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Edoardo Nesi. Da imprenditore a scrittore per spiegare la crisi

Libreriamo ha intervistato Edoardo Nesi che ha presentato in questi giorni a Milano il suo ultimo successo letterario. โ€œLe nostre vite senza ieriโ€ chiude il capitolo iniziato con โ€œStoria della mia genteโ€ e cerca di dare una risposta su come uscire dalla crisi economica puntando sui giovani e sulle loro ideeโ€ฆ

Puntare sui giovani per uscire dalla crisi. Edoardo Nesi spiega come in Italia sia sempre più indispensabile investire sulle nuove generazioni

MILANO – Se il precedente successo editoriale di Edoardo Nesi, “Storia della mia gente”, analizzava quelli che erano i tratti salienti della crisi economica in corso nel nostro Paese dando voce a ciò che sta succedendo nel settore del tessile a Prato, con “Le nostre vite senza ieri” lo scrittore cerca di capire come superare questo momento storico. La risposta si può forse trovare nelle nuove generazioni ed è proprio su di loro che Nesi suggerisce di investire perché saranno la chiave della ripresa del domani. Libreriamo lo ha intervistato in esclusiva cercando di capire assieme a lui le dinamiche di un sistema Paese che ha bisogno di rinnovarsi.

Come si passa da imprenditore a scrittore? Si passa faticando, scrivendo di notte, nel fine settimana coltivando una passione che non ha niente a che vedere col lavoro che fai. Ti richiede tempo e tanta tanta dedizione.

Lei ha potuto vivere in prima persona lo sviluppo e il declino del settore tessile in una realtà come Prato. Cosa può dirci a riguardo? A volte mi sembra di essere un alieno. L’esperienza di lavoro che ho vissuto, in una piccola azienda fatta di persone in una città che si fonda quasi del tutto sull’industria manifatturiera del tessile, mi ha dato una visione del rapporto tra titolare e dipendente che spesso faceva a pugni con ciò che la letteratura o il grande cinema italiano aveva raccontato negli anni. Io avevo per dipendenti delle persone estremamente capaci, persone che erano in grado di dare un valore a quello che facevano. Nel tessile il lavoro degli operai spesso diventa creativo, sono spesso stati gli operai ad aver creato tessuti particolari grazie alle loro intuizioni e sperimentazioni. Ho visto tante piccole aziende crescere dal nulla, ho visto tante persone che venivano dal sud a Prato e in un paio d’anni si integravano. Ho visto un mondo in cui per diventare imprenditori bastava poco. E’ per questo che quando parlo di questo tipo di realtà  nei miei libri tanti si stupiscono perché non hanno un’idea dell’Italia in cui si realizzava un capitalismo “morale”.

Prima di diventare scrittore è stato imprenditore. Come ha vissuto la crisi nella quale ci troviamo? Quando Adam Smith ci racconta che il capitalismo è ciò che è capace di sviluppare le energie delle persone posso dire che a Prato, ma anche in altre città, l’ho visto realizzarsi.  È qui che il lavoro diventa un’esperienza totalizzante nella vita di una persona. Ecco perché oggi sempre più spesso si legge di imprenditori che si tolgono la vita, perché l’azienda è la loro vita. Quando l’azienda va male l’imprenditore non riesce a dare la colpa agli altri anche quando la colpa è degli altri. Per questo in Italia, soprattutto adesso, il lavoro dovrebbe diventare una sorta di grande alleanza tra economia e politica. I miei libri cercano di raccontare la storia di chi ha provato a stare a galla in un settore come quello del tessile e che si è trovata a dover subire la concorrenza globale confrontandosi con una tipologia di lavoro e di condizioni lavorative che non erano le nostre. Ho provato a raccontare una storia che conoscevo, la storia appunto della mia gente pensando che se non l’avessi raccontata io non l’avrebbe raccontata nessuno. Ho avuto la possibilità di parlarne da un punto di vista privilegiato e mi sono accorto che quella storia era comune a tanti. Questi libri non sono serviti soltanto a me per parlare della mia storia ma hanno messo nero su bianco la storia di tanti.

 
Cosa l’ha spinta a scrivere libri come “Storia della mia gente” e “Le nostre vite senza ieri”? Qualche tempo fa ero in compagnia di Richard Ford, un grande scrittore americano a cui chiesi come vedeva la grande storia di un sistema industriale come quello di Prato che pian piano si è spento. E lui mi ha risposto “Non so come finirà però sicuramente l’economia soccomberà a un atto dell’immaginazione”. Quando ho cercato di capire cosa intendesse, ho pensato che l’atto dell’immaginazione deve per forza avere un contraltare nella nostra cultura. Io questo libro l’ho scritto perché una sera i miei figli sono venuti da me e mi hanno chiesto se davvero l’Italia sarebbe fallita. Ho sentito quindi il bisogno di dare una risposta a questa domanda alla quale credo tanti padri si siano trovati a dover rispondere in quest’ultimo periodo. Ci troviamo in mezzo a una crisi che ha caratteristiche completamente nuove e gigantesche. Nessuno sa cosa succederà, alle grandi domande nessuno sa rispondere: che succede se falliamo, cosa vuol dire ristrutturare il debito, cosa succede se torniamo alla lira, come si torna alla lira? Parlare di questo però avrebbe voluto dire scrivere un libro pessimista e non è quello che io ho cercato di fare.

 

Come si esce dalla crisi? Io ho visto il lavoro nascere, oggi non nasce più. Gli imprenditori che sono ancora al comando delle proprie aziende si sono formati in un periodo diverso, in cui ancora il lavoro nasceva e oggi queste persone sono le più sperdute. Ci vorrebbe un ricambio di risorse ed energie anche e soprattutto nel settore delle imprese. Il carattere della crisi è tutto nel fatto che probabilmente i nuovi prodotti che daranno successo alle nuove aziende sono prodotti che già io e quelli della mia generazione non abbiamo gli strumenti per capire come gestire. È evidente che le nuove imprese debbano esser fatte da chi oggi ha 20 anni, forse 30. Vorrei vedere tante piccole aziende nuove che nascono dall’entusiasmo dei giovani. Vorrei vedere se si riesce a dare una possibilità a questi giovani, c’è bisogno di parlare con i nostri ragazzi invece di lasciarli a fare lavori che cambiano sempre, lavori da cui non imparano nulla e che cambiano ogni sei mesi e che non servono né a loro né alle aziende.  

Che idea si è fatto degli italiani come popolo di lettori? Quanto leggono effettivamente?C Quelli che ho avuto modo di incontrare durante le presentazioni dei miei libri sono lettori abbastanza straordinari, nel senso che sono informati, leggono. C’è una folta comunità di lettori che però vanno rispettati sia per quanto riguarda i prodotti che offriamo che per quanto riguarda i costi stessi di questi prodotti. La possibilità di leggere deve essere accessibile a tutti.

Edoardo Nesi è nato a Prato il 9 novembre 1964. Diplomato al liceo scientifico Cicognini ha condotto l’azienda tessile di famiglia per 15 anni. Nel frattempo ha iniziato a scrivere pubblicando i romanzi Fughe da fermo, Ride con gli angeli, Rebecca, L’età dell’Oro (finalista premio Strega), Figli delle stelle e Per sempre. Ha scritto e diretto il film Fughe da fermo e ha tradotto le 1433 pagine di Infinite Jest di David F. Wallace. Ha vinto il Premio Strega 2011 con il romanzo Storia della mia gente. Ha da poco pubblicato con Bompiani il suo ultimo libro, Le nostre vite senza ieri.

27 aprile 2012

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