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Manuela De Leonardis, ”La fotografia permette di parlare dei grandi temi che riguardano l’umanità”

Ogni incontro – con artisti, fotografi, curatori di mostre, direttori di musei e galleristi – è una storia a sé, la scoperta di un mondo. È quanto emerge dalle parole di Manuela De Leonardis, dal 2004 autrice di interviste ai protagonisti del mondo della fotografia e dell'arte per conto di varie testate. Sono questi colloqui raccolti nei volumi ''A tu per tu con i grandi fotografi'', del 2011, e ''A tu per tu con i grandi fotografi e videoartisti'', uscito quest'anno...

L’autrice delle interviste ai grandi maestri della fotografia raccolte nei volumi “A tu per tu con i grandi fotografi” e “A tu per tu con i grandi fotografi e videoartisti” parla della sua passione per la fotografia e presenta il suo lavoro

 

MILANO – Ogni incontro – con artisti, fotografi, curatori di mostre, direttori di musei e galleristi – è una storia a sé, la scoperta di un mondo. È quanto emerge dalle parole di Manuela De Leonardis, dal 2004 autrice di interviste ai protagonisti del mondo della fotografia e dell’arte per conto di varie testate. Sono questi colloqui raccolti nei volumi “A tu per tu con i grandi fotografi”, del 2011, e “A tu per tu con i grandi fotografi e videoartisti”, uscito quest’anno, editi da Postcart.

 

Com’è nata la sua passione per la fotografia e come ha iniziato a occuparsi di fotografia nel suo percorso professionale?

La mia passione per la fotografia è strettamente correlata con quella per il viaggio, che ho da quando ero bambina. La macchina fotografica da una parte e il quaderno di viaggio dall’altra mi hanno accompagnato dai sedici anni in poi. Quanto alla mia formazione, durante l’ultimo anno dell’università (sono laureata in Storia dell’Arte Moderna), nel 1990/91, ho frequentato un corso per “Archivisti e documentaristi di Immagini fisse e in movimento” organizzato dalla Regione Lazio. Per parecchi anni, dopo la laurea, ho collaborato con la Fototeca Nazionale/ICCD occupandomi della schedatura e delle ricerche storico-bibliografiche di fondi storici. Il primo approccio con la fotografia, quindi, è stato attraverso le foto d’epoca.

 

Dopo “A tu per tu con i grandi fotografi”, uscito l’anno scorso, ha pubblicato quest’anno “A tu per tu con i grandi fotografi e videoartisti”: da dove nasce l’idea di queste pubblicazioni che raccolgono le interviste ai protagonisti di questi mondi? Qual è il lavoro che sta dietro a questi libri?

La molla fondamentale è la curiosità. Mi piace incontrare dal vivo i miei interlocutori, che siano artisti, fotografi, curatori, direttori di musei, galleristi… E’ una modalità che cerco di applicare anche quando recensisco una mostra. Trovo che sia anche un momento di crescita personale il potermi confrontare direttamente con la fonte. Mi piace, quando è possibile, non dover guardare l’orologio, incontrare il “mio” personaggio nel suo studio o nell’abitazione, luoghi che raccontano molto dell’identità di chi li abita, o comunque davanti alle opere. In maniera sistematica sono autrice di interviste dal 2004, anno in cui ho iniziato a collaborare con il manifesto e varie riviste di cultura tra cui Exibart, su cui scrivo tuttora; dal 2009 sono redattrice di art a part of cult(ure). Per motivi di spazio le interviste pubblicate sono quasi sempre ridotte rispetto alle versioni originali: anche questo è stato un motivo che mi ha spinto ad elaborare l’idea di riunirle nella versione integrale e farne un libro in cui sono pubblicati anche i miei ritratti fotografici dei personaggi intervistati.

 

Quale delle testimonianze raccolte in questi due volumi l’ha colpita di più e perché?

Ogni incontro è una storia a sé che va ad inserirsi nel mio vissuto personale. A Bamako, in Mali, dove ero andata nel 2005 per i “Rencontres Africaines de la Photographie”, mi aveva incuriosito Hamidou Maïga un fotografo della stessa generazione del celeberrimo Malick Sidibé, di cui avevo visto il lavoro alla Galleria Chab. Lo studio di Maïga – uno di quei tipici laboratori fotografici che con l’avvento del digitale stanno scomparendo – era nel quartiere di Sogoniko, lui mi attendeva con il suo elegantissimo “boubou” viola, circondato dalla macchina fotografica sul treppiedi, con i vari fondali dipinti a mano con paesaggi verdissimi e rigogliosi e con la chitarra in mano. Ai tempi in cui viveva a Timbouctou componeva canzoni che c’è ancora qualcuno che canticchia per i vicoli della città. “Vuoi che ti suono qualcosa?”, mi disse dopo aver parlato di fotografia.

 

Quali sono le peculiari potenzialità espressive della fotografia come forma d’arte che emergono dalle parole degli intervistati?

Gli aspetti sono molteplici: dalla tecnica al messaggio metaforico. Penso che esca fuori proprio la complessità di questo linguaggio, la sua evoluzione in uno scenario che non è necessariamente solo quello artistico. E anche la sua libertà espressiva. Ma, forse, l’aspetto più interessante è che partendo dalla fotografia si arrivano a toccare altri temi che appartengono all’umanità: paure, passioni, interessi… C’è una profonda connessione tra la fotografia e le altre arti soprattutto il cinema, la pittura e la letteratura e – perché no – anche la gastronomia.

 

Perché la scelta di includere in questo secondo volume anche il mondo della videoarte?

Nell’arte contemporanea si è superato da tempo il confine tra le varie discipline. Perciò trovo che sia anacronistico, al giorno d’oggi, delimitare la fotografia tradizionale in un contesto specifico separandola da un orizzonte più ampio. A sottolineare questo orientamento è, del resto, un prestigioso riconoscimento internazionale come il Premio Hasselblad che negli ultimi anni è stato assegnato ad artisti concettuali come Sophie Calle o Walid Raad.

 

Altri volumi seguiranno a questi due? Quali nuove frontiere verranno esplorate?

Il prossimo volume, in uscita nella primavera 2013, sarà “A tu per tu con gli artisti che utilizzano il linguaggio fotografico”. La fotografia come medium, quindi, all’interno di poetiche molto complesse che contemplano l’utilizzo di varie tecniche artistiche. Tra le trenta interviste ci sono artisti internazionali di diverse generazioni da Fabio Mauri a Giosetta Fioroni, Mona Hatoum, Luigi Ontani, Regina José GalindoYinka ShonibareParastou ForouharLuca Maria PatellaJack SalSilvia LevensonVirginia Ryan ma anche le più giovani Luana Perilli, Sissi, Loredana Longo e Maya Zack che con il loro lavoro offrono ulteriori spunti di riflessione sulla relazione tra l’uomo e la società contemporanea. Non è casuale che abbia scelto artiste particolarmente “strong” che, con la giusta dose d’ironia, si fanno portavoce di tutta una gamma di questioni vissute spesso in prima persona. Il loro impegno sociale e politico è un messaggio potente: l’arte può cambiare il mondo.

 

24 dicembre 2012

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