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Marie-Aude Murail: ”Scrivere per i più piccoli è stato per me un impeto naturale”

A dodici anni, per emulare il fratello, prese un quaderno e iniziò a scrivere dei racconti per la sorellina: da allora non ha mai smesso di parlare ai più piccoli con i suoi libri, che affrontano grandi temi come la crescita, i sentimenti, la giustizia. Marie-Aude Murail, una delle autrici francesi più amate, sarà protagonista questa sera a Tuttestorie nell'incontro ''Oh boy!''...
Una delle autrici francesi per ragazzi più amate, ospite questa sera a Tuttestorie, racconta di sé e del suo lavoro
CAGLIARI – A dodici anni, per emulare il fratello, prese un quaderno e iniziò a scrivere dei racconti per la sorellina: da allora non ha mai smesso di parlare ai più piccoli con i suoi libri, che affrontano grandi temi come la crescita, i sentimenti, la giustizia. Marie-Aude Murail, una delle autrici francesi più amate, sarà protagonista questa sera a Tuttestorie nell’incontro “Oh boy!” – dal titolo di uno dei suoi libri più noti. La scrittrice racconta la sua storia e il suo lavoro.
Lei viene da una famiglia di artisti, suo padre è poeta, due suoi fratelli sono scrittori. Si può dire che avete questa vocazione nel sangue. Il suo amore per le lettere risale a quando era bambina?
In famiglia siamo quattro fratelli, due maschi e due femmine: il maggiore è compositore, suona il pianoforte, noi altri siamo tutti scrittori. Noi piccoli giocavamo tutti e tre insieme da bambini, inventavamo delle storie: si può dire che quelli fossero i nostri primi romanzi. Quando anche il secondo mio fratello è diventato troppo grande per giocare con noi, mia mamma, vedendolo annoiato, un giorno gli disse: “Perché non inizi a scrivere?” Lui prese un quaderno e scrisse una storia di fantascienza. Vedendolo volli fare lo stesso: presi anche io un mio quaderno, dove iniziai a scrivere dei racconti per mia sorella. Io avevo dodici anni, lei soltanto otto, ma non fu da meno: chiese a mia madre un taccuino e iniziò a scrivere dei pezzi di teatro. Siamo diventati scrittori insieme insomma.
Come mai la scelta di parlare proprio ai più piccoli, di scrivere per loro? 
Ho scritto da subito per i più piccoli, perché ho cominciato a scrivere per mia sorella. Per me è stato un impeto naturale, per due ragioni credo: ho sempre amato trasmettere, insegnare, e i bambini più piccoli di me mi hanno sempre meravigliata. La mia sorellina mi meravigliava.
Che differenze ci sono tra scrivere per adulti e per ragazzi?
Io ho due tipi di pubblico: quello dei bambini e quello degli adolescenti, che naturalmente non pongono gli stessi problemi. Quando scrivo per i bambini, non posso dare per scontato che abbiano certi strumenti linguistici e certi riferimenti culturali. Non hanno nemmeno molto tempo da dedicare alla lettura, quindi bisogna lavorare al contempo su brevità e semplicità. Quando scrivo per gli adolescenti invece ho un maggior spazio di manovra, posso attingere di più al mio bagaglio culturale. L’unica differenza che invece trovo tra scrivere per adulti e scrivere per ragazzi è che quando mi rivolgo a questi ultimi cerco sempre di fare vedere loro una luce, cerco di trasmettere loro il messaggio che crescere è bene. Si può parlare di tutto con i ragazzi, anche delle cose più gravi, l’essenziale è avere e trasmettere sempre fiducia nella vita. Mai far disperare gli adolescenti e i bambini!
Eventi come il Festival Tuttestorie sono efficaci nell’avvicinare i più piccoli al mondo dei libri e della letture? Come si può suscitare la curiosità dei bambini  nei confronti di questo mondo?
Dove mi trovo vedo tanti libri e bambini: è una cosa molto bella, che però non viene da sé. Dobbiamo essere noi a ricordarci di insegnare ai bambini ad amare i libri, come fanno qui.
Lei è un’autrice molto aporezzata, “Oh Boy!” ha ricevuto molti premi. Secondo lei quali sono le ragioni del suo successo?
Io voglio essere amata. Quando mi chiedono “perché scrivi?”, io rispondo “perché voglio essere letta”. Può sembrare povera come risposta, ma per me è una volontà molto ostinata. Il fatto di venire da una famiglia in cui tutti scrivono poteva anche essere duro da sopportare a volte, perché poteva crearsi competizione, anche se ci volevamo tutti bene. Ecco, quando scrivo penso a me come a una ragazzina che si applica costantemente per riuscire: sono ancora quella ragazzina. È normale se le cose funzionano, perché lavoro sodo.
6 ottobre 2012
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