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Pasquale Barbella, ”Leggere è fondamentale per chi lavora nel campo della comunicazione”

''Non concepirei nessun tipo di lavoro senza la lettura di qualche libro, figuriamoci la comunicazione''. Parola di Pasquale Barbella, il grande pubblicitario italiano, autore di diverse campagne pubblicitarie che hanno fatto la storia della comunicazione in Italia...
Il grande pubblicitario italiano confessa la sua passione per la lettura e sottolinea l’importanza di leggere per chi lavora nel campo della comunicazione

MILANO – “Non concepirei nessun tipo di lavoro senza la lettura di qualche libro, figuriamoci la comunicazione”. Parola di Pasquale Barbella, il grande pubblicitario italiano, autore di diverse campagne pubblicitarie che hanno fatto la storia della comunicazione in Italia. Fondatore di una sua agenzia nei primi anni del Novanta, la BGS Barbella Gagliardi Saffirio, quest’anno Barbella si è aggiudicato il premio Emanuele Pirella “Comunicatore dell’anno 2013”. In questa intervista, Barbella confessa la sua passione per la lettura e sottolinea l’importanza di leggere per chi lavora nel campo della comunicazione.

Come nasce la sua passione per la lettura?

Ho imparato a scrivere prima che a leggere. La carta scritta mi sembrò subito importante perché era una cosa da adulti. Mio padre portava a casa “La Gazzetta del Mezzogiorno” e un paio di riviste di cronaca nera. A cinque anni scarsi presi a ricopiare sul pavimento, col gesso, i titoloni di “Crimen”, senza avere la minima idea di cosa significassero. Poi cominciai a leggere con interesse le insegne dei negozi, i manifesti dei film, i fumetti e persino i libri di scuola. La letteratura venne dopo, verso i quindici anni. Lessi “La Santa Rossa” di Steinbeck e rimasi fulminato. Raccontava le avventure di Morgan il pirata.
 
Quanto è stato importante leggere libri per la sua carriera di pubblicitario?
Non saprei concepire nessun tipo di lavoro senza la lettura di qualche libro: figuriamoci la comunicazione, che esige una curiosità senza limiti. Devo confessare comunque che non sono mai stato un grande lettore di manuali e saggi sull’argomento. Ho letto solo una dozzina di testi specialistici; ho sempre pensato che Hemingway e Gadda potessero insegnarmi più cose di Ernst Dichter e Rosser Reeves.
 
Con l’avvento dei nuovi media, come è cambiato negli ultimi anni il modo di fare comunicazione?
Si tende di più alla rapidità e al “botto”, talvolta a scapito della profondità. La forma, poi, sembra prevalere sui contenuti, e l’intuizione sulla logica. Ma è difficile e improprio esprimere giudizi di tipo generalistico. La pubblicità interessante era rara vent’anni fa ed è rara anche adesso.
 
Ha da poco vinto il premio Comunicatore dell’anno 2013. Se dovesse pensare ad una campagna per la promozione della lettura, cosa le viene in mente?
Una campagna per la promozione della lettura l’ho già fatta molti anni fa e la rifarei anche adesso. Era uno spot molto drammatico, in bianco e nero, che ricostruiva uno di quei roghi di libri tristemente in voga nella Germania nazista. Il commento fuori campo metteva in relazione i regimi totalitari con l’inibizione della libertà di pensiero e concludeva con il motto: “Libro vuol dire libero.”

17 aprile 2013

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