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La sfida di Del Vecchio Editore è innalzare il livello del mercato editoriale

Una proposta assolutamente libera e indipendente, che punta a contrastare la banalizzazione del mercato e a offrire libri che invitano il lettore a mettere in gioco tutte le sue capacità di giudizio e comprensione: questo è l'ambizioso progetto che anima l'attività di Del Vecchio Editore. A parlarcene è la direttrice editoriale Paola Del Zoppo...
La direttrice editoriale Paola Del Zoppo presenta le linee guida, le collane e le prossime uscite della casa editrice e interviene sulla polemica riguardo allo stato di salute dell’editoria italiana recentemente sollevata da Gian Arturo Ferrari
MILANO – Una proposta assolutamente libera e indipendente, che punta a contrastare la banalizzazione del mercato e a offrire libri che invitano il lettore a mettere in gioco tutte le sue capacità di giudizio e comprensione: questo è l’ambizioso progetto che anima l’attività di Del Vecchio Editore. A parlarcene è la direttrice editoriale Paola Del Zoppo, che presenta le linee guida della casa editrice ed esprime la sua critica verso scelte che, puntando solo sul best seller, sminuiscono secondo lei il valore dell’esperienza di lettura. 
Quando, per iniziativa di chi e con quale intento è nata Del Vecchio Editore?
Del Vecchio Editore è nata sette anni fa,  da un vero e proprio desiderio di Pietro Del Vecchio. Fin dall’inizio ci siamo posti il problema del nostro spazio e soprattutto molte domande riguardanti la possibilità di rimanere davvero liberi e attivi all’interno del mercato e di darci un’identità definita. Fare raccolte singole di poesia straniera non tradotta ci sembrò un segnale chiaro, fu così che cominciò l’avventura.
Può spiegarci quali sono le linee guida del progetto editoriale?
Il progetto editoriale è cambiato ormai da un paio d’anni, proprio perché avevamo bisogno di definirci ancor più nettamente. Puntiamo al mercato dei lettori forti e fortissimi, attratti dalla assoluta indipendenza e libertà delle nostre scelte. Vorremmo proporre ai nostri lettori libri che li sfidino, che non li rassicurino, che li destabilizzino nel costringerli al confronto con la tradizione della letteratura, e che dalla destabilizzazione portino al riconoscimento del libro e dell’autore come opere e persone senza tempo e dunque di oggi come di ieri e di domani. Ci piacerebbe che questo contrastasse, nel tempo, la tendenza alla banalizzazione e semplificazione, così utile al mercato, ma così sminuente per la persona. Vogliamo fortemente valorizzare il lettore. Riteniamo che sia un atteggiamento piuttosto eversivo, e ci farebbe piacere se i nostri lettori – lettori di certo forti – percepissero una spinta a innalzare il livello dei “discorsi” – critico, letterario, poetico, politico, sociale.
Quali sono i caratteri principali di ciascuna collana – formelunghe, formebrevi, poesia
La collana formelunghe propone esclusivamente romanzi. Scegliamo testi, di autori contemporanei e moderni, che prediligono l’ironia e l’atteggiamento disincantato di un osservatore partecipe ma non coinvolto, che sezionano vita ed emozioni senza mai banalizzarle. 
Formebrevi valorizza i testi di lunghezza minore come differente e incisiva possibilità di espressione letteraria. Racconti, reportage, raccolte di pensieri, novelle e ricordi, che rendano al lettore in poche pagine il senso della narrazione finita e moltiplicabile all’infinito, con l’immagine-guida del caleidoscopio.
La collana di poesia di Del Vecchio Editore comprende e valorizza opere di poeti contemporanei. Ci teniamo a rendere accessibile e attraente il testo poetico senza sminuirne la portata evocativa, tramite introduzioni o apparati di note non rivolti agli studiosi, come a volte capita, ma al lettore.
Può anticiparci i principali titoli in uscita?
Nella collana formelunghe abbiamo in uscita due testi italiani importanti nel 2014, un romanzo a più voci – un giallo che risponde alla funzione sociale tipica del poliziesco, l’indagine sul disagio –, con la partecipazione di grandi autori tra cui Vichi, De Pascalis, De Giovanni, Riccardi, e un romanzo ironico e profondo sullo stato della cultura italiana, di Luca Ragagnin. E’ inoltre appena uscito “Blumenberg” di Sibylle Lewitscharoff, che con straordinaria ironia, prendendo spunto dalla figura del grande filosofo, racconta la storia di quattro ragazzi e la loro tensione all’infinito, e riesce a coniugare sacro, vita, morte, amore e amicizia. In uscita ancora nel 2013 è “Exchange Place” di Ciaran Carson, uno dei più significativi intellettuali irlandesi ed eccelso poeta, che riesce a costruire un mistery con tratti fantastici intorno a questioni di fondamentale attualità. E ancora, uscirà a dicembre “Quasi mai” del grandissimo narratore messicano Daniel Sada. Un testo che risucchia il lettore, fin dalle prime pagine, nel gorgo delle contraddizioni della vita contemporanea. 
Per formebrevi sta uscendo in questi giorni una raccolta di brevissime narrazioni di Colette, finora inedita in Italia, in cui la scrittrice descrive i giorni della prima guerra mondiale, dal titolo “Le ore lunghe”. Ci è piaciuta moltissimo per la voglia di guardare alle cose felici anche e soprattutto quando sarebbe troppo difficile, e nello stesso tempo di non sminuire la gravità degli accadimenti. A inizio 2014 uscirà anche “Esilio” della scrittrice turca Ciler Ihan, una sorta di concept book che accosta racconti brevissimi e molto intensi sull’esperienza dell’esilio. 
Per la collana poesia è in uscita in questi giorni Morten Sondergaard, considerato il più importante poeta danese contemporaneo, con “A Vinci, dopo”, e a gennaio 2014 una splendida e completa antologia delle poesie di Hans Sahl, intellettuale di cultura ebraica tra i maggiori del Novecento. E continueremo a presentare ai lettori italiani l’opera di Hilde Domin, che profondamente e con coraggio attraversa il secondo Novecento i suoi dolori e le rinascite.
I vostri libri sono corredati, da giugno 2013, da due nuovi tipi di paratesto: le “scatole nere” dei traduttori e le “Istruzioni per l’uso”. Può spiegarci come questi arricchiscono e trasformano l’esperienza della lettura?
La prima è un testo fittizio che rende conto di reali difficoltà incontrate dal traduttore nel corso del lavoro di traduzione, registrandole come appunto accade con le “scatole nere” degli aerei. Lo scopo è evidenziare difficoltà, scelte e passaggi testuali di particolare importanza. Ci teniamo che i nostri traduttori non usino la cosiddetta “terza lingua”, una lingua che appiattisca il testo di partenza per confortare il lettore del testo d’arrivo, ma che compiano scelte personali, anche spiazzanti, sempre volte a innalzare il valore del testo. Credo che per il lettore di un libro tradotto la scatola nera cambi molto, perché inserisce esplicitamente un altro attore nella catena della lettura. In un’epoca in cui ancora e spesso anche nelle recensioni sui giornali si dimentica di citare il traduttore, ci sembra particolarmente importante riconoscere a questa figura la sua dignità, anche perché molto spesso, ora come un tempo, i traduttori sono fini intellettuali, e nella nostra società la figura dell’intellettuale è stata nel tempo svuotata di senso. 
Le “Istruzioni per l’uso” sono un testo di altra natura. Nella convinzione che scrivere e leggere letteratura di alto livello sia di per sé un atto eversivo, si gioca il più possibile sull’ampiezza di ricezione di un testo. Ogni volume è accompagnato da una brevissima descrizione del testo nel suo insieme, traslata in un altro contesto di esistenza. L’idea di fondo è di leggere il libro come se fosse utile ad altro scopo (medicinale, culinario, informatico) e quindi, per rovesciamento, di svincolare il giudizio di valore sul libro dalla sua “utilità”. 
In merito alla recente polemica sullo stato dell’editoria italiana sollevata da Gian Arturo Ferrari, lei ha commentato sul blog della casa editrice che proprio Ferrari e la Mondadori hanno lavorato a decostruire l’idea di cultura, a fare del libro un oggetto di mercato come gli altri. Ma visto che è proprio un certo tipo di best seller a portare le persone in libreria, non crede che di questi libri possa avvantaggiarsi l’intera catena editoriale? 
Mi pare una domanda impegnativa. Darò una risposta in certa misura istintiva. Io credo che si tratti di una questione etica innanzitutto. La sua domanda me ne fa venire in mente un’altra: come sono “costruiti” quei best seller? Secondo me, anziché costruire un libro attorno a un personaggio, si potrebbe o dovrebbe lavorare anche al contrario, ovvero far sì che la gente si interessi a un personaggio perché ha scritto un gran libro. 
Per estremizzare, se si può modificare il mercato in termini di semplificazione e banalizzazione, lo si può fare anche nella direzione inversa, seppur con maggior fatica, perché comporterebbe agire seriamente per riportare l’istruzione di base a livelli accettabili. Ma, come detto, si tratta di scelte prima di tutto etiche. 
Bisogna tenere presente che sul venir meno dell’attrattiva della lettura grava il fatto che essere intellettuale, in molti ambiti, non è più un valore, non significa più niente. Mi viene in mente “Star Trek”, e non è tanto una battuta. In una serie di alcuni anni fa, “Star Trek: Voyager”, la lettura e i libri venivano molto valorizzati in quanto veicoli di storia e civiltà. E, messaggio ancora più forte, il capitano della nave, Catherine Janeway, aveva scelto come consulente di fiducia una rappresentazione olografica di Leonardo Da Vinci. Ovviamente Leonardo non aveva le competenze tecniche e scientifiche per comprendere i problemi legati ad oggetti e strumenti futuristici, ma la sua fortissima presenza era uno stimolo al pensiero, garantiva una visione ironica, distaccata e insieme partecipe del problema, che poi il capitano applicava alle situazioni specifiche. Quindi ci si potrebbe chiedere: chi sono i Leonardo di oggi? O anche: dove li andiamo a cercare e perché?
2 novembre 2013
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