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Mauro Corona, ”I libri non sono giudici, ma possono salvare una cultura e la memoria di un popolo”

PIETRASANTA - Manca uno dei protagonisti della rassegna di Anteprime, Francesco Guccini, che per una indisposizione dell'ultima ora cancella il suo appuntamento con la rassegna della Mondadori...

PIETRASANTA – Manca uno dei protagonisti della rassegna di Anteprime, Francesco Guccini, che per una indisposizione dell’ultima ora cancella il suo appuntamento con la rassegna della Mondadori. Doveva salire sul palco del Teatro della Versiliana assieme a Mauro Corona, un duo inedito, ma forse meno eterogeneo di quanto appaia. Entrambi amano i luoghi silenziosi, i boschi e quelli che Guccini definisce in una canzone ‘i saggi ignoranti di montagna’, non importa se parla di Erto o dell’Appennino Toscano. Ed entrambi da alcuni anni sono impegnati in una operazione di recupero di una memoria che non si vuole che vada perduta. E soprattutto sono legati da una amicizia di vecchia data.

LA MEMORIA E LA SCRITTURA – Mauro Corona invece, c’è e parte da un ricordo di Giorgio Faletti. ‘Chi fa il comico di solito ha qualcosa di profondo, qualcuno oggi fa carriera politica. Un comico è fragile. Faletti era una bella persona. Mi è piaciuto il silenzio nella malattia. Mi è piaciuto il suo pudore. La memoria è una cosa importante, perché noi uomini siamo circondati da tanti noi, ci manca anche il peggior nemico, diceva Pessoa, che era meglio se era ancora li. Prima di scrivere, ho fatto il cavatore, a 18 anni, 15 ore al giorno anche sedici. Avevo un capocava di Forte dei Marmi. Una volta con la miseria si lavorava. Tornando alle cose perdute, la memoria può sostituire l’amore. Il libro non è un giudice, tra le righe un libro deve salvare una cultura. Vorrei leggere un libro su come si scavava centocinquanta anni fa. Dopo il Vajont ho capito che si sarebbe dispersa una memoria e  allora ho iniziato a scrivere. Stiamo strizzando la natura. Noi dobbiamo migliorare il mondo. Sento il bisogno di lasciare una testimonianza. Evocare un mondo in cui gli uomini sapevano fare certe cose. Nel ‘Canto delle manere’ c’è l’epopea dei boscaiolo. Chi sbagliava pagava con la vita. Quando si taglia l’albero gli si mette le gambe, diceva mio nonno che aveva perduto un fratello per la caduta di un albero. Oggi con le tecniche moderne, si taglia un albero senza che il boscaiolo lo tocchi. Non c’è più l’imparare sbagliando. Vorrei nei programmi scolastici le guide alpine, qualcuno che spieghi come si lavorava a mano, i contadini’.

PERCHÉ SCRIVERE – ‘Innanzi tutto prima bisogna leggere molto. I miei genitori hanno abbandonato me e i miei fratelli prestissimo. Sono stati genitori inesistenti. Eppure, mi hanno lasciato qualcosa. La mamma era una lettrice e aveva lasciato tutti i libri in una stanza. Lei ha letto fino in fondo. Prima di scrivere ho letto due camion di libri. Da mio padre ho ereditato la vita all’aria aperta e dal nonno l’artigianato. In gioventù queste cose ma in particolare la lettura mi ha salvato da alcolismo. Nella ‘Voce degli uomini freddi’ ho raccontato la storia in fiaba del Vajont. Nesi e Genovesi fanno memoria dei loro luoghi, Prato e Forte dei Marmi. Vorrei che tutte le persone scrivessero le proprie memorie. Ho raccontato di una paese sconosciuto che è Erto , che in italiano vuol dire scosceso, gente appartata, gente che erano artigiani strepitosi per necessità. Le donne massacrate di fatiche, portavano questi prodotti a vendere. Era un paese degli artigiani , i battiferro, i mulini e si irrigavano i campi. Però c’era la solidarietà: eravamo costretti ad essere solidali. Se uno si sposava gli facevano tutti la casa. Poi il novello sposo rendeva la giornata. Era fa necessario stare uniti per non creare uno strappo in un tessuto che copriva tutti’.

IL FUTURO Ci sono tanti progetti in cantiere nel prossimo futuro di Mauro Corona, ma il più concreto è un libro che si chiamerà  ‘I segreti della montagna’. ‘Sotto le foglie c’è una micro vita, c’è una vita sotto gli alberi, il rumore dell’albero. Sotto la corteccia dei frassini ci sono storie che voglio raccontare. E poi ci sono i morti. Ci sono dei misteri. La montagna ridà quello che si è preso, cose nascoste da partigiani o bracconieri. Bisogna rallentare per vedere. Noi uomini siamo sempre lì per cadere’.

Michele Morabito

7 luglio 2014

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