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Michaël Uras, “I libri ci aiutano a ritrovare la felicità”

Abbiamo incontrato lo scrittore francese Michaël Uras, in Italia per partecipare a Tempo di libri e parlare del nuovo romanzo, "Le parole degli altri"

MILANO – Le vie per raggiungere la felicità sono infinite, anche se paiono nascoste e introvabili. Eppure c’è chi riesce a rintracciarle. Tra questi c’è chi ha trovato la sua strada grazie ai libri, come racconta Michaël Uras nel suo nuovo romanzo “Le parole degli altri” (Nord). Lo scrittore francese ci racconta la storia di Alex, che per guadagnarsi da vivere decide di fare il biblioterapeuta: al posto delle medicine Alex dispensa ai suoi pazienti precisi consigli di lettura, da “Aspettando Godot” a “Il giovane Holden”, e li accompagna alla scoperta del potere salvifico delle parole. Michaël Uras è venuto in Italia per partecipare a Tempo di Libri e per presentare il nuovo libro. Lo abbiamo intervistato.

Alex, quando entra in casa di qualcuno, guarda subito la biblioteca, perché dalla disposizione dei libri, dai titoli presenti e dallo stato dei volumi riesce a capire chi si trova davanti. Cosa scopre?

Probabilmente è un difetto che ho anch’io, appena entro in casa di qualcuno cerco una biblioteca e se non la trovo è una catastrofe. Alex, nella sua qualità di biblioterapeuta, cerca di vedere quali libri ci sono in libreria perché questo lo aiuterà a orientare le sue cure e le prescrizioni di lettura. Quando per esempio entra nella casa di Yann, Alex si rende conto che c’è una libreria bellissima, stupenda, con dei libri magnifici, molto cari, che però non sono mai stati utilizzati. Sono talmente poco usati che non si riesce neanche a estrarli. Capisce così che si trova in una famiglia ricca ma che legge molto poco.

“A volte la vita raggiunge la letteratura, perché già tutto è stato scritto”, scrivi a un certo punto. Qual è il rapporto tra vita e letteratura?

Quello che io cerco di fare è lavorare sulla relazione tra gli uomini e i libri, studio come i libri possano aiutare le persone a cambiare, a evolvere socialmente e intellettualmente, come possono fare per vivere meglio. Sì, sono molto d’accordo con quello che ho scritto (dice ridendo), perché tutto è già stato scritto. Ora possiamo soltanto dire le stesse cose in maniera diversa.

Però un libro come “Il giovane Holden” fino a settant’anni fa non era mai stato scritto.

Sì, è vero quello che dici, però c’erano altre divagazioni di bambini o di ragazzi. Potremmo prendere per esempio Gavroche di Victor Hugo (personaggio dei “Miserabili”, ndr), anche lui vittima della società. Gavroche non sapeva cosa stava succedendo intorno a lui. Potremmo dire che Gavroche era il giovane Holden dell’Ottocento.

Ci sono modi diversi di relazionarsi ai libri. Alex e sua madre si relazionano con i libri in modo molto diverso.

Assolutamente sì, la madre di Alex è un’universitaria che studia i libri, mentre Alex riflette, pensa a cosa possano offrire i libri a chi li legge. Per la madre sono oggetti mentre per Alex sono cerotti: gli oggetti li tieni a distanza mentre i cerotti li metti sulla pelle e sotto la pelle. Alex è divorato dalla passione per la lettura, una passione che non riesce a controllare. Per fare un esempio, quando vede qualcuno che posa un bicchiere su un tavolino gli viene in mente una scena simile che ha letto in un romanzo della Marguerite Yourcenar.

“Niente è facile quando si è ricchi, belli e celebri”, è la descrizione del calciatore che si rivolge ad Alex in cerca di cure. Ma in cosa consiste allora la felicità?

Per me è una cosa molto semplice: passare del tempo con le mie bambine e scrivere.

E sua moglie?

Ah certo, anche con lei (aggiunge ridendo).

Ci sono dei libri che non fa bene leggere?

Non penso che ci siano dei libri che non vadano letti. Quello che penso è che quando una persona è triste ed entra in libreria si può imbattere nella magia della letteratura, può aprire un libro e trovare inaspettatamente la storia capace di permettergli di ritrovare la felicità. Sono cose bellissime e inspiegabili.

Sei anche un professore. Come trasmetti la tua passione per i libri ai tuoi studenti?

Non è facile. All’inizio, quando ho cominciato a lavorare a scuola, parlavo tantissimo di libri e volevo in qualche modo imporre loro la mia passione. Arrivavo in classe con un sacco di testi, testi che consideravo dei capolavori, e mi aspettavo che i ragazzi saltassero sui banchi dalla felicità ma questo non avvenne. Ora, invece, cerco di instaurare un dialogo con gli allievi. Siamo in una situazione di scambio, non cerco di imporre la mia passione.

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