono da considerarsi poesia. Per farlo abbiamo deciso di parlare di “Amore che vieni amore che vai”.

L’amore secondo De Andrè

Il cantautore nato a Genova ha parlato spesso d’amore, sviscerando questo sentimento universale in tutte le sue sfaccettature. Per rendersene conto basta pensare a capolavori quali “La Canzone dell’amore perduto”, “La ballata dell’amore cieco”, “Verranno a chiederti del nostro amore” e “Valzer per un amore”. “Amore che vieni amore che vai”, comparsa per la prima volta lato nel lato B del 45 giri del singolo Geordie (1966), parla di un sentimento travolgente, sospinto da una passione che sembra inappagabile. I baci non bastano mai come non è mai sufficiente il tempo trascorso assieme. Eppure l’amore secondo De André non è destinato a durare. Come dice il titolo, l’amore viene e va. Ed è proprio perché è così fugace, come il soffio del vento, che l’amore sa essere tanto impetuoso.  In fondo, il brano è un inno alla caducità del sentimento. Le parole del cantautore sono precise, misurate come quelle di Giuseppe Ungaretti ed estremamente evocative come quelle di Eugenio Montale. Ci ricordano che noi siamo tanto ciò che amiamo quanto quello che odiamo.

Da Catullo a Dante

Come nella grande tradizione poetica, “Amore che vieni amore che vai” è ricca di citazioni. Primo riferimento è certamente quel Catullo che De André aveva cominciato a conoscere sui banchi del liceo classico. I versi infatti riprendono le parole di “Viviamo, mia Lesbia, ed amiamo”, nello specifico dove dice “Tu dammi mille baci, e quindi cento, / poi dammene altri mille, e quindi cento, / quindi mille continui, e quindi cento“. Sugli occhi e l’amore, poi, è fondata un’intera tradizione poetica: quella stilnovistica, che faceva capo a poeti quali Guinizzelli, Cavalcanti e il primo Dante. Questi poeti credevano che negli occhi si celasse la via privilegiata dell’amore. Questa canzone di De André, insomma, è da considerarsi poesia perché evoca e sintetizza, tra originalità e opportune citazioni, le qualità del sentimento che rende felici le nostre vite: l’amore. Anche se viene e va.

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