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Torna la Venice International Performance Art Week

Il terzo capitolo della trilogia avrà luogo presso le sedi storiche dell'European Cultural Centre di Venezia, Palazzo Mora e Palazzo Michiel. Ecco l'intervista ai curatori VestAndPage

VENEZIA – Dopo le prime due edizioni, “Hybrid Body – Poetic Body (Corpo Ibrido – Corpo Poetico)” 2012 e “Ritual Body – Political Body (Corpo Rituale – Corpo Politico)” 2014, torna la VENICE INTERNATIONAL PERFORMANCE ART WEEK con il terzo capitolo della trilogia, che avrà luogo nuovamente presso le sedi storiche dell’European Cultural Centre di Venezia, Palazzo Mora e Palazzo Michiel, dal 10 al 17 dicembre 2016. In occasione della terza edizione, “Fragile Body – Material Body (Corpo Fragile – Corpo Materiale)”, abbiamo intervistato i curatori, VestAndPage (Verena Stenke e Andrea Pagnes).

 

Torna la Venice International Performance Art Week, con l’ultimo capitolo della trilogia dedicata al “corpo” (Fragile Body – Material Body). Che cosa vedremo a Palazzo Mora dal 10 al 17 dicembre 2016?

Il progetto espositivo di live art dedicato alla performance contemporanea prevede quest’anno la partecipazione di oltre ottanta artisti provenienti da tutto il mondo, molti dei quali presenti grazie al sostegno offerto da prestigiose fondazioni e istituzioni culturali internazionali. Il format di questa edizione – anche per coerenza al significato di trilogia – non si discosta dalle due precedenti. Il programma consiste infatti di performance dal vivo durational e serali, conferenze, presentazioni, incontri giornalieri con gli artisti aperti al pubblico e di un’esposizione d’installazioni, documentazioni fotografiche e video, sala studio e movie room.

Quest’anno vi sara’ la nuova sezione Artists of Honour, artisti che hanno dedicato tutta la loro vita alla performance art e che saranno presenti a Palazzo Mora dal vivo alcuni con performance altri con conferenze sul loro itinerario artistico: ORLAN (Francia), gli italiani Franko B e Giovanni Fontana, Stelarc (Australia), Marcel.li Antunez Roca (Spagna, fondatore della Fura dels Baus), Janusz Bałdyga (Polonia), Antonio Manuel (Brasile) e Marilyn Arsem (Stati Uniti).

Con il tema “Fragile Body – Material Body (Corpo Fragile – Corpo Materiale)”, la terza edizione della VENICE INTERNATIONAL PERFORMANCE ART WEEK continua l’esplorazione di concetti propri alla performance art, la live art e la body art contemporanee, presentando lavori  – sia in mostra che dal vivo – che dicono di una presenza dell’uomo nel mondo quanto mai fragile, laddove con fragilità s’intende anche la necessità di guardare alle relazioni sociali e alla vita degli individui con maggiore attenzione e sensibilità.

 

Nomi molto noti, come Marylin Arsem e ORLAN, saranno presenti durante la Performance Art Week, insieme ad artisti emergenti nella sfera internazionale, come avete fatto la vostra scelta curatoriale?

C’è voluto quasi un anno. Abbiamo cercato di scegliere artisti di diverse generazioni che, seppur con linguaggi espressivi che potrebbero sembrare a prima vista assai lontani tra loro, affrontassero questioni quali la ricerca di autenticità, la vulnerabilità e la fragilità dell’essere, la residenza vinta, la relazione con l’altro da sé, il corpo voce, il corpo ‘occupato’, la traduzione di stati mentali e spirituali in espressione corporea liminale, la discussione intorno alle mutazioni e trasformazioni post-organiche alle quali assoggettiamo il corpo umano. E ancora il corpo come matrice di poiésis, creazione, conoscenza, di processi attraverso cui qualcosa che prima non c’era può accadere adesso.

 

Durante il secondo capitolo della trilogia, quando si entrava nel clima dell’Art Week, si veniva rapiti da una potenza enorme che possiamo definire come Qui e Ora: e nel terzo?

L’elemento cardine, il motore di tutto il progetto, è sempre il programma live. Ed è proprio la presenza dell’artista che compie l’atto artistico dal vivo, nel momento, rischiando tutto se stesso a favore dell’altro, l’artista che propone un dialogo non filtrato, ma diretto e bidimensionale con lo spettatore, crea la sensazione potente per quanto effimera, del qui e ora. Eppure qualcosa rimane sempre dentro, in chi partecipa come in chi assiste. “Il ricordo di essere stati rapiti da una potenza enorme” di cui parli è un’espressione quanto mai felice e poetica che racchiude ciò che la natura della performance art è in essenza. Non è più solo il ricordo di un avvenimento, ma il ricordo di emozioni e con queste – ciò che auspichiamo noi – il desiderio che non muoiano mai e possano rinnovarsi.

 

Pochi italiani tra gli artisti presenti, perché?

Il progetto nasce sostanzialmente per portare a Venezia esperienze performative di artisti provenienti da più parti del mondo, che per noi sono fortemente interessanti. Artisti con i quali entriamo a diretto contatto quando veniamo invitati a performare ed esporre il nostro lavoro nei loro luoghi di origine, essendo noi stessi anzitutto artisti performer. Questo ci consente di approfondire con loro il dialogo sui temi che più ci stanno a cuore, e allo stesso tempo acquisire una conoscenza più approfondita sul loro lavoro. Non scegliamo mai un artista in base al curriculum o a documentazioni digitali, se non per la sezione storica, per ovvi motivi. Quest’anno comunque saranno presenti più artisti italiani che mai, 13 degli 80 in totale, tra i quali Giovanni Fontana, Franko B, Samanta Cinquini e Luca Nava, l’artista veneziana Johann Merrich, gli artisti romani Kyrahm e Julius Kaiser, il giovane artista Nicola Fornoni di Brescia, Andrea Marcaccio di Urbino e Andrea Morucchio.

In mostra ci saranno inoltre opere del maestro e fondatore della poesia sonora italiana (ma non solo) Arrigo Lora Totino, purtroppo recentemente scomparso, provenienti dalla Collezione Bonotto. Così come il documentario di Luciano D’Onofrio e altri documenti video sulle ricerche polifonetiche di un’Italiano d’adozione, Demetrio Stratos, per la co-curatela di Francesco Kiais.

 

In tre parole: perché non perdere la Venice International Performance Art Week?

Perché celebra l’umanità.

 

Dopo il terzo capitolo, ci sono le possibilità per una quarta Venice International Performance Art Week?

Il futuro dipende da quello che facciamo nel presente e il miglior modo per predirlo è crearlo. Cominciando da subito, fiduciosi nel qui e ora che definisce la nostra arte.

 

Isotta Esposito

 

Photo Credits: Alexander Harbaugh 2016

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