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Italo Cucci ”Se in Italia i libri non sono popolari come il calcio, è colpa della scuola”

DAL NOSTRO INVIATO ALLA MILANO BOOK FAIR - Rendere omaggio ai ''cattivi ragazzi'' del calcio italiano di ieri e di oggi, senza i quali questo sport non avrebbe lo stesso fascino. Nasce con questo scopo il libro ''Bad Boys'', scritto da una delle grandi voci del giornalismo sportivo italiano Italo Cucci e presentato nel corso della Milano Book Fair. Editorialista e opinionista su diversi giornali, tv e radio, Italo Cucci spiega anche perché, a suo parere, la lettura non è oggi per gli italiani un piacere di massa come lo è il calcio...

L’illustre giornalista sportivo ha presentato alla Milano Book Fair il libro “Bad Boys”, dedicato ai “cattivi ragazzi” del calcio italiano di ieri e di oggi

 

MILANO – Rendere omaggio ai “cattivi ragazzi” del calcio italiano di ieri e di oggi, senza i quali questo sport non avrebbe lo stesso fascino. Nasce con questo scopo il libro “Bad Boys”, scritto da una delle grandi voci del giornalismo sportivo italiano Italo Cucci e presentato nel corso della Milano Book Fair. Editorialista e opinionista su diversi giornali, tv e radio, Italo Cucci spiega anche perché, a suo parere, la lettura non è oggi per gli italiani un piacere di massa come lo è il calcio.

Da cosa nasce l’idea del suo libro?
Questo libro è una raccolta di articoli di una mia rubrica su Avvenire intitolata “La barba al palo”. Andando a rivederli, mi sono accorto che, nonostante abbracciassero un periodo che va dal Mondiale di calcio vinto dall’Italia nel 2006 alle attuali disgrazie, avevano tutti un’attualità straordinaria.

Chi sono i bad boys, ai quali fa riferimento all’interno del libro?
Mi sono ritrovato ad aver iniziato molto tempo fa, con Lippi prima del Mondiale di Calcio in Sudafrica, la campagna a favore dei cosiddetti “bad boys” Balotelli e Cassano. Già presenti in alcuni articoli, ho poi corredato il libro di un ricordo di molti dei bad boys che ho conosciuto nel corso della mia carriera giornalistica: da Omar Sivori a Benito Lorenzi detto “Veleno”, puntualizzando che il calcio senza di loro non avrebbe storia. E’ in corso un’ondata di moralismo che, come ho scritto giorni fa su Avvenire, dovrebbe indurre l’attuale commissario tecnico Prandelli ad escludere innanzi tutto tutti gli indagati del calcio scommesse, e magari poi considerare le birichinate di Cassano e Balotelli, non il contrario.

Oggi il calcio è molto diverso rispetto a quello del passato. Questo cambiamento è più il risultato della crisi economica attuale o di una più generale crisi di valori che caratterizza questo mondo?
E’ la crisi economica al contrario. Troppi soldi hanno disfatto completamente la macchina del sentimento. Non lo dico per fare il moralista. Il calcio, pur avendo compiuto 100 anni non da poco, è giovane e sempre nuovo. Se attraversa una crisi, essa non è dovuta ai suoi contenuti tecnico-sportivi, ma a questo concetto puramente commerciale che ha assunto, portato dalle tv a pagamento, dagli ingaggi altissimi e dagli acquisti incredibili. Forse è un privilegio di noi anziani, ma vorrei che qualcuno ricordasse che i 170 milioni che il Milan ha incamerato quest’estate, sono 340 miliardi di vecchie lire. Un discorso che fa più effetto se lo vedi in lire e non in euro. Follie assolute. Ho iniziato un pezzo su questo tema dicendo: una botta di miseria farà bene al calcio italiano. E infatti…

 

Gli italiani leggono poco, ma sono molto appassionati di calcio. Secondo lei, la lettura può diventare una passione e un’abitudine popolare come “il pallone”?
Il libro è una gran bella cosa, anche per chi lo fa. La prima tristezza avviene dall’autore, il quale si rende conto che il libro rimane una cosa per pochi intimi. Tutto questo mette all’indice il lettore italiano, ma soprattutto la scuola italiana. Grazie a Dio, ho avuto un buon maestro che mi ha fatto leggere libri come I ragazzi della via pal, Gianburrasca, La storia di Pipino nato vecchio e morto bambino. Ciò mi ha avviato a leggere nel corso degli studi superiori tutto Sartre, i grandi scrittori americani… Poi, quando ho visto i miei figli andare a scuola, ho tentato in tutti i modi di mettergli in mano dei libri, avendo però delle risposte saltuarie. Sembra che nella cultura dell’italiano medio, il libro non esista. E dire che il numero di libri stampati sono aumentati notevolmente rispetto al passato, ma molti sono purtroppo destinati al macero. Ecco dove va a finire la cultura… Per incompletezza e superficialità, il sistema scolastico italiano è uno dei grandi problemi del nostro Paese.

27 ottobre 2012

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