Sapevi che Vincent Van Gogh era un lettore vorace?

9 Giugno 2025

Scopri come Vincent Van Gogh, oltre ad essere un grande artista, fosse anche un lettore vorace, influenzando la sua opera e la sua vita.

Sapevi che Vincent Van Gogh era un lettore vorace?

Quando pensiamo a Vincent van Gogh, lo immaginiamo chino sulla tela, immerso nei suoi colori febbrili, intento a catturare la vita nel suo pulsare più crudo e luminoso. Eppure c’è un’altra immagine, più intima, più silenziosa, che ci restituisce un ritratto nuovo dell’artista: quella di Van Gogh con un libro in mano, perso tra le pagine di Dickens o di Maupassant, mentre sottolinea e prende appunti con la stessa furia con cui più tardi userà il pennello.

È questa dimensione letteraria, profondamente intrecciata alla sua arte, che Mariella Guzzoni esplora nel volume I libri di Vincent, un saggio tradotto in cinque lingue e riccamente illustrato, pubblicato da Johan & Levi. Con sensibilità narrativa e rigore filologico, Guzzoni ci conduce in un viaggio dentro la biblioteca interiore di Van Gogh, mostrando come i libri non siano solo stati fonte d’ispirazione per le sue opere, ma strumenti vitali di resistenza, riflessione, salvezza.

Vincent Van Gogh lettore appassionato

In un’epoca in cui l’artista è spesso raccontato attraverso la lente della sofferenza e della follia, I libri di Vincent restituisce un ritratto profondamente umano, tenero e sorprendente. Van Gogh non era solo il pittore che tagliò un orecchio o che dipinse sotto l’effetto della febbre. Era anche un uomo che cercava rifugio tra le pagine, che trovava conforto nelle parole di un romanzo, che sognava un’arte “per tutti, e comprensibile da tutti”.

L’approccio di Mariella Guzzoni,  colto, coinvolgente, mai accademico, riesce a comporre una vera e propria biografia intellettuale per interposta lettura, facendo emergere non solo le influenze letterarie di Van Gogh, ma anche la sua consapevolezza etica, la sua capacità di guardare il mondo attraverso lo sguardo degli altri, e di riportarlo su tela.

E così, leggendo questo saggio, è come se entrassimo nella stanza segreta di Vincent, dove il cavalletto convive con la libreria, il pennello con la sottolineatura, la tela con la citazione. E scoprissimo, pagina dopo pagina, che anche i cieli più turbolenti possono nascere da una frase letta nel silenzio di una sera qualunque.

La lettura come urgenza, come pane

«Ho una passione per i libri e ho bisogno di istruirmi continuamente, di studiare, proprio come ho bisogno di mangiare il mio pezzo di pane», scrive Vincent al fratello Theo nel 1880. Quella frase, posta anche sulla quarta di copertina del volume, è il cuore pulsante del libro: leggere, per Van Gogh, non è passatempo da artista colto, ma esigenza primaria. Nei momenti di crisi, nei soggiorni ospedalieri, nei giorni affamati di Arles o a Montmartre, i libri rappresentano per lui porti sicuri in acque tempestose.

Van Gogh leggeva moltissimo e con passione quasi ossessiva. Zola, Hugo, Dickens, Balzac, Tolstoj, i Goncourt, Maupassant, Voltaire, Michelet… sono solo alcuni dei nomi che compongono il suo personale pantheon. Ma non era un lettore enciclopedico: era un lettore emotivo, istintivo, viscerale. Leggeva e rileggeva, copiava interi brani, rifletteva su ogni parola, intessendo un dialogo interiore continuo con i suoi autori prediletti. Alcuni romanzi, come  Germinal di Zola, Oliver Twist di Dickens, Bel-Ami di Maupassant, gli rimanevano dentro come visioni, quasi fossero quadri da interpretare con nuovi colori.

Mariella Guzzoni mostra come questa intensa frequentazione letteraria non fosse un’attività collaterale, ma parte integrante del processo creativo dell’artista. Van Gogh non si limitava a leggere: assorbiva. Dalle Promenades japonaises di Émile Guimet trasse lo sguardo verso l’Oriente, che gli aprì la porta al mondo di Hiroshige e alle stampe ukiyo-e. Dai romanzi sociali di Zola o dalle descrizioni umanissime di Dickens derivano molti suoi temi pittorici: I poveri e il denaro, I mangiatori di patate, Il seminatore. In quei volti contadini, nei corpi curvi dei lavoratori, nei vestiti laceri dei mendicanti, Van Gogh metteva lo stesso pathos che trovava nella letteratura.

Per lui, “i libri, la realtà e l’arte sono una cosa sola”, come dichiarò esplicitamente. Ed è questa frase, quasi un manifesto, a tenere insieme tutto il libro di Guzzoni, che non si limita a elencare titoli o influenze, ma ci restituisce un Vincent letterato, curioso, riflessivo, assetato di sapere e di verità. Un artista che, nel dipingere una Lettrice di romanzi o una Natura morta con Bibbia, non sta solo rappresentando l’oggetto libro, ma rivelando un legame profondo e viscerale tra parola e immagine.

Una delle scoperte più affascinanti del libro è proprio la ricognizione iconografica dell’elemento libro nell’opera pittorica di Van Gogh. Non solo oggetti di scena, ma simboli di pensiero, di spiritualità, di inquietudine. Come se, in ogni volume dipinto, ci fosse nascosto un frammento della sua anima. Tra i tanti esempi analizzati spiccano La camera di Vincent ad Arles, con i volumi impilati accanto al letto, o Lettrice in un giardino, dove la concentrazione sul libro sembra sospendere il tempo.

La bibliografia che accompagna le sue lettere, qui presentate in una nuova traduzione appositamente curata,  permette di cogliere ancora più nitidamente il ruolo strutturale della lettura nella costruzione della sua identità artistica. E questo è forse l’aspetto più rivoluzionario del libro: il ribaltamento della narrazione romantica dell’artista istintivo e visionario, per restituire invece un Van Gogh intellettuale, moralmente impegnato, guidato da un profondo senso etico e da una fiducia incrollabile nella forza dell’arte come strumento popolare, accessibile, necessario.

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