“Nel mese di athyr” (1917), un’originale poesia di Kavafis che racconta il senso della vita

17 Maggio 2025

Che significati si nascondono dietro ai giorni che viviamo, spesso in maniera distratta? Ce lo racconta Kavafis nella poesia “Nel mese di athyr”.

nel mese di athyr

È una poesia singolare, “Nel mese di athyr”. In questi versi, scritti con l’originalità e lo stile che distinguono la sua produzione, Konstantinos Kavafis racconta una storia individuale per veicolare la sua visione della vita.

“Nel mese di athyr” di Konstantinos Kavafis

Leggo con qualche difficoltà l’antica pietra.
“Do[min]e Iesu Christe.” Poi distinguo uno
“Spi[rit]um.”
“Mens[e] Athyr” “Lykio[s] pas[sus e]st.”
Sulla riga dell’età “Vi[x]it annos”,
e il XXVII mostra che era giovane.
Tra i frammenti vedo “Ipsum Alexandrinum”.
Quindi tre righe molto consumate;
ma qualche cosa leggo: “l[ac]hrimas”, “luctus”
quindi ancora “lachrimas” e “nobis amicis maeror”.
Mi pare insomma che Leykios fosse molto amato
e che, nel mese di athyr, Leykios passus est.

Il significato di questa poesia

Dove leggere “Nel mese di athyr”

Nel cuore della poetica di Konstantinos Kavafis si nasconde una tensione continua tra la memoria e l’oblio, tra la fragilità dell’esistenza e il desiderio di eternità.

Il poeta di Alessandria, con la sua lingua cristallina e l’eleganza classica, ha saputo restituire nelle sue opere il respiro dei secoli, intrecciando storia e mito, passato e presente.

Per Kavafis, la poesia diventa uno specchio della condizione umana, un modo per esplorare le ombre della vita, per confrontarsi con la perdita e la nostalgia, ma anche per affermare una resistenza silenziosa contro l’annullamento.

Una poesia singolare

“Nel mese di athyr” è un esempio perfetto di questa poetica. Sotto la forma di un’iscrizione funebre, Kavafis evoca la malinconia della scomparsa e la tenerezza del ricordo. L’idea di trascrivere un’antica stele, di decifrarne a fatica le parole consumate, crea un’atmosfera di mistero e sacralità.

Il testo appare frammentato, come una memoria che si sgretola, eppure nelle sue lacune risuona l’eco di un amore profondo e del dolore di chi è rimasto.

Andrea Di Gregorio, traduttore e curatore dell’edizione italiana, ha scelto di mantenere la lingua latina per la lapide, un espediente che conserva il fascino dell’antico e riproduce il gioco di decifrazione che Kavafis stesso sembra proporre ai suoi lettori.

Il senso della vita per Kavafis

La poesia, scritta nel 1917 in metro libero, affonda le sue radici in una riflessione profonda sul tema della memoria e dell’amore perduto. Leykios, il giovane ricordato, emerge come una figura evanescente, eppure vivida, simbolo di tutti coloro che sono stati amati e poi scomparsi.

Il mese di athyr, sacro alla dea Hathor, patrona dell’amore e dei morti, diventa un richiamo al mistero della vita e della morte. Come osserva Di Gregorio, c’è una singolare concordanza tra questa lapide e una poesia di Raymond Carver, “Ultimo frammento”, dove il desiderio di essere amati e ricordati è espresso con struggente semplicità.

Le lacrime e il lutto, le parole frammentarie della stele, diventano allora il segno di un’umanità che, nonostante tutto, continua a ricordare e ad amare.

Konstantinos Kavafis

Konstantinos Kavafis (1863-1933) è una delle voci più intense e originali della poesia moderna. Nato ad Alessandria d’Egitto da una famiglia greca, visse tra Oriente e Occidente, assorbendo influenze culturali diverse che segnarono profondamente la sua opera.

Dopo un’infanzia trascorsa tra l’Egitto e l’Inghilterra, tornò ad Alessandria, dove lavorò per molti anni come funzionario presso il Ministero dei Lavori Pubblici britannico. La sua vita, appartata e solitaria, fu dedicata alla scrittura di poesie che spesso non pubblicava, preferendo distribuirle in forma di opuscoli privati agli amici e ai conoscenti.

La poesia di Kavafis è segnata da una profonda riflessione sulla storia, sulla memoria e sull’identità. La sua Alessandria diventa un simbolo di splendore e decadenza, una città sospesa tra l’eternità del passato e l’incertezza del presente.

Nelle sue liriche si incontrano figure dell’antichità greco-romana, imperatori, filosofi e giovani amanti, evocati con una sensibilità malinconica e struggente. Kavafis riesce a fondere il tono epico con quello intimo, rivelando sempre uno sguardo lucido e penetrante sulla natura umana.

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