In questi versi tratti dalla poesia Pantomima terrestre, Vittorio Sereni ci offre un frammento che è al tempo stesso visivo, uditivo e profondamente esistenziale. In poche righe, il poeta riesce a fondere lo stupore per la vita con un’immagine semplice e quotidiana, trasfigurata però dalla sensibilità poetica in qualcosa di più vasto, di più vero. L’interlocuzione diretta, quel “Ma senti – dice –”, introduce una voce esterna, forse quella di un compagno di cammino, forse un alter ego, che richiama l’attenzione su un dettaglio del mondo naturale: il “cip sulle piante”, ossia il cinguettio degli uccelli.
“Ma senti – dice – che meraviglia quel cip sulle piante
di ramo in ramo come se il poker continuasse all’aperto:
dimmi se non è stupenda la vita.”
Vittorio Sereni e un “cip”
Il verbo senti apre la poesia al registro dell’udito, e con esso alla possibilità dell’ascolto del mondo. La poesia, in fondo, è anche una forma di ascolto, una disposizione a lasciarsi attraversare da ciò che accade intorno. Qui Vittorio Sereni mette in scena un momento di sospensione, un invito a fermarsi, a cogliere la meraviglia nel piccolo: quel cip, un suono quasi onomatopeico, diventa la chiave per accedere a una visione più ampia, più coinvolgente della realtà. È un frammento di bellezza che si annida nel quotidiano e che, se accolto, può cambiare il nostro sguardo.
L’immagine successiva, “di ramo in ramo come se il poker continuasse all’aperto”, è sorprendente per la sua originalità e per la sua potenza evocativa. Il paragone tra il movimento degli uccelli e una partita di poker ha qualcosa di improvviso, quasi straniante. Ma è proprio in questa apparente incongruità che risiede la forza del verso.
Il poker è un gioco di strategia, di attesa e di colpi improvvisi: immaginare che continui all’aperto, tra i rami degli alberi, conferisce alla scena naturale un tono vivace, animato, quasi teatrale. La “pantomima terrestre” del titolo trova qui una delle sue manifestazioni: gli uccelli, nel loro spostarsi tra i rami, mettono in scena una recita del mondo, un gioco continuo e imprevedibile che richiama le dinamiche umane, ma le libera da ogni pesantezza.
Il gioco del poker porta con sé anche l’idea del rischio, della casualità, del bluff e della sorpresa. Visto in quest’ottica, il paragone con gli uccelli suggerisce che anche la natura partecipa a questo gioco dell’imprevedibile, che anche il mondo naturale ha una sua logica misteriosa e affascinante, un suo modo di svelarsi e nascondersi. Ecco allora che la poesia si fa anche riflessione filosofica: la vita, nel suo scorrere, è un gioco a carte coperte, ma proprio per questo vale la pena di essere vissuta con stupore.
L’ultimo verso, “dimmi se non è stupenda la vita”, è una dichiarazione che è anche una domanda. Non è un’affermazione assoluta, ma una richiesta di conferma, un invito a condividere uno sguardo. C’è in questa frase una tenerezza disarmante, una fiducia nella bellezza della vita che nasce dall’osservazione attenta e amorevole del mondo. Non c’è retorica, non c’è enfasi, solo la verità di un momento colto nella sua essenza più pura. Sereni, con grande delicatezza, riesce a farci sentire il peso leggero della meraviglia, il miracolo della presenza nel mondo.
Sereni e l’insensatezza della vita
In tutta la poesia di Sereni – e Pantomima terrestre ne è un esempio lampante – il rapporto tra l’io e il mondo circostante è centrale. Non si tratta mai di un io autoreferenziale, chiuso in sé, ma di una coscienza che si apre all’altro, che dialoga, che osserva e ascolta. La realtà, anche nei suoi aspetti più umili, è sempre portatrice di senso. Non è un caso che in molte sue poesie ci siano presenze naturali che assumono significato simbolico: gli uccelli, il cielo, gli alberi. Ma ciò che conta davvero non è il simbolo in sé, bensì il gesto poetico che lo rende visibile.
In questo senso, Pantomima terrestre si può leggere anche come una dichiarazione di poetica: la poesia, per Sereni, non è fuga dalla realtà, ma immersione totale in essa, attenzione minuta ai dettagli che illuminano il senso delle cose. È, in definitiva, un’arte dello sguardo e dell’ascolto, una pratica quotidiana del meravigliarsi.
Nel contesto della poesia italiana del Novecento, Vittorio Sereni occupa un posto particolare. La sua voce è insieme sobria e intensa, meditativa e vibrante. Non cede mai alla tentazione della retorica o della dichiarazione solenne, ma riesce comunque a toccare le corde più profonde dell’animo. I versi qui analizzati ne sono un esempio perfetto: attraverso un piccolo episodio – il cinguettio degli uccelli – il poeta ci parla del senso della vita, del miracolo dell’esistere, e ci invita, con voce pacata ma penetrante, a fermarci, ad ascoltare, a dire sì alla bellezza che ci circonda.