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Chi è Vilhelm Hammershøi, l’artista tra i più richiesti al mondo

In occasione della mostra “Hammershøi e i pittori del silenzio tra il Nord Europa e l’Italia”, conosciamo meglio l’artista danese Vilhelm Hammershøi, le cui opere si stanno contendendo i musei di tutto il mondo per organizzare retrospettive

Un’ esperienza inedita quella che il Museo Roverella a Rovigo offre ai visitatori attraverso la mostra “Hammershøi e i pittori del silenzio tra il Nord Europa e l’Italia”, aperta fino al 29 giugno 2025. Non solo è la prima rassegna dedicata all’artista danese Vilhelm Hammershøi, ma è l’unica a livello internazionale che racconta un personaggio quasi dimenticato.

Da pochi anni è in atto la sua riscoperta, e da personaggio quasi sconosciuto Vilhelm Hammershøi è diventato uno dei più richiesti al mondo: nel mercato le quotazioni hanno raggiunto livelli incredibili, con aumenti esponenziali osservabili addirittura di mese in mese; e i musei di tutto il mondo si stanno contendendo le sue opere per organizzare retrospettive. Più di 100 opere accompagnano il visitatore alla scoperta di una pittura raramente indagata, misteriosa ed affascinante.

Chi è Vilhelm Hammershøi

Erede di Vermeer, precursore di Hopper. Così è stato definito Vilhelm Hammershøi (Copenaghen, 1864-1916) che è stato in grado di riunire in sé , figure così distanti, in quanto “pittore del silenzio”. Erede di Vermeer lo è senz’altro tanto che uno dei suoi primi viaggi nel 1887 fu proprio in Olanda e in Belgio per studiare dal vivo le opere dei maestri del Seicento.

In quanto ad Hopper, il pittore danese con lui condivide la predilezione per gli spazi intimi e domestici, per gli interni austeri ed e geometrici. Apprezzato e conosciuto sulle scene di tutta Europa quando era in vita, l’artista è stato riscoperto a livello internazionale nel 1997 grazie a una memorabile esposizione al Musée d’Orsay, per poi girare tra i principali musei del mondo da Londra a Tokyo.

La mostra di Palazzo Roverella, tuttavia, non si propone semplicemente di offrire al pubblico “un’occasione per conoscere da vicino le opere di un pittore straordinario – spiega il curatore Paolo Bolpagni – ma è anche l’opportunità di scandagliare filoni di ricerca rimasti finora pressoché inesplorati: da una parte il rapporto tra Hammershøi e l’Italia, dall’altra il confronto con artisti europei soprattutto coevi che, con sfumature diverse, praticarono una poetica basata sui temi del silenzio, della solitudine, delle ‘città morte’, dei ‘paesaggi dell’anima”.

A più riprese Hammershøi viaggiò nella penisola. Visitò Roma e partecipò alla Quadriennale del 1911, collezionò cartoline con vedute di città, rifletté sull’arte del passato, studiando le opere della classicità ma anche Giotto, Beato Angelico, Masolino, Masaccio, Luca Signorelli, Desiderio da Settignano.

Gli ambienti artistici italiani, a loro volta, si interessarono alle ricerche del danese: “Non pochi pittori italiani di differenti provenienze geografiche – racconta Bolpagni – furono suggestionati dalla visione o della conoscenza di opere di Hammershøi, sia a lui contemporanei, sia della generazione successiva. Inoltre alcuni critici, nella Penisola, si interessarono piuttosto precocemente al suo lavoro: Vittorio Pica, Ugo Ojetti, Emilio Cecchi, e riviste importanti come «Il Marzocco» ed «Emporium» gli dedicarono articoli”.

Perché visitare la mostra: la suggestione del Nord

Il tema è quello del silenzio e dell’introspezione, raccontati in primo luogo attraverso gli ambienti domestici o attraverso vedute cittadine inconsuete. Più che intorno alla sua stanza, quello del pittore danese è un viaggio introno al suo appartamento, ubicato in un edificio secentesco nel quartiere di Christianshawn a Copenaghen, dove visse assieme alla moglie Ida undici anni, durante i quali le parete spoglie dell’austera abitazione diventeranno le protagoniste della maggior parte delle sue scene d’interno, oltre che il luogo in cui giungerà a maturazione la sua poetica della luce e del vuoto.

Ma in Hammershøi c’è qualcosa di più: le uniche presenze sono quelle femminili, ritratte quasi sempre di spalle. Questo significa anzitutto non vedere il volto, non poterlo osservare nelle sue espressioni e nei moti dell’animo che in esso si rivelano. Lasciare intatto il segreto dell’interiorità, da parte dell’artista, può voler esprimere la sofferenza di un varco inaccessibile, di una chiusura che nessuna porta aperta può schiudere, ma può anche voler indicare il fascino di un mistero che rimane integro e che attrae.

Gli interni sono spogli e disadorni, rappresentati con precisione con colori tutti giocati su sfumature di marrone, di grigio, di bianco, che fanno apparire gli ambienti ovattati, in grado di comunicare sentimenti di solitudine e angoscia, smarrimento e vuoto, malinconia e inquietudine, ma anche stati d’animo di segno opposto: raccoglimento, intimità, riservatezza, scavo interiore. Tutte quelle caratteristiche che associamo al Nord.

Poi ci sono grandi porte, spesso aperte, che segnano forse un confine tra conscio e inconscio, tra conoscibile e inconoscibile. Questa poetica del silenzio non è soltanto una cifra stilistica, ma riflette anche la complessa personalità di Hammershøi, uomo schivo e solitario, legato in modo quasi simbiotico alla madre e segnato da un matrimonio travagliato. L’inquietudine sottile che attraversa i suoi dipinti ha ispirato persino il cinema di Carl Theodor Dreyer, regista capace di tradurre in immagini la stessa tensione latente che permea le opere dell’artista danese.

Uno degli elementi distintivi della mostra di Rovigo è anche il dialogo tra Hammershøi e altri artisti a lui contemporanei, provenienti da Francia, Belgio, Olanda e Scandinavia. Questo confronto permette di cogliere appunto la singolarità del suo linguaggio pittorico: sebbene molti artisti del tempo abbiano esplorato la solitudine e il mistero, nessuno come Hammershøi ha saputo rendere la quiete così densa di tensione. Le sue stanze domestiche, apparentemente serene, rivelano un sottotesto inquietante, quasi come se custodissero segreti inespressi o drammi sommersi.

Foto copertina: Vilhelm Hammershøi, Riposo, 1905, Parigi, Musée d’Orsay © RMN-Grand Palais / Martine Beck-Coppola/ Dist. Foto Scala, Firenze.

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