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Gianni Riotta, ”Con il web si sta lavorando molto sugli strumenti, ma poco sui contenuti da usare con questi mezzi”

Il giornalista e scrittore Gianni Riotta, barba folta e piglio da vero show man, si presenta al pubblico di Collisioni 2014 riprendendo il discorso lanciato nel suo ultimo libro “Il web ci rende liberi?”...

BAROLO – Il giornalista e scrittore Gianni Riotta, barba folta e piglio da vero show man, si presenta al pubblico di Collisioni 2014 riprendendo il discorso lanciato nel suo ultimo libro “Il web ci rende liberi?” edito nel 2013 da Einaudi. La libertà di cui si parla è ristretta al campo dell’accesso alle informazioni e alla conseguente possibilità di elaborazione delle stesse; sin dalle prime parola però, è subito chiaro che non è tutto oro quello che luccica.

LE VERITA’ DEL WEB – In un mondo in cui la maggior parte delle informazioni passano principalmente via web e in cui molti di noi passano parecchio tempo in compagnia dei social network, credere che tutto ciò che internet ci propone sia “la verità” è un errore. Riotta, incalzato dai futuri giornalisti della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi di Milano (partecipanti al Progetto Giovani del Collisioni Festival di Barolo), inizia il suo intervento invitando il pubblico a rispondere ad una semplice serie di domande: “Chi va almeno una volta alla settimana su Google? Chi è su Facebook? Chi usa Twitter? Chi su Pinterest?” (Il pubblico alza di volta in volta le mani dando prova di grande partecipazione digitale) “Ecco – continua il giornalista – se avessi fatto questa domanda due anni fa, nessuno avrebbe mai risposto in questo modo per un prodotto come Pinterest. Ci sono strumenti di comunicazione digitale che sono molto diffusi e altri meno, se facessimo la stessa domanda il prossimo anno il numero di gente che li usa aumenterebbe ulteriormente”.

RIVOLUZIONE CULTURALE – Secondo Riotta, il problema delle nuove realtà digitali non è lo strumento in sé, poiché storicamente noi siamo sempre stati affascinati dalla tecnologia: per esempio gli  strumenti di comunicazione che non esistevano generazioni fa, o anche solo un anno fa si vanno imponendo attirando la nostra ammirazione. Quello che sbagliamo nell’approccio ai nuovi mezzi comunicativi a nostra disposizione è la non consapevolezza della vera natura di questa rivoluzione: non tecnologica, bensì culturale. Su questo punto il protagonista dell’incontro aggiunge: “La vera straordinaria trasformazione che sta ribaltando il nostro mondo è l’impatto culturale della trasformazione. Questa non è la prima trasformazione che l’umanità ha vissuto, per esempio la scrittura. Prima la cultura si tramandava oralmente, poi improvvisamente si scrive, pensate che Socrate era contro la scrittura perché lui amava l’oralità”.

La rivoluzione della stampa non è solamente tecnologica ma culturale e di contenuti; l’autore di “Il web ci rende liberi?” sostiene che i nostri pronipoti rideranno di noi per come stiamo usando questi mezzi digitali, perché stiamo lavorando molto più sugli strumenti, ma davvero poco sui contenuti da usare con questi mezzi. Ci stiamo limitando a traslare in forma digitale i contenuti che c’erano già, non è ancora cominciato un lavoro di creazione di contenuti.

BUON GIORNALISMO E IL FUTURO DIGITALE – Stando alle parole di Gianni Riotta, il business model dei giornali digitali e cartacei non funziona più, si vendono sempre meno copie, gli inserzionisti non pagano più e i siti internet perdono pubblicità digitale; il problema è che la l’informazione di qualità costa. La speranza è che prima o poi la gente si decida di voler pagare i buoni contenuti anche sul web.

Il giornalismo è un mestiere diverso dagli altri, si produce informazione e l’informazione è alla base di una cultura democratica. Il web ha distrutto la sfera pubblica come noi la conosciamo: “Sul web l’esperto e il novizio di qualsiasi cosa hanno lo stesso peso, lo stesso vale per qualunque tema – aggiunge – Se noi facessimo la stessa ricerca su Google avremmo risultati diversi perché Google indirizza le ricerche in base alle ricerche precedenti. Se è vero che il web ha messo radici al dibattito nelle case di tutti noi, allo stesso tempo però è vero che si rischia di dire di tutto senza salvare l’informazione equilibrata. Il sale del dibattito democratico è che nessuno abbia il monopolio della verità o della realtà, ma che queste cose nascano dal confronto”.

LA NUOVA FRONTIERA DEL DATA-DRIVEN JOURNALISM – Nel corso dell’incontro piccoli suggerimenti per i futuri giornalisti presenti tra il pubblico: la parola d’ordine è sperimentare. Il nuovo giornalismo di qualità ha un nome e questo è “Data-Driven Journalism”, definibile come un processo giornalistico basato su analisi e filtraggio di grandi insiemi di dati con lo scopo di creare una notizia; tutto quello che facciamo durante il giorno genera dati utili da poter utilizzare. Questi dati generano quantità di  informazioni inimmaginabili e potenzialmente senza fine, bisogna creare algoritmi capaci di selezionarli a proprio piacimento. Nel giornalismo bisogna essere capaci di reinventarsi e fare esperimenti.

CLICK A TUTTI I COSTI, LA FINE DI UN BRAND E LA VIA DI USCITA – La ricerca del cosiddetto “click a tutti i costi” proposto da alcune testate online, se da una parte risponde al bisogno di raccolta di fondi (e quindi il salvataggio “economico” dei posti di lavoro), rischia di svilire il lavoro del giornalista, macchiando il “brand” del giornale con la conseguente perdita di credibilità da parte del pubblico: “Bisogna rispettare la molla che spinge verso questa scelta, dopo che l’abbiamo rispettata però…io non sono d’accordo. Le testate sono “valore”, ma se si esagera ad aggiungere “gas” nelle testate tradizionali, alla fine la gente “rutta” e non le compra. In cambio dei click c’è un pericoloso fenomeno di distruzione del brand; e questo, nel tentativo di difendere i posti di lavoro (nelle redazioni), ve lo leva”.

Non si può prevedere, sempre secondo Riotta, quale sarà il destino del giornalismo  cartaceo tradizionale. Sicuramente la via d’uscita da certi fenomeni è internet, ma la carta va difesa. “La carta è un ponte verso il futuro, ma come tutti i ponti non sono fatti per viverci, ma per essere percorsi”.

 

Nicola Di Gregorio

23 luglio 2014

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